La vulvodinia e la neuropatia del pudendo sono malattie molto dolorose, croniche e invalidanti, che colpiscono tra il 10 e il 16% delle donne in età fertile eppure ad oggi non sono riconosciute dal Servizio Sanitario Nazionale. Una mancanza che si riflette anche sulla formazione dei ginecologi, tanto che chi ne soffre impiega in media 5 anni ad ottenere la giusta diagnosi ed essendo costretta a rivolgersi al privato spende 400 euro al mese per curarsi.
Per promuovere la conoscenza di queste patologie e offrire un servizio di cura adeguato la Regione Toscana sta lavorando insieme al Comitato vulvodinia e neuropatia del pudendo: il primo passo di questo percorso è stato il convegno che si è tenuto oggi a Firenze nella sede del Consiglio regionale della Toscana.
“È una giornata molto importante di sensibilizzazione – sottolinea Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale, che ha aperto il convegno di questa mattina – c’è la necessità di investire sempre di più in formazione, in modo che i ginecologi e le ginecologhe sappiano riconoscere questa malattia, e costruire tutto quello che può servire per trovare attraverso la ricerca nuovi farmaci. Questa è una sfida di civiltà e noi faremo la nostra parte.”
Una malattia ancora troppo “invisibile”
Tra i relatori anche Giorgia Soleri, modella, influencer e attivista del Comitato vulvodinia e neuropatia del pudendo che raccontando la sua esperienza con la malattia si è fatta testimone di una campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla vulvodinia. Soleri soffre di questa patologia quando aveva 16 anni e ne ha impiegati 11 a ricevere la giusta diagnosi, un ritardo che secondo lei è il principale problema.
“Così la patologia si cronicizza ed è più difficile poi arrivare a una terapia che porti a una totale remissione dei sintomi – racconta Soleri – convivere per anni con un dolore che il personale medico e sanitario e il contorno sociale continua a invalidare è molto doloroso, soprattutto psicologicamente ed emotivamente.Ora sono in terapia da due anni e riesco a fare una vita più o meno normale perché ho il grande privilegio di potermi curare a livello economico, perché oggi nel servizio pubblico non c’è modo di essere seguite. Questo è il motivo per cui chiediamo alle istituzioni di prendere una posizione netta.”
Un centro clinico in Toscana per la vulvodinia e la neuropatia del pudendo
Un appello a cui la Toscana risponde con decisione. La Regione infatti promuoverà un percorso di cura specifico, con l’obiettivo di arrivare ad almeno un centro regionale in grado di farsi carico a 360 gradi di chi soffre di queste patologie, mettende insieme le diverse professionalità della sanità toscana che già si occupano di vulvodinia.
Un impegno che è partito con il convegno di oggi, che era rivolto alle dirigenze delle strutture ospedaliere e dei reparti di ginecologia, urologia e neurologia, alle dirigenze AUSL, alla rete dei consultori pubblici, al coordinamento dei medici di base, agli ordini professionali, ai presidenti delle facoltà di Medicina e Chirurgia e delle Scuole di specializzazione.
“Ovviamente servirebbe un riconoscimento nazionale, purtroppo la proposta di legge non ha avuto esito positivo, ma noi non ci limitermo ad attendere il Parlamento o il Governo – spiega l’assessore alla salute della Toscana, Simone Bezzini – stiamo già lavorando a costruire percorsi di cura e di presa in carico delle donne che incrociano queste patologie, con l’obiettivo di costruire un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale di livello regionale, lo definiremo nei prossimi mesi per arrivare a strutturare una rete e con uno o più centri clinici di riferimento per avere una presa in carico adeguata di queste patologie.”