“Sangiovese” e “Visparola” sono i capostipiti della famiglia dei vitigni italiani. Lo rivela uno studio genetico del germoplasma viticolo svolto da otto istituzioni scientifiche e pubblicato sulla rivista internazionale “Frontiers in Plant Science”, cui ha partecipato anche Claudio D’Onofrio, professore al dipartimento di scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell’Università di Pisa, primo autore dell’articolo. Indagando i profili genetici di centinaia di varietà conservate nelle collezioni italiane e internazionali, lo studio ha permesso di delineare un atlante delle parentele dei vitigni italiani.
Le “parentele”
Lo studio parte dall’idea che un contributo alla valorizzazione del patrimonio viticolo passi anche attraverso la possibilità di riconoscere e descrivere in modo univoco i diversi vitigni, valutare le parentele tra loro esistenti e individuare i tipi ancestrali, cioè i capostipiti. Nello specifico, sono stati individuati vitigni omonimi e sinonimi, si sono confermati o rigettati rapporti di parentela già ipotizzati e, infine, sono emerse molte nuove relazioni genetiche del tipo genitore-figlio.
I vitigni primari
“Il germoplasma tradizionale italiano discenda da pochi vitigni primari”
“È emerso come il germoplasma tradizionale italiano discenda, in buona parte, da pochi vitigni primari, alcuni dei quali hanno impresso la loro impronta genetica in aree geografiche specifiche, mentre altri hanno esteso la loro impronta a tutto il territorio nazionale” spiega il professor D’Onofrio. “Ne sono esempi lo Strinto porcino, insieme al suo discendente Sangiovese, il Mantonico bianco e l’Aglianico, principali capostipiti dei vitigni meridionali. Visparola, Garganega e Bombino bianco, che hanno lasciato la loro maggiore impronta genetica nell’Italia Centrale. E poi Termarina (Sciaccarello), Orsolina e Uva Tosca, capostipiti di numerose varietà locali diffuse nell’Italia nord-occidentale e centrale”. La ricostruzione dei pedigree ha poi evidenziato in particolare la centralità nell’origine del germoplasma italiano della “Visparola”, un vitigno per il quale si può ipotizzare una migrazione dal sud verso il nord Italia lungo il versante orientale, così come del “Sangiovese”, migrato verosimilmente dal sud al centro Italia lungo il versante occidentale.
L’utilità della ricerca
Il mondo viti-vinicolo italiano ha ora a disposizione un importante strumento genetico dalle numerose ricadute applicative. “È utile per la propagazione e la scelta dei vitigni, che sono ora dotati di un passaporto molecolare che li individua in modo univoco, risolvendo omonimie e sinonimie e assicurando un controllo varietale certo” continua D’Onofrio. “Inoltre mette a disposizione del miglioramento genetico dettagliate informazioni genotipiche e serve ai produttori per valorizzare e difendere i vini tradizionali, che sono l’eccellenza del territorio con un impatto significativo a livello locale. Infatti, aggiungere al terroiri il fascino della storia costituisce un importante volano di sviluppo e un ulteriore elemento di riconoscibilità e caratterizzazione del prodotto”.