È la giovanissima Paola Tellaroli, nata a Castiglion delle Stiviere in provincia di Mantova nel 1986, la vincitrice del Premio Pieve Saverio Tutino 2023 con “Tutta la polvere del mondo in faccia”.
Il suo diario racconta l’ictus che ha colpito Paola sottoposta ad un delicato intervento di trombo-aspirazione. Al risveglio Paola scopre progressivamente i danni che ha subito il suo corpo, la paralisi della parte destra, l’impossibilità di comunicare.
Ma la dimostrazione d’affetto che riceve dai suoi amici, dal suo compagno Emanuele e dai suoi familiari, sempre al suo fianco nei successivi cinque anni di riabilitazione, riaccende la scintilla della vita.
Il diario di Paola si conclude nell’ottobre 2022, alla vigilia di un viaggio verso l’Amazzonia atteso per anni.
La cerimonia di premiazione si è svolta domenica 17 settembre a Pieve Santo Stefano.
Paola Tellaroli ha ritirato il premio commossa, con gli occhi lucidi.
“Oggi posso dire che quel giorno iniziò ufficialmente l’atto della guarigione – ha detto Paola -: il più lungo, impegnativo e corale della mia vita. E sono dell’idea che senza quel branco di delfini non mi sarei mai salvata dall’alternativa dello stato vegetale. Durante questi cinque anni ho capito che una vita normale non esiste, ma piano piano la mia ha iniziato ad avvicinarsi alla cosa più simile alla vita che ricordavo. Un po’ alla volta si torna a vedere la luce, a ridere e a sognare”.
La motivazione della Giuria
Questa la motivazione della Giuria per il premio a Paola Tellaroli: “Paola ha 31 anni, è una giovane donna piena di iniziative, di sogni, determinata. È assegnista in biostatistica, ha un compagno, si sente “in motorino con il vento tra i capelli, le mani alzate prima dello schianto”. Lo schianto arriva la sera del 14 febbraio quando un grumo di sangue si deposita nel cervello di Paola. È vittima di un ictus ischemico cerebrale, ma nessuno può ancora immaginarlo. Al pronto soccorso la diagnosi corretta arriva dopo nove lunghe ore. Al risveglio scopre progressivamente i danni che ha subito il suo corpo: la paralisi della parte destra, l’impossibilità di comunicare. Ma Paola non si scoraggia e comincia un lungo cammino di riabilitazione, reso possibile anche dalla vicinanza degli affetti, del compagno e degli amici, un “branco di delfini” che le ha dato la forza necessaria. Questo assaggio di mortalità le fa capire di non essere invincibile, bensi vulnerabile come tutti. Paola ci consegna un diario del presente pieno di ironia e di capacità di autoanalisi, oltre che una lucida critica verso la burocrazia del sistema sanitario. A cinque anni dall’ictus, è pronta a riprendere la strada che si era bruscamente interrotta: prepara lo zaino e parte per l’Amazzonia.”
La giuria ha deciso di assegnare una menzione speciale ad altri due diari che condividono il periodo storico 1944-45: “Quando saremo di nuovo uomini” di Ettore Piccinini (1922-2007) e “La via della vita” di Maria Anna Rold (1926-2018).
Il premio Città del Diario 2023 a Ezio Mauro
Momento di grande emozione quando è stato assegnato il Premio Città del diario 2023 al giornalista Ezio Mauro.
Un riconoscimento che assume valore simbolico nel centenario dalla nascita di Saverio Tutino, fondatore dell’Archivio di Pieve Santo Stefano. Tutino fu infatti inviato speciale come esperto di politica internazionale di “Repubblica” nel 1976, quotidiano che poi fu diretto da Mauro per ben vent’anni, dal 1996 al 2016.
Questa la motivazione: per “la passione per la storia, la scelta del metodo giornalistico come schema privilegiato di indagine e racconto, l’attenzione sempre rivolta ai veri protagonisti dell’età contemporanea: gli uomini, le donne, le “masse” che hanno animato, spesso subito, le grandi guerre e le ondate migratorie, le metamorfosi della politica, i progressi e i rovesci della società e dell’economia”.
La storia di Paola Tellaroli (2017-2022)
Quel giorno pensavo ancora di poter avere il controllo su ogni cosa: avevo da poco compiuto trent’anni e condividevo un grazioso appartamento con un paio di amici e col mio ragazzo, Emanuele, a Padova, dove ci eravamo conosciuti e dove i sogni non la smettevano di avverarsi. Avevo il lavoro che ritengo il più entusiasmante possibile, ovvero facevo ricerca come assegnista in biostatistica, insegnavo all’università e avevo una valanga di progetti strampalati per la testa che si stavano pian piano avverando. Ero insomma in quella disposizione d’animo in cui tutto sembrava così facile, possibile e allegro da suggerirmi che il tempo presente fosse l’unico che avesse senso di esistere. Mi sentivo come ci si sente in motorino col vento tra i capelli e le mani alzate prima dello schianto.
Lo “schianto” per Paola arriva la sera del 14 febbraio 2017, a casa, in un momento di vita comune: la sua gattina la graffia e succede qualcosa di inaspettato.
Inseguii quella vigliacca fino in sala per urlarle che era veramente una stupida e che mi aveva fatto male, ma stranamente in quell’istante la mia lingua e le mie labbra si ribellarono e restarono immobili. Stranita, ma ingenuamente non preoccupata, decisi di far bambinamente finta che nulla fosse accaduto. Quindi mi abbassai per afferrare il computer, che improvvisamente attirò tutto il mio interesse, ma – mentre il braccio si mosse – la mano destra se ne stette lì come un pezzo di legno. In quel momento mi accorsi che anche la mia gamba destra stava scioperando. Un grumo di sangue si è depositato nel cervello.
Paola è vittima di un ictus ischemico cerebrale, ma nessuno può ancora immaginarlo.
Ignara com’ero del fatto che il tempo stesse erodendo i miei neuroni che, come ali di farfalla, una volta offesi avrebbero perso per sempre la polvere che permette loro di volare. E che il mio cervello, la mia roccaforte, si stava sgretolando di minuto in minuto senza che io me ne rendessi conto. Non sapevo cos’era ad impedirmi di parlare, ma infondo di dolore non ne stavo provando e, per la mia stupida ingenuità, quello era il termometro della gravità di ogni malanno. Per mia fortuna gli altri chiamarono immediatamente il 118.
Purtroppo, dall’arrivo in ospedale alla diagnosi corretta trascorreranno molte ore, nel frattempo Paola sprofonda in uno stato di incoscienza, dal quale si riprene solo dopo un delicato intervento di trombo-aspirazione. Al risveglio scopre progressivamente i danni che ha subito il suo corpo, la paralisi della parte destra, l’impossibilità di comunicare. Ma la dimostrazione d’affetto che riceve dai suoi amici, dal suo Emanuele e dai suoi familiari, che si precipitano al suo fianco in terapia intensiva, riaccende la scintilla della vita.
Oggi posso dire che quel giorno iniziò ufficialmente l’atto della guarigione: il più lungo, impegnativo e corale della mia vita. E sono dell’idea che senza quel branco di delfini non mi sarei mai salvata dall’alternativa dello stato vegetale. È stato grazie agli amici che unendosi mi hanno dato la forza. Perciò grazie, amici miei.
Ha inizio una lunga riabilitazione, che in prima battuta svolge in un ospedale del Lido di Venezia, dove con grande impegno torna a camminare, a compiere gesti quotidiani come insaponarsi i capelli e allacciarsi le scarpe. La strada del recupero sarà lunga e piena di difficoltà, nel privato, in ambito lavorativo, nello sfiancante rapporto con la burocrazia.
Durante questi cinque anni ho capito che una vita normale non esiste, ma piano piano la mia ha iniziato ad avvicinarsi alla cosa più simile alla vita che ricordavo.
Un po’ alla volta si torna a vedere la luce, a ridere e a sognare. Il diario di Paola si conclude nell’ottobre 2022 quando Paola parte l’Amazzonia.
Perché l’antidoto migliore per me è e resterà sempre avere tutta la polvere del mondo in faccia.