Una rete di servizi stabili che metta a sistema le buone pratiche presenti nel territorio toscano e ripristinare un tavolo di lavoro interistituzionale: sono queste le strade che la Toscana intraprende contro le mutilazioni genitali femminili. È quanto emerso nel convegno organizzato dalla commissione Pari opportunità e dalla commissione Sanità del Consiglio regionale toscano del 2 febbraio.
Le mutilazioni sono una delle forme più gravi di violenza contro le bambine, un fenomeno difficile da tracciare e quantificare che si stima in Toscana riguardi circa 3200 bambine (cifra ricostruita per difetto sulla base delle etnie presenti nel territorio e sulla percentuale delle mutilazioni che ogni etnia pratica). La cura richiede un approccio non solo medico, ma integrato tre diversi specialisti.
Il convegno ha visto la partecipazione di professionisti della sanità toscana, istituzioni – presenti l’assessore all’Istruzione e alle Pari opportunità della Regione Toscana Alessandra Nardini e l’assessore al Diritto alla Sanità Simone Bezzini – e associazioni e ha dato seguito a una risoluzione approvata all’unanimità dal Consiglio regionale nel dicembre 2021 che chiedeva alla commissione Pari opportunità di effettuare un’indagine sulle mutilazioni genitali femminili e valutare azioni da intraprendere a livello regionale per contribuire al contrasto di questa pratica. Un’indagine che, ha spiegato la presidente della Commissione Pari opportunità Francesca Basanieri, “è durata diversi mesi”.
L’obiettivo è arrivare a una nuova strutturazione dei servizi specializzati per l’attività di prevenzione e di presa in carico. La Regione Toscana ha già messo in campo risorse destinate sia alle aziende universitarie, come quella di Careggi, o quelle territoriali, come Pistoia.