Sul finire degli anni ’90 in una piccola stanza in mezzo al nulla nella provincia di Alessandria tre amici imbracciano gli strumenti con l’unico obiettivo di sopravvivere alla noia grazie alla loro musica.
Oltre vent’anni dopo sono uno dei più potenti e intensi gruppi contemporanei italiani che ancora oggi continua ad affascinare con i suoi viaggi psichedelici nelle profondità del cosmo, creando un sound destinato a generare un’esperienza live immersiva e indimenticabile.
Stiamo parlando degli Ufomammut che sabato 6 maggio tornano in concerto al Glue di Firenze, lo storico trio porterà live il nuovo album “Fenice” primo lavoro della nuova formazione.
Ecco la nostra intervista agli UFOMAMMUT
Ciao ragazzi, siete una band che nonostante un recente cambio di formazione ha superato la soglia dei 20 anni, che per un gruppo è un tempo enorme. Cosa vi ricordate di quando avete iniziato a suonare in quella mitica stanza in provincia di Alessandria?
Poia: È una bella domanda, la stanza in realtà non è mai cambiata, in tutti questi anni continuiamo a provare nello stesso luogo che avevamo quando abbiamo iniziato questa nuova avventura. In realtà io e Giò quando abbiamo iniziato a suonare avevamo un’altra band che si chiamava Judy Corda. Abbiamo suonato circa 5-6 anni con quella formazione. Per cui quella stanzetta è intrisa della storia della band sin dagli albori.
Urlo: Alla fine sono 30 anni che suoniamo lì dentro. Tra una storia e l’altra il prossimo anno Ufomammut fa 25 anni, quindi sono 25 anni anni più altri 6. Sono tanti anni!
Poia: Siamo sicuramente cambiati, come tutti. In realtà eravamo già abbastanza ‘anzianotti’ all’epoca non abbiamo iniziato così presto a creare la nostra musica. Se pensi a band come i Beatles, che rimangono tra i nostri riferimenti musicali principali, loro hanno iniziato molto, molto prima di noi e nel giro di due-tre anni hanno realizzato dei capolavori assoluti, dopo ognuno ha preso la sua strada. Noi abbiamo iniziato un po’ tardi, eravamo già uomini maturi all’epoca.
Per voi fare musica è sempre lo stesso tipo di esperienza, oppure è cambiata?
Urlo: Sicuramente è cambiato il nostro modo di fare musica, quando eravamo più giovani, soprattutto con Judy Corda eravamo più rabbiosi, poi con Ufomammut abbiamo virato più sullo psichedelico quindi più tranquilli e rilassati anche se la ricerca che abbiamo sempre cercato di fare nella musica è quella di trovare qualcosa che sia cattivo, non saprei come definirlo esattamente, un qualcosa di oscuro che c’è sempre bene o male come trait d’union della nostra musica. Poi chiaramente io spero che si sia evoluta nel tempo. Nei nostri dischi abbiamo sempre cercato di fare qualcosa di differente, adesso con l’ingresso di Levre nella formazione, abbiamo fatto un disco che dal nostro punto di vista è la continuazione di quello che abbiamo fatto prima logicamente, ma differente. Le cose nuove che stiamo facendo sono un’evoluzione.
Poia: Sì è una formula che cerchiamo di sovvertire ogni volta, ma che comunque sotto sotto rimane quello che è la nostra anima musicale, le radici non si possono spezzare e riformare, però i rami possono crescere in direzioni inaspettate quello sì. Quello che abbiamo sempre cercato di mantenere è non fare la musica soltanto per proseguire un discorso, ma cercare sempre di tirare fuori qualcosa di nuovo e di eccitante soprattutto per noi. Come fruitori di musica anche noi abbiamo i nostri idoli, i nostri gruppi preferiti, la musica che ci fa sognare, riflettere e viaggiare. Quello che vogliamo da una band è quello di sorprenderci ogni volta ed è quello che cerchiamo di fare anche noi come musicisti.
C’è questo bisogno nella musica di rifare quello che è già stato fatto che secondo me è un po’ nocivo per la musica stessa, perchè va a chiudere un genere che invece potrebbe svilupparsi verso altri orizzonti
“Fenice” il vostro ultimo disco arriva dopo cinque anni, nel frattempo sono successe tantissime cose, ovviamente la pandemia, ma anche un cambio di formazione importante per voi: Levre al posto di Vita alla batteria. Per il disco avete scelto un titolo che è un’immagine molto potente, un uccello di fuoco che risorge dalle sue ceneri. Come avete realizzato questo ultimo lavoro?
Poia: Abbiamo iniziato banalmente da un arpeggio e da una linea di basso improvvisate in sala prove e su questa scintilla di musica si è via via costruita tutto il resto della struttura del volatile. Poco alla volta abbiamo aggiunto strati sonori, abbiamo mutato la forma della musica fino ad arrivare alla forma definitiva che è quella del disco che è uscito l’anno scorso. L’idea era proprio quella della rinascita dopo un periodo di stop forzato, abbiamo deciso di dare un nome molto simbolico e quasi scontato, da un po’ il senso del continuare della band, del cercare di evolverci mantenendo la brace accesa nonostante tutte le vicissitudini a cui siamo andati incontro e che abbiamo cercato di superare a modo nostro.
Una domanda per Levre, sei arrivato da qualche anno, immagino che non sia stato facile per te immettersi in questo fiume di musica che proseguiva ininterrottamente da così tanti anni. Io sarei stata abbastanza intimorita, ti hanno messo a tuo agio?
Levre: Sì assolutamente, eravamo già amici da tempo, io ho iniziato a lavorare per gli Ufomammut nel 2015, lavoravo per loro come merchandiser, backliner e fonico. Quindi ci conoscevamo già. Per me è stata una grande emozione entrare nella band perchè chiaramente ero loro fan.
Urlo: Avevamo dato vita anche a un progetto parallelo in cui ci trovavamo a suonare per cui ci conoscevamo anche a livello musicale e avevamo visto che c’era un’intesa che andava al di là della semplice frequentazione. Ci siamo trovati a creare musica insieme già prima della crisi che ci ha cambiati.
Levre: Intimorito no, però chiaramente ho sentito il peso e l’importanza di essere un membro degli Ufomammut che sono una band storica italiana. Per me è stato un estremo piacere in realtà. Chiaramente nel momento della pandemia ritrovarci a suonare insieme ci ha aiutato molto per avere ancora più consapevolezza dell’importanza della musica e della band stessa. Questo ci ha uniti in un altro modo. Anche solo avere il piacere di suonare insieme in un momento così triste e pesante per tutti, ha portato a “Fenice”, una rinascita. Per me è stata un’esperienza molto importante.
Fate un tipo di musica che si colloca tra rock psichedelico, stoner e doom. E’ un genere che negli ultimi anni possiamo dire sta vivendo un nuovo rinascimento. Lo avete avvertito anche voi?
Urlo: Girando per festival e così via abbiamo notato che sì, c’è una sorta di rinascita. Ci sono tanti gruppi di giovani che si sono rimessi a fare questo tipo di musica però molto spesso in una maniera un po’ canonica, standard. Ci sono una sequenza di cloni insopportabili di band come gli Sleep o i Kyuss, che non vedo perchè dovrei ascoltare dato che ci sono stati già loro. È lo stesso fenomeno per cui adesso ci sono band che sembrano il “Lato B” dei peggiori dischi dei Led Zeppelin e i giovani vanno a sentire loro perchè i Led Zeppelin non ci sono più. Io la trovo una cosa terribile. C’è questo bisogno nella musica di rifare quello che è già stato fatto che secondo me è un po’ nocivo per la musica stessa, perchè va a chiudere un genere che invece potrebbe svilupparsi verso altri orizzonti. C’è proprio un problema di definizione di generi, per esempio Brant Bjork a volte viene definito doom quando non lo è per niente, anche noi non ci sentiamo molto doom. Ho sempre pensato che il doom fosse per esempio di progetti di Wino.
Poia: Sì c’è del manierismo che va avanti da parecchi anni. C’è l’idea che per fare un genere ci sia una ricetta prestabilita, ma la musica dovrebbe essere altro, una ricerca continua. Anche noi ci proviamo ma non è detto che ci riusciamo, ma la tensione verso qualcosa di altro ci deve sempre essere anche solo per non annoiarsi.
Urlo: Per esempio una band come i Melvins sono stati incredibili fino a un certo punto, poi hanno cominciato a fare sempre la stessa roba. Comunque sono loro, se li senti li riconosci tra mille. Ci sono gruppi più recenti che vivono nella scia di qualcun altro. Noi abbiamo sempre cercato di fare quello che ci piaceva fare.
Poia: È anche vero che se si allarga un po’ lo sguardo, nella musica estrema ci sono delle band che hanno cercato di innovare. Negli ultimi tempi c’è molta sperimentazione, soprattutto nei paesi nordici.
Urlo: Basti pensare a Oranssi Pazuzu una band che ha mescolato il black metal con la psichedelia e ha costruito qualcosa di nuovo. O anche l’ultimo disco dei Chat Pile ha tante cose molto interessanti. Diciamo che non sono band chiuse solo in un genere. Poi ovviamente anche nella musica come nel cinema o nella letteratura quando c’è qualcosa che funziona tutti cercano di imitarlo. Per esempio nell’horror c’è stato Rob Zombie che ha rivoluzionato per un attimo tutto, poi lo hanno seguito a ruota in diecimila.
Cosa succederà sabato 6 maggio al Glue?
Poia: Sul palco cerchiamo sempre di dare il massimo, è quello che anchio vorrei vedere quando vado a sentire un gruppo. Vedere qualcuno cioè che non è lì per caso ma che sta trasmettendo qualcosa. L’idea è proprio quella di cercare una comunione con chi ci viene ad ascoltare perchè l’unica vera religione che abbiamo è la musica. È tutto quello a cui tributiamo il massimo rispetto e la massima devozione.
Sabato 6 maggio 2023
UFOMAMMUT
In apertura NUDIST
Ingresso riservato ai soci Glue/US Affrico
Tessera annuale 13 €