Cresce l’attenzione sui prodotti che portiamo sulle nostre tavole e cresce la consapevolezza degli agricoltori stessi, sempre più impegnati conquistarsi quella fetta di mercato del biologico che non arresta la sua richiesta, soprattuto nell’ultimo anno, quello della pandemia da corona virus.
Un processo – per onor del vero- già in atto da tempo ma che negli ultimi tempi ha dimostrato di accelerare ancora. A dirlo sono gli stessi dati, diffusi da Coldiretti dopo l’approvazione del Senato del Ddl sul biologico. L’emergenza Covid-19 ha dunque fatto aumentare i consumi di prodotti bio dell’1,7% in Toscana, con una crescita tendenziale anche per i vini rossi come il Chianti Classico DOCG (+1,7%), il Chianti DOCG (+3,8%) e il Toscana IGT (+3,1%) e per i bianchi con il Toscana IGP (+0,6%).
E poi aumentano nella regione del 4% anche le superfici bio (144 mila ettari) e gli operatori (+ 0,7% per un totale di 5 mila agricoltori) , un chiaro segnale – secondo il presidente di Coldiretti Toscana Fabrizio Filippi – “di quanto sia gli agricoltori che i consumatori credano fortemente nel valore aggiunto delle produzioni biologiche”.
Saper scegliere e riconoscere: il ruolo dell’informazione
Poi Filippi si concentra su un fattore di non poco conto: l’informazione. Conoscere significa poter scegliere da uno scaffale di un negozio, di un supermercato o al banco di un mercato con consapevolezza.
Per il presidente serve dunque insegnare ai consumatori “a leggere attentamente le etichette e stanare eventuali prodotti tarocchi che non sono italiani né tantomeno biologici, perché sono ancora ingenti le importazioni dall’estero di cui non si ha piena tracciabilità”.
Foraggi, cereali, viti e olivi: il boom del bio parte da qua
A trainare il bio in Toscana sono le colture foraggere (30%), cerealicole (17%), viticole (10%) e olivicole (11%) che fanno la parte da leone in termini percentuali. Poi un contributo fondamentale viene dato
dall’agricoltura biodinamica, un metodo produttivo di valore ambientale ed economico.
“Le aziende biodinamiche – a prescindere dallo specifico disciplinare di produzione- devono rispettare ed essere conformi ai requisiti europei e nazionali dell’agricoltura biologica – aggiunge Coldiretti. Oltre a questo specificano dall’associazione di categoria “tutte le aziende biodinamiche, utilizzando un chiaro riferimento al termine “bio” in etichetta, devono essere certificate prima di tutto ai sensi della normativa comunitaria sul biologico”.
L’agricoltura biodinamica: principi e rigore agronomico
Poi la precisazione: non solo principi ma sostanza sul campo. Il disciplinare dell’agricoltura biodinamica – spiegano ancora da Coldiretti “anche se richiama alcuni aspetti di chiara derivazione filosofica, prevede delle regole di base di assoluto rigore agronomico, come la presenza di animali in azienda con l’obiettivo del ciclo chiuso, la cura per la gestione della fertilità del suolo ed una maniacale attenzione alle lavorazioni dei terreni, l’applicazione rigorosa di rotazioni colturali, la gestione dei patogeni e delle malattie senza ricorso ad input chimici di sintesi. Si tratta di regole che, prendendo come base il disciplinare europeo per il biologico – chiosano da Coldiretti – ne valorizzano i principi attraverso prescrizioni specifiche e vincolanti.