Da “semplice” vino da tavola a Super Tuscan: il Tignanello, quando la prima annata uscì sul mercato mezzo secolo fa, fu una vera rivoluzione per il mondo enoico. Un vino che sfuggiva ai paletti dei disciplinari, fuori dagli schemi abituali di chi produceva vino agli inizi degli anni Settanta.
A 50 anni di distanza, il suo ideatore, Piero Antinori, ritiene che il Tignanello non ha solo aperto le porte al Rinascimento enologico ma ha cambiato l’Italia intera.
L’etichetta di casa Antinori ha portato il vino Made in Italy a dominare il mondo. Sulla storica etichetta, accanto allo stemma di famiglia, si nota la firma di Niccolò Antinori, padre del marchese Piero e suo maestro.
Il Tignanello ha segnato alcune delle pagine più belle di casa Antinori: 7 secoli di storia e 26 generazioni. Oggi l’azienda è guidata dalla figlia di Piero, Albiera Antinori che ricopre il ruolo di presidente, supportata dalle sorelle Alessia e Allegra.
Il giovane Marchese e il vino “ribelle”
Piero Antinori aveva 28 anni quando prese il timone della Marchesi Antinori nel 1966: un passaggio del testimone con il padre Niccolò in un periodo a dir poco difficile. All’orizzonte si profilava la fine della mezzadria e il mondo dell’agricoltura era scosso dal cambiamento.
L’azienda di famiglia aveva necessità di rilanciarsi e Antinori penso di andare a cercare nuove idee dai cugini d’oltralpe. Ecco quindi il primo, decisivo incontro con Émile Peynaud, professore all’Università di Bordeaux. Fu poi il rapporto con l’enologo Giacomo Tachis a segnare la svolta non solo per la Marchesi Antinori ma per tutto il mondo del vino.
Il Rinascimento enoico partito dal Tignanello
Da questo lavoro di studio e di ricerca si arrivò alla realizzazione del Tignanello. Un vino “di rottura” con il passato. Dopo di lui le parole “barrique” e “vigneti internazionali” divennero nomi familiari al pubblico dei wine lovers. Il Tignanello fu il primo Sangiovese, nato nel cuore del Chianti Classico, ad essere affinato in barrique e assemblato con Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc.
Quando arrivò sul mercato per la prima volta fu definito “vino da tavola” o “vino tipico”. Fu il giornalista Luigi Veronelli a consigliare Piero Antinori di dare il nome del vigneto storico al Tignanello. A risolvere definitivamente la questione pensò poi un critico americano: creò la nuova categoria dei Super Tuscan di cui l’etichetta di casa Antinori è tra i nomi più noti.
Una produzione di 300mila bottiglie all’anno
Il Tignanello, per dirla con le parole di Piero Antinori, è “un vino con personalità, capace di invecchiare e dare piacere edonistico e intellettuale, perché il vino è un fatto di cultura”. La produzione si aggira sulle 300mila bottiglie all’anno e la collina di Tignanello è vitata per un totale di 75 ettari. La famiglia Antinori ha scelto di non cedere alle sirene del business e, nonostante la richiesta, non ha mai aumentato la produzione nel rispetto della qualità assoluta.
A Firenze, nei giorni scorsi, i 50 anni del Tignanello sono stati celebrati con una grande serata nel Palazzo di famiglia: a esibirsi pure Sting e Gianna Nannini. Nel corso dell’evento il marchese Piero Antinori ha voluto ricordare la donazione di un milione di euro per il restauro conservativo di Ponte Vecchio. Un modo, per la celebre casata, di salvaguardare il monumento più iconico di Firenze.
Inoltre la storica residenza, all’ombra della Cupola del Brunelleschi, è al centro di un’opera multimediale realizzata da Felice Limosani. L’installazione “ARS UNA”, inaugurata il 30 maggio in occasione della serata a Palazzo Antinori, si può ammirare sulla faccia di Palazzo Antinori fino al 9 giugno, dalle 21 alle 24.