Ci sono questioni valoriali e di principio, poi c’è tutto il resto. Che il terzo settore sia un valore e una risorsa straordinaria – non solo per la Toscana, ma per tutto il paese – è un dato inoppugnabile confermato anche dai numeri e dalle ricerche. Ma quello che forse è stato fin qui meno evidente, be’, è la sofferenza causata dalla pandemia. Non solo quella fisica ed emotiva (resa evidente dalle ricerche condotte nell’ultimo anno), ma anche quella economica. Oltre il 72,8% delle organizzazioni toscane, infatti, ha ridotto o sospeso la propria attività associativa, mentre il 45% ha difficoltà a chiudere i bilanci e ad affrontare le spese mensili di gestione. Fa da contraltare il dato in crescita dei servizi sanitari (8%). Ma questo, durante la pandemia, non rappresenta una grande sorpresa. Questi sono alcuni dei dati contenuti nell’ultimo rapporto sul terzo settore in Toscana, curato e realizzato per il terzo anno consecutivo dalla Regione insieme all’Osservatorio sociale regionale.
L’infrastruttura sociale (che resiste)
“Senza la ripresa sociale non ci sarà neppure la ripresa economica”
“Da soli non se ne esce” ha detto Eleonora Vanni, presidente della Conferenza permanente delle autonomie sociali (Copas). Si tratta del primo organismo in Italia istituito presso un’assemblea legislativa regionale per rappresentare la sussidiarietà sociale. Un altro segnale che dimostra la sensibilità della Toscana sul tema. “Dobbiamo cercare di valorizzare il rapporto collaborativo” ha aggiunto Vanni. “Perché senza una ripresa sociale aumenteranno povertà e disuguagliane, quindi non ci sarà neppure una ripresa economica…”. Del resto il mondo del terzo settore, strutturato e radicato com’è sui territori, ha svolto finora un ruolo sussidiario, spesso intercettando i bisogni e tutelando i diritti dei cittadini. “Basti pensare che in Toscana esistono 550 presìdi di pubbliche assistenze, misericordie e Croce Rossa” ha ricordato il presidente della Regione, Eugenio Giani. “Una vera e propria infrastruttura di servizio socio-sanitario a cui si aggiunge la rete dei circoli, la protezione civile, l’associazionismo sportivo…”. La lista sarebbe ancor più lunga, perché le anime che compongono il terzo settore sono tante e variegate.
Pandemia, diffidenza e solitudine
Il governatore ha citato i circoli. Già, da Acli ad Arci sono tante le sedi che hanno sofferto le chiusure a causa del covid. Ma l’effetto negativo non si ripercuote solo nella dimensione economica di gestione, ma anche e soprattutto nell’impatto sociale. Chiudendo i circoli e le case del popolo sono infatti venuti meno gli spazi di socialità. “I toscani apprezzano il lavoro dei volontari. Un fatto che diamo per scontato, ma che scontato non lo è affatto” ha detto Federico Gelli, presidente del Centro servizi volontariato Toscana (Cesvot). “Però la pandemia ha avuto conseguenze su tutti, anche su giovani e volontari. Abbiamo scoperto che è cresciuta la diffidenza (più quaranta per cento) e che è aumentato il senso di solitudine, in particolar modo tra i giovani”. Non è un caso che proprio nel bel mezzo della pandemia il Cesvot abbia pensato bene di promuovere “Passa all’azione, diventa volontario”. In pochi mesi si sono fatte avanti circa 1.200 persone e in 400 hanno iniziato a svolgere attività di volontariato.
La carica dei 470 mila
A proposito di numeri. Il rapporto 2020 sul terzo settore in Toscana – oltre a sviluppare tre focus su servizio civile, co-progettazione e sulla legge 65 – indaga approfonditamente l’effetto della pandemia sulle organizzazioni e restituisce anche un quadro quantitativo delle presenze sul territorio. Stiamo parlando di circa 470 mila volontari (125 ogni 10 mila residenti contro una media italiana di 91), 27 mila organizzazioni (6.777 le associazioni e le cooperative sociali iscritte nei registri regionali) e ben 51 mila dipendenti (buona parte dei quali nell’ultimo hanno ha usufruito delle misure previste dagli ammortizzatori sociali). Le aree con l’indice maggiore di presenza del terzo settore sono Firenze, Lucca e Siena. “Emerge una realtà radicata e diffusa, con un ampio e diversificato ventaglio di attività e servizi che rappresenta un grande patrimonio per questa regione, per la coesione sociale e la solidarietà” commenta Serena Spinelli, assessore regionale al sociale. “Questo è un bene prezioso che intendiamo continuare a valorizzare e a sostenere, puntando sulla co-programmazione e la co-progettazione tra istituzioni e terzo settore per sviluppare interventi e azioni condivise sui territori”.
Fondazioni, 5 per mille e bandi regionali
“Non possiamo trasformare il distanziamento fisico in distanziamento sociale”
E così arriviamo anche al tema delle risorse. “Non possiamo arrenderci alla pandemia sprecando tempo e rinunciando a comprendere le criticità” prosegue Spinelli. “Utilizziamo questo tempo per capire bene quali sono gli interventi da realizzare. Non possiamo trasformare il distanziamento fisico in distanziamento sociale, sarebbe una resa”. Per progettare (e co-progettare) occorre anche misurarsi con le misure di sostegno disponibili. Le Fondazioni bancarie toscane, tra il 2015 e il 2019, hanno erogato 105 milioni di euro a favore del terzo settore toscano, mentre dal 5 per mille nel 2019 sono arrivati più di 20 milioni di euro. La Regione Toscana, dal canto suo, ha destinato 4,2 milioni nel 2020 (contributi finalizzati a fronteggiare l’emergenza sanitaria) e sta predisponendo il nuovo bando da 5,8 milioni per l’anno 2021. “La pandemia ha avuto pesanti ripercussioni negative sul terzo settore e la Regione sta facendo e continuerà a fare tutto quello che è nelle sue possibilità” conclude l’assessore. “Deve essere evitato il rischio che molte realtà si trovino costrette a chiudere. C’è bisogno di ulteriori risorse dal Governo e una facilitazione per l’accesso al credito”.