Torna in scena con una nuova drammaturgia, ideata e recitata come ogni anno dagli abitanti-attori, il Teatro povero di Monticchiello, il piccolo borgo nel comune di Pienza. Da sabato 29 luglio a lunedì 14 agosto è in programma la rappresentazione del 57mo autodramma del Teatro povero di Monticchiello, dal titolo “Colòni”: una drammaturgia partecipata da un intero paese che si interroga su questioni cruciali per la comunità e in cui chi guarda può di riflesso riconoscersi e ritrovarsi.
Còloni: dall’allunaggio alle migrazioni
proprio mentre tre astronauti calpestavano per la prima volta il suolo della Luna. Un evento che fu salutato ovunque come una potenziale premessa a un’epoca di grandi conquiste e allo stesso modo un medesimo ottimismo sembrò sbocciare quella notte a Monticchiello, allora valle spopolata e desolata. Il primo ‘autodramma’ portò in piazza la riproposizione della gloriosa battaglia partigiana avvenuta nel borgo il 6 aprile del 1944.
Speranze poi seguite da inesorabili disillusioni: perché l’epoca successiva ha donato meraviglie, ma anche, purtroppo, nuove sofferenze e storture, per arrivare al giorno d’oggi, dove si sentono scricchiolii di allarme, quelli della natura e del clima, che molti preferiscono e ignorare o negare in modo risoluto.
Eppure, si chiedono i drammaturghi e attori del Teatro povero di Monticchiello, se un domani fossimo costretti a un abbandono coatto della nostra terra come quello cui furono obbligate generazioni di mezzadri, così come oggi accade ogni giorno a tanti solo per aver avuto in sorte di nascere ad altre latitudini, saremmo in grado di porci infine il quesito: cosa voglio con me? Di cosa ho davvero bisogno?
Il Teatro povero: un progetto sociale e culturale
Tradizione sperimentale che ogni anno propone un nuovo testo, lo spettacolo di Monticchiello va in scena ogni estate nella piazza del borgo della Val d’Orcia. Il Teatro povero di Monticchiello infatti è un progetto sociale e
culturale nato negli anni Sessanta, quando il borgo stava attraversando una profonda crisi collegata alla fine della mezzadria e allo spopolamento.
[mark]In un paese senza un teatro, i cittadini hanno deciso di aggregarsi attorno a un’idea di spettacolo in piazza, con una formula teatrale originale diventata un tentativo di ricostruzione collettiva. Dal 1967, quindi, ogni estate gli abitanti-attori del borgo vanno in scena con autodramma: un’opera che costruita dal paese, giorno dopo giorno, a partire dalle assemblee della compagnia durante l’inverno e fino alle prove e alle repliche estive.