Oltre 700 ettari di terreno, un’oasi verde immersa tra le colline senesi, in buona parte coltivabile. 17 case coloniche che hanno una superficie complessiva di 11.600 metri quadrati e magazzini per 9.370 metri quadrati. C’è anche una chiesetta vicino all’edificio principale.
Impensabile che la mafia sia riuscita a metterci le mani, che abbia contaminato la purezza dell’aria che qui si respira, qui ovvero nel cuore della Toscana, tra le distese delle colline senesi.
Eppure la storia della Tenuta di Suvignano, in provincia di Siena, lembo di terra tra i Comuni di Monteroni d’Arbia e Murlo si intreccia a quella della criminalità organizzata che anche in Toscana ha allungato i propri tentacoli.
È il 1983 quando il giudice Giovanni Falcone firma un ordine di sequestro dell’intero patrimonio all’imprenditore palermitano Vincenzo Piazza sospettato di essere vicino a Cosa Nostra. Da allora vicende giudiziarie, il rischio che questo patrimonio tornasse in mani sbagliate c’è stato ma una costante in tutti questi anni è stata l’impegno delle istituzioni, Regione e Comuni in primis, a riprendersi Suvignano.
Arriviamo così al 2007 con la condanna in giudicato di Piazza e la confisca definitiva della Tenuta. Passano 11 anni e Suvignano passa finalmente nelle mani di Regione e Comuni che intanto avevano presentato un progetto per farne un modello innovativo d’impresa agricola volta ad una dimensione etica e sociale.
In questa storia c’è un’altra data da ricordare quella di martedì scorso, 5 febbraio 2019 con la cerimonia ufficiale della consegna della gestione all’Ente terre regionali della Toscana. Cerimonia cui, tra gli altri, hanno partecipato oltre ai sindaci di Monteroni e Murlo, Gabriele Berni e Fabiola Parenti, e all’assessore regionale alla presidenza e alla cultura della legalità, Vittorio Bugli, anche il Ministro degli Interni, Matteo Salvini: “Quella che era la residenza di un delinquente è diventata bene comune. Questa è l’antimafia dei fatti che ci piace” – ha commentato.
Oggi, non possiamo dire di essere già al capitolo finale di questa storia ma il lieto fine è già scritto. Adesso si deve pensare al futuro di questo patrimonio emblema della lotta alla criminalità organizzata in Toscana. La Regione Toscana ha già stanziato 800 mila euro per le attività della tenuta: attività agricole ma anche di accoglienza.
Quando questo possedimento riuscirà a generare autonomamente profitto, quando grazie alle attività e all’impegno dei tanti che hanno voluto riscattare questa terra, si creerà un vero e proprio business a favore degli Enti locali e quindi della cittadinanza, la mafia che qui ha provato a sciacquare e riciclare i propri denari, riceverà lo schiaffo definitivo dalle mani della legalità e della partecipazione collettiva.
Suvignano ha un po’ il sapore della vittoria, la vittoria figlia della battaglia condotta da “tutte le forze migliori delle istituzioni”. Quella battaglia che si auspicava anche il giudice Falcone:
“La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.”