Tratta il tema della Resistenza il nuovo film di Enrico Masi, dal titolo provvisorio Sulla Linea Gotica, una delle produzioni vincitrici del Bando cinema e audiovisivo della Regione Toscana, le cui riprese si tengono in collaborazione con Toscana Film Commission. Il primo ciak il 10 luglio, nelle montagne dell’Appennino tosco-emiliano, al Passo della Croce Arcana, nei pressi della Linea Gotica, la linea difensiva realizzata dal comando tedesco nel corso della seconda guerra mondiale, teatro di duri scontri tra le forze alleate e i partigiani da una parte, le truppe nazi-fasciste dall’altra.
Il progetto, che nasce dalla collaborazione tra lo stesso Enrico Masi con Stefano Migliore, presidente della cooperativa di produzione cinematografica Caucaso e il professor Pier Giorgio Ardeni, co-sceneggiatore, è il primo capitolo di una trilogia della Resistenza – o trilogia repubblicana – che il regista ha in progetto di realizzare. Un film che scaturisce spontaneo come esigenza espressiva degli autori di raccontare la guerra di Liberazione, che affonda le radici in ricordi familiari d’infanzia, in luoghi e volti facenti parte di un vissuto rimasto indelebilmente scolpito nella memoria. Un importante spunto, nell’affrontare questo drammatico periodo storico del nostro paese è arrivato dal noto saggio di Claudio Pavone, Una guerra civile, Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, che consente di addentrarsi nelle pagine più dolorose che sottendono la nascita della Repubblica Italiana.
“Dopo aver studiato e lavorato in Germania, a Torino, nel Sud Italia, in Francia e nei Balcani, negli Stati Uniti e in Brasile, sempre portando avanti un’idea di cinema radicale e di ricerca, sono finalmente arrivato in Appennino” – ha dichiarato il regista. “Il film” – prosegue “si rifà ad una grande tradizione di cinema partigiano, prendendo come riferimento Chris Marker, Louis Malle, Pier Paolo Pasolini, i Fratelli Taviani, ma anche Jean Luc Godard, Gillo Pontecorvo e la fantascienza”. “Il richiamo alla fantascienza è inteso come costruzione di uno spazio meta-storico in cui è possibile compiere una rappresentazione che non ci riporta al dato oggettivo, ma ad una rielaborazione poetica, pur nel pieno senso di responsabilità di trasmissione memoriale”.
Il soggetto è nato dal rapporto tra il regista e il sabotatore partigiano Nino Bonfiglioli (classe 1926), che ha vissuto direttamente i fatti. In seno a lunghe conversazioni nel corso di decenni, spontanee e non registrate, la storia vissuta è stata tramandata attraverso il racconto, dando luogo al primo episodio, l’inizio di una trilogia che l’autore Enrico Masi intende come una sorta di “raccolta omerica”, che si tramanda oralmente, della grande epopea della Liberazione avvenuta nel territorio degli Appennini settentrionali.
Le vicende belliche sono ricostruite sulla base dell’astrazione simbolica: non tanto, quindi, una narrazione anedottica della storia, quanto un’esaltazione del portato ideologico, nel senso più ampio del termine, di ciò che la guerra di Liberazione ha rappresentato per chi vi ha preso parte. “Questa estetica cinematografica” – afferma ancora il regista – “con il primo episodio della trilogia, decide di inscenare un momento tragico e l’assenza di dialogo che lo ha contrassegnato“. “Il cinema è considerato dal gruppo Caucaso come uno strumento di ricerca. La storia scelta è quella di un momento sanguinario e controverso: una doppia fucilazione che avviene per motivi di giustizia deliberata dal CLN, per far fronte ad episodi fuori controllo, nel momento più scuro della guerra, quel finale già ritratto da Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini”.
I casting del film, che si sono tenuti a Manifatture Digitali Cinema Prato i primi giorni di luglio, hanno visto la partecipazione di un gran numero di persone, che si sono proposte per entrare a far parte del film. La commissione, composta da Ida Pellegrino, Lorella Zocca, Tomas Rigoni, Janaima Costantini, Martina Asti, oltre che dal regista, ha svolto un lavoro di selezione particolarmente approfondito, per arrivare a definire una squadra di 25 attori, militi fascisti e partigiani, che nel film non usano né la parola, né propriamente le armi, nelle fasi di combattimento di una guerra fratricida. Un linguaggio che procede per sottrazione puntando all’eloquenza delle immagini e al potere evocative che queste generano negli spettatori.