Vennero uccisi per aver dato rifugio nelle chiese e nei convinti a cittadini inermi, ebrei che rischiavano la deportazione e partigiani, ma anche per aver aiutato soldati sbandati, ragazzini che non avevano risposto alla leva di Salò e anche ex fascisti, presi di mira dagli ultimi seguaci del Duce per regolare i conti. Sono i ventotto preti e frati che vennero massacrati nell’estate del 1944 in provincia di Lucca dalle truppe naziste in ritirata verso la linea Gotica, il numero più alto di religiosi della Resistenza uccisi in una provincia italiana.
La ricerca del professor Fulvetti: fu una guerra al clero
Per la prima volta una ricerca storica ne riscopre con precisione il nome e le vicende. Lo studio condotto da Gianluca Fulvetti, docente di Storia contemporanea all’Università di Pisa, evidenzia anche la particolare crudeltà della XVI Divisione Panzer-Grenadier delle Ss, la stessa responsabile della Strage di Sant’Anna di Stazzema e di altri eccidi in tutta la Lucchesia e Versilia, rilevando fra i suoi ufficiali una notevole deriva anti-clericale che innescò la scarica di violenza contro gli uomini di Chiesa.
Dalla ricerca di Fulvetti emerge che “un numero così alto di uomini di Chiesa uccisi nella stessa area non ha uguali in tutta Italia, è la provincia più colpita e questo avviene perché lì opera un reparto tedesco particolare, che è il più violento degli altri, come dimostrano le numerose stragi, e alcuni ufficiali di questa divisione sono fanatici anti-clericali. Si può parlare di una sorta di guerra contro il clero che questa divisione scatena, anche con l’appoggio del fascismo locale”.
Ieri in occasione della celebrazione degli 80 anni dalla Liberazione una messa nella Cattedrale di Lucca concelebrata dal cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, ha reso omaggio ai 28 martiri del clero e nell’occasione è stata inaugurata una targa in marmo con i loro nomi.
“Hanno proclamato il primato della coscienza sul potere e il primato della carità sulla violenza. Una memoria questa che è anche profezia perché la coscienza e la carità sono gli ingredienti per costruire la comunità democratica del futuro” ha detto l’arcivescovo di Lucca, monsignor Paolo Giulietti.
Don Aldo Mei, i certosini e gli altri martiri
La ricerca del professor Fulvetti è partita da don Aldo Mei, il primo sacerdote verso cui fu guardato con interesse storico nel dopoguerra e come spiega Fulvetti “un uomo che si è speso a favore della comunità facendo resistenza civile”. Il suo nome era citato nelle ultime lettere alla famiglia dei condannati a morte della Resistenza e lui stesso morì fucilato dai nazisti.
Venne arrestato durante un rallestramento tedesco subito dopo aver celebrato la messa a Fiano, nel comune di Pescaglia, per aver dato rifugio a ebrei e disertori del regime fascista: venne ucciso da un plotone di esecuzione delle Ss sulle mura di Lucca, nei pressi di Porta Elisa e prima di morire perdonò e benedisse i suoi assassini.
Tra i nomi sulla lapide ci sono anche i cinque religiosi uccisi a margine della strage di Sant’Anna di Stazzema, tra cui Don Fiore Menguzzo, parroco di Mulina di Stazzema, e don Innocenzo Lazzari, il parroco di Farnocchia che morì insieme alle 560 vittime dell’eccidio: era tenuto sotto controllo dai nazisti per aver dato ospitalità a una famiglia di ebrei e tentò di fermare la strage offrendo la sua vita in cambio di quella degli altri prigionieri. Come spiega Fulvetti “altri tre preti vennero catturati e uccisi alcuni giorni dopo.”
Poi ci sono i 12 religiosi trucidati alla Certosa di Farneta a Lucca dove, precisa Fulvetti, “venivano ospitati contadini, disertori, ex fascisti. I nazisti violarono il luogo sacro e arrestarono tutti. Sono 12 i monaci certosini subito uccisi, mentre altri membri della Certosa vengono deportati, anche in Germania, e morirono successivamente”.