Zaino in spalla, una macchina fotografica tra le mani, la voglia di viaggiare e una curiosità infinita negli occhi. Così Steve McCurry è diventato uno dei fotografi più famosi, conosciuti e apprezzati in tutto il mondo.
La mostra “Steve McCurry Icons” dal 1° gennaio al 7 aprile 2024 agli Arsenali Repubblicani a Pisa ripercorre con oltre 70 fotografie il meglio della vasta produzione del grande fotografo statunitense.
Steve McCurry è un punto di riferimento per un larghissimo pubblico che nelle sue fotografie riconosce un modo di guardare il nostro tempo, immagini che danno vita a un complesso universo di esperienze e di emozioni.
La mostra inizia dagli scatti, gli unici in bianco e nero, realizzati tra il 1979 e il 1980 nel suo primo reportage in Afghanistan, paese in cui entrò dopo aver attraversato il confine con il Pakistan per trascorrervi diversi mesi in abiti tradizionali insieme ai mujaheddin in conflitto contro l’avanzata russa.
Un reportage che gli valse il premio “Robert Capa” Gold Medal for Best Photographic Reporting from Abroad, ambito riconoscimento assegnato a fotografi distintisi per l’eccezionale coraggio e per le loro imprese. Quelle immagini furono tra le prime a mostrare il conflitto al mondo intero.
L’esposizione si sviluppa tra immagini di guerra e di poesia, di sofferenza e di gioia, di stupore e di ironia. Il visitatore seguirà idealmente McCurry nei suoi instancabili viaggi in giro per il mondo attraverso India, Birmania, Giappone, Africa fino al Brasile.
Il ritratto delle ragazza afgana Sharbat Gula
Il “Ritratto della ragazza afgana”, è forse la fotografia più famosa di Steve McCurry. L’istantanea venne scattata in Pakistan, vicino Peshawar e pubblicata, per la prima volta, nel 1985.
L’immagine che McCurry scattò alla giovane ragazza, molti anni prima di conoscere il suo nome, è diventata simbolo della tragedia dell’Afghanistan e della dignità con cui il suo popolo ha affrontato la guerra e l’esilio.
Un’immagine catturata in uno dei luoghi più inospitali della terra, ovvero uno spazio per i rifugiati.
Rappresentando questo luogo di dolore, McCurry ha voluto sensibilizzare i lettori nei confronti delle atrocità che vi si commettono e delle condizioni precarie in cui versa una parte dell’umanità.
Molti anni dopo nel gennaio 2002 McCurry è riuscito a rintracciarla, a fotografarla nuovamente a distanza di 17 anni e a darle finalmente un nome: Sharbat Gula. La seconda foto fu poi pubblicata sul National Geographic con il titolo “Found”.
Steve McCurry: una vita per la fotografia
Nato nei sobborghi di Philadelphia, Steve McCurry studia cinema e storia alla Pennsylvania State University. Dopo molti anni come freelance, compie un viaggio in India.
Con poco più di uno zaino per i vestiti e un altro per i rullini, si apre la strada nel paese, esplorandolo con la sua macchina fotografica. Dopo molti mesi di viaggio, si ritrova a passare il confine con il Pakistan.
Là, incontra un gruppo di rifugiati dell’Afghanistan, che gli permettono di entrare clandestinamente nel loro paese.
Da allora, McCurry ha continuato a scattare fotografie mozzafiato in tutti i sei continenti.
I suoi lavori raccontano di conflitti, di culture che stanno scomparendo, di tradizioni antiche e di culture contemporanee, ma sempre mantenendo al centro l’elemento umano.
McCurry è stato insignito di alcuni tra i più importanti premi della fotografia, inclusa la Robert Capa Gold Medal, il premio della National Press Photographers e per quattro volte ha ricevuto il primo premio del concorso World Press Photo.