Il Sindacato nazionale giornalisti cinematografici conferisce il Premio Pietro Bianchi a Stefania Sandrelli
Continua a stupire e a far innamorare il pubblico l’attrice viareggina Stefania Sandrelli, una delle più grandi interpreti italiane, che ha festeggiato il suoi sessant’anni di carriera nel cinema italiano (iniziata nel 1961 con il film Il Federale, di Luciano Salce) musa di Pietro Germi, Antonio Pietrangeli, Bernardo Bertolucci, Ettore Scola, solo per citare i principali registi con i quali ha lavorato. In una forma smagliante e in un etereo abito bianco, Stefania Sandrelli è stata protagonista, anche quest’anno del Festival di Venezia, dove è stata ospite più volte e dove ha ricevuto nel 2005 il Leone d’Oro alla carriera.
Mercoledì 7 settembre le è stato conferito il Premio Pietro Bianchi, attribuito ogni anno, da 45 edizioni, dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani – presieduto da Laura Delli Colli, presente alla premiazione insieme al direttore del festival, Alberto Barbera – l’organismo della federazione della stampa che raccoglie le principali firme del cinema in Italia e che attribuisce anche il prestigioso premio I Nastri d’Argento. Sono sette i Nastri che hanno premiato il lavoro della Sandrelli, insieme ad un Nastro speciale alla carriera.
Nato nel 1977 in collaborazione con la Biennale, il riconoscimento “Premio Pietro Bianchi” viene assegnato dai Giornalisti Cinematografici Italiani d’intesa con la Mostra del Cinema; a riceverlo sono stati i più rappresentativi esponenti del più grande cinema italiano: da Mario Soldati – il primo ad essere stato premiato – a Zavattini, Blasetti, Castellani, Zampa, Lattuada, Monicelli, Comencini, De Santis, Rosi, Risi, Scola, Paolo e Vittorio Taviani, Magni, Lizzani, Bertolucci, Antonioni. E poi ancora comunicatori, direttori della fotografia, tecnici e altri nomi noti del cinema, tra i quali pochissimi attori, come Sophia Loren e Alberto Sordi, Claudia Cardinale e Virna Lisi, Carlo Verdone, Michele Placido, Dominique Sanda – premiata lo scorso anno – fino all’attuale edizione, dedicata a colei che nel cinema italiano è stata “sedotta e abbandonata”, amata, ammirata, desiderata, acclamata per il suo talento e la sua ironia, tutta toscana.
Al festival di Venezia, Stefania Sandrelli presenta il film “Acqua e anice”, opera prima di Corrado Ceron
Al festival di Venezia 79 Stefania Sandrelli è intervenuta inoltre per presentare, giovedì 8 settembre, in un evento speciale a Le Giornate degli Autori, il film, che la vede protagonista, Acqua e anice. Nonostante la sua esperienza e il suo essere all’apice della cinematografia nazionale, Stefania Sandrelli ha accettato di nuovo una sfida: partecipare ad un’opera prima, di Corrado Ceron, scritta insieme a Federico Fava, con la collaborazione di Valentina Zanella.
Il film, pur essendo un “road movie da balera”, va a toccare un argomento molto delicato e attuale: il diritto all’eutanasia, a scegliere quando e in che modo porre termine alla propria esistenza. Lo spunto narrativo è molto divertente e insolito: Olimpia (Stefania Sandrelli) è una ormai anziana leggenda del liscio, che ha battuto locali e le feste con la sua band “I capricci di Olimpia”, che a settant’anni suonati decide di rimettere in strada il furgone: non si tratta dell’ennesima tournée, ma di un viaggio per andare a trovare le persone che l’hanno amata, nei luoghi che l’hanno resa una star e in qualche modo rimettere a posto i conti in sospeso con il passato. Ad accompagnarla Maria, una giovane donna (la bravissima Silvia D’Amico) timida e impacciata che, sebbene non giovanissima, ancora non sa come approcciarsi con l’amore.
Alla domanda se sentisse suo l’argomento, Stefania Sandrelli ha risposto di aver partecipato al film con convinzione: “Sono quarant’anni che in Italia aspettiamo una legge che consenta finalmente l’eutanasia, cosa che tra l’altro, viene già nei fatti praticata, come ho constatato da una esperienza personale. Si parla tanto di qualità della vita, ma bisognerebbe parlare anche di qualità della morte”.
L’attrice toscana, pluripremiata, affronta nel film il tema dell’eutanasia
Non è la prima volta che Stefania Sandrelli interpreta una donna che si avvia all’ultimo viaggio: ne La prima cosa bella, di Virzì, memorabile la sua interpretazione di una donna vitale e ribelle fino all’ultimo, che dà addio ai suoi figli, al marito (appena sposato) e a tutti i suoi parenti, sempre con il sorriso sulle labbra e uno sguardo d’amore per tutti.
Ha sentito questo personaggio simile ha quello interpretato per Virzì – le è stato chiesto -. “In qualche modo sì… che volete, non è la prima volta che interpreto una donna che si avvicina alla morte… l’età è quella che è (ride n.d.r.). Ma il personaggio che ho interpretato per Virzì era più materno, lo sentivo più vicino a me. In questo nuovo film invece, mi sono dovuta calare in una ex star delle balere, cosa che ovviamente non sono. Però è una donna che mi somiglia, piena di vita, di vestiti e parrucche, forte e libera”.
“Il film è un viaggio di addio e un percorso di iniziazione, inno alla vita e alla libertà di scelta”– ha dichiarato il regista del film, che sarà nelle sale italiane a fine settembre -. “Acqua e anice alterna ironia e commozione cogliendo gli aspetti più profondi e divertenti di queste due donne in viaggio, cercando un equilibrio tra il tono dissacratorio e scanzonato della commedia e quello più malinconico del dramma. La cinepresa è incollata a Olimpia, ridiamo e piangiamo con lei, vediamo le sue allucinazioni, confondiamo passato e presente, proprio come lei. Il film è il mio omaggio a una donna che ha avuto il coraggio di fare una scelta radicale, andandosene via col suo stile inconfondibile”