Una palla infuocata dove qualcosa si muove, gli scienziati che per primi hanno avuto quelle foto sotto gli occhi li hanno definiti “piccoli fuochi”. E sono una scoperta incredibile, perché ci permetteranno di capire e approfondire tutti i meccanismi del Sole.
Quelle che vedete sono foto della corona solare. È la prima volta nella storia che vengono fermati dettagli così ravvicinati dello strato più esterno dell’atmosfera solare visibile dalla terra solo durante le eclissi solari.
A renderlo possibile è il telescopio Metis, uno strumento montato sulla sonda interplanetaria Solar Orbiter e che porta la firma anche dell’Università di Firenze.
La sonda è stata lanciata nello spazio a caccia dei suoi segreti del Sole lo scorso 10 febbraio e nel team di scienziati, parte della missione, c’è anche Marco Romoli, docente di Astrofisica dell’Ateneo fiorentino e associato dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Romoli è il coordinatore di Metis, il cui compito è proprio osservare la corona.
Frutto di una collaborazione internazionale tra l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e la NASA, alla missione spaziale partecipano dodici stati membri dell’ESA, fra cui appunto l’Italia, che ha contribuito allo sviluppo di tre dei dieci strumenti scientifici a bordo della sonda. Oltre a Università di Firenze e INAF, fanno parte del team l’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali e l’Università di Genova; le aziende Leonardo, TAS e OHB sono state coinvolte per la fornitura di componenti.
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— ESA’s Solar Orbiter (@ESASolarOrbiter) July 16, 2020
Durante il suo perielio – il punto in cui l’orbita ellittica della navetta spaziale è più vicina al Sole – la sonda si è avvicinata fino a 77 milioni di chilometri dalla superficie della Stella. Oltre missioni avevano portato sonde a distanze più ravvicinate, ma mai prima d’ora era stato possibile realizzare immagini così ravvicinante del Sole.
La corona solare ha una temperatura 200 volte superiore a quella della superficie, servono strumentazioni altamente sofisticate per poter immortalarne i dettagli e cogliere ciò che sulla corona avviene. Se è stato possibile è stato merito anche dell’eccellenza dell’ateneo fiorentino.
A fine 2021 Solar Orbiter raggiungerà la distanza di 42 chilometri dalla superficie solare.
Una spedizione che resterà sicuramente nella storia sia perché sarà fondamentale per studiare la Stella e ciò che in essa accade ma anche per le modalità con cui è stata gestita a causa del Covid: poche settimane dopo il lancio che si è tenuto in Florida, nel bel mezzo della pandemia, scienziati e ingegneri non hanno potuto più frequentare il Centro operativo spaziale europeo che si trova in Germania, e sono stati costretti a far ritorno nelle rispettive case e a seguire l’evoluzione della missione e la messa a punto della strumentazione scientifica a distanza, coordinandosi con il personale tedesco, unico che poteva entrare contingentato nel Centro: “Pur nella difficoltà di riorganizzare il lavoro e di coordinarci a distanza – ha commentato Romoli -siamo stati in grado di completare con successo le attività”.