Due temi delle scuole elementari tengono stretti nella memoria i sogni realizzati. La carta trattiene poche parole, chiare, determinate e un disegno, simbolo di quel desiderio che già si avvia a prendere forma dietro il tratto di una matita o di un pennarello. Quello è stato il primo segno di una volontà che ha portato avanti, fino a compimento, l’ex attaccante della nazionale di calcio femminile Silvia Fuselli, oggi vignaiola a Bolgheri.
“Da grande voglio fare la calciatrice”, c’era scritto in uno dei due temi dove campeggiava l’immagine della Coppa della Champions League e nell’altro predominava un “voglio fare la contadina”. Sulla carta Silvia si era poi autoritratta mentre concimava, a mano, un campo di spinaci.
Eccole quelle anime già così delineate, naturalmente. E quel carattere, quell’energia che hanno consentito a Silvia di cogliere i suoi traguardi, nel calcio prima e nel vino, oggi.
Camminiamo tra i filari di vite. Di fronte svettano orgogliosi verdi campi di basilico, sono loro a raccontare le origini dei Fuselli, agricoltori marchigiani emigrati in Toscana. “Credo che mio padre sia rimasto uno degli ultimi tre storici agricoltori della zona e noi vorremmo conservare questa doppia dimensione, quella agricola con la produzione di ortaggi e la vitivinicola. In fondo la prima è quella che ci dà il cibo, che ci consente di vivere”.
Gli occhi guardano lontano, quasi a intravedere i movimenti sul campo, come quando giocava. L’intuizione, il guizzo, la capacità di intercettare i segnali, per poi correre dritta all’obiettivo. Silvia quel segnale l’ha preso di petto nel 2014.
Quando mio padre ha impiantato il primo vigneto ho capito che quello era il momento per realizzare il mio sogno di contadina
“La svolta è stata quando mio padre ha impiantato il primo vigneto ed ha chiesto a me e mia sorella se volevamo occuparci di questo progetto. Io ero al termine della mia carriera ed ho capito che quello poteva essere il momento per poter finalmente realizzare l’altro mio sogno, quello di fare la contadina”.
Ed ecco che nascono le tre etichette de “Le Vigne di Silvia”, un Vermentino Doc Bolgheri in purezza e due rossi: un Cabernet Sauvignon e un Cabernet Franc in purezza.
“Una scelta ben definita su tre monovarietali che rappresentano il mio modo di essere. Nel vino come nella vita non ci sono mezze misure: si va avanti e si fa con quel che si ha per esprimere al massimo il vitigno”.
La vita, il vino, il calcio. Per Silvia non sono mondi separati, tutt’altro. Tutto scorre nella stessa direzione, trovando straordinari punti d’incontro. Sono tappe, sfide, gare, percorsi che fanno parte di un cammino, come un albero dal tronco solido che si propaga di rami fertili. Intersezioni nuove. Così tutto racconta della vita di Silvia e della sua famiglia.
Giochessa? E’ una finta, una giocata estrosa, ho pensato che fosse il nome ideale per il mio Vermentino
Come il mio “Vermentino”, interviene lei. “L’ho chiamato Giochessa. Nella nostra zona e nel fiorentino utilizziamo questo termine anche in gergo calcistico. Una giochessa è una finta, una giocata estrosa ed ho pensato che fosse il nome ideale. La grafica l’ha realizzata una calciatrice del Milan. Quella al centro è la mia immagine stilizzata mentre calcio”.
Per Silvia non c’è un inizio e fine nelle cose, c’è piuttosto un moto continuo, un flusso di energia che tutto travolge e amalgama, con armonia. Il calcio è ancora là, anche dopo aver appeso le scarpette al chiodo, anche con un patentino per allenare i professionisti in Serie A ma che tiene in un cassetto, per adesso. L’energia della passione oggi la spinge verso le sue vigne.
Bisogna lavorare non sul risultato ma in funzione del miglioramento, poi i risultati sono una conseguenza
“Ciò che ho portato del calcio in questo nuovo lavoro è l’approccio. Bisogna lavorare non sul risultato ma in funzione del miglioramento perché se si lavora su se stessi, se si impara e ci si forma poi i risultati sono una conseguenza. In vigna ogni anno si ricomincia daccapo, come un campionato, un percorso lungo ma affascinante”.
Ed eccola la mentalità della campionessa che si sfida, ogni giorno. “A Bolgheri è come essere in nazionale. Serve l’ambizione per fare sempre meglio. Vivo con orgoglio il fatto di produrre vino qui ma bisogna essere all’altezza. Dobbiamo lavorare in maniera precisa e con dedizione, cercando di migliorarsi, sempre”.
Poi c’è il rispetto di questa terra materna accarezzata perennemente dalla brezza marina. Terra bagnata di luce. Silvia indica i campi, le colline in lontananza. “Ogni volta che mi sveglio la mattina mi emoziona vedere questo paesaggio, bisogna prendersene cura. Così abbiamo scelto di produrre con il metodo biologico, alla base c’è il rispetto del territorio, della natura”.
Ma i progetti non finiscono qui. Oggi l’obiettivo è quello di costruire una cantina che consenta alle sorelle Fuselli di essere autonome nella produzione. “Per il momento ci stanno aiutando i nostri cugini”, racconta Silvia che poi torna a parlare del bolgherese. “Vorremmo sviluppare l’accoglienza per far conoscere l’azienda e il territorio, permettere alle persone che vengono da noi di degustare e di soffermarsi”.
Soffermarsi. La sottolinea bene questa parola l’ex calciatrice. Soffermarsi per vivere completamente gli istanti, per dilatarne il tempo. Rendere eterno un calice di vino, una passeggiata al tramonto tra le vigne. Soffermarsi per respirare quest’aria salata o per lasciare agli occhi il tempo di memorizzare un frammento di ricordo, per tenerlo stretto nella valigia della vita.
Si chiama conservazione e serve per andare avanti, innovando con solide radici. E’ quello che fa Silvia, da contadina, da giovane donna, da professionista del mondo del calcio che conosce il valore dello studio del passato, che conosce la grandezza della sintesi, la fatica di raggiungere un traguardo tappa dopo tappa, con i piccoli passi e poi con le volate verso la porta che lasciano tutti a bocca aperta.
Abbiamo impiantato il Verdicchio, vedremo cosa saprà dare a Bolgheri
Sarà così anche per la nuova “sperimentazione” di casa Fuselli? “In onore delle origini marchigiane due anni fa abbiamo impiantato qualche fila di Verdicchio, un vitigno che amiamo. Ancora non abbiamo deciso se lo vinificheremo in purezza o se lo utilizzeremo per complessare ancor di più il nostro Vermentino che fa un passaggio in legno. Unirci il Verdicchio potrebbe dargli ancor più longevità. Entrerà in produzione quest’anno, vedremo cosa saprà dare a Bolgheri”.
Quel che è certo è cosa Silvia Fuselli stia dando a Bolgheri. La passione di una donna che conosce bene come si ottengono i successi, che conosce l’importanza di farsi trovare preparati ad una partita. Una giovane contadina che conosce il valore del lavoro che si costruisce sul campo, metro dopo metro. In bacheca oggi non ci sono i trofei calcistici. Silvia espone i suoi vini. Artemio, Itinerante e Giochessa, il suo più grande traguardo sulla strada di Bolgheri.