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Servizi socio-sanitari, la Regione vara la riforma in Toscana

Tre i pilastri della nuova assistenza: centrali operative territoriali, case e ospedali di comunità. Presidente ed assessori: “Migliorerà la capacità di risposta ai bisogni dei cittadini”

Sanità, beessere, medicina, salute - © Monster Ztudio

Tre i pilastri della nuova assistenza socio-sanitaria territoriale: case di comunità, ospedali di comunità e centrali operative territoriali. La riforma andrà a regime entro i prossimi tre anni. Va oltre la semplice riorganizzazione dei sistemi sanitari, socio-sanitari e sociali la delibera approvata dalla Regione Toscana.

Nel recepire il Dm 77, come sottolineato dal presidente, Eugenio Gianila Toscana non si è limitata ad un semplice adempimento burocratico e ci ha aggiunto un pensiero ed un programma”. Il risultato – sottolineano presidente ed assessori – è un sistema che migliorerà la capacità di risposta ai bisogni dei cittadini.

Eugenio Giani

I punti chiave della riforma

Si punta sull’integrazione e il potenziamento delle cure domiciliari, sullo sviluppo della sanità di iniziativa (ovvero percorsi di prevenzione per gestire meglio le malattie croniche) e sulla presa in carico sul territorio. Un ruolo importante l’avranno l’innovazione e i servizi digitalizzati, la telemedicina e il telemonitoraggio.

Un modo per ridurre gli accessi impropri nei pronto soccorsi.

Questa riorganizzazione – evidenzia l’assessore alla sanità, Simone Bezzinimette in campo un progetto toscano che costruisce nuovi pezzi di welfare e stato sociale nella nostre regione”. La Toscana è stata spesso all’avanguardia nella sanità territoriale: “dalle case della salute all’infermiere di comunità e di famiglia, tanto per fare qualche esempio. Abbiamo fatto tesoro di quanto realizzato ed andiamo ancora avanti” aggiunge Bezzini.

Sanità, una risposta integrata

[/mark]Centralità dei territori, servizi di prossimità e case di comunità[/mark] per dare una risposta sempre più integrata ai bisogni di salute e di protezione sociale delle persone, soprattutto in un momento difficile come quello che stiamo vivendo.

La capacità di fare rete sul territorio e di lavorare in maniera sinergica tra le diverse professionalità e i vari servizi coinvolti, con le amministrazioni locali e il terzo settore sarà decisiva per rispondere a bisogni sempre più complessi, riconoscere i diritti, generare opportunità di inclusione sociale e qualificare così un rinnovato modello toscano di integrazione sociosanitaria e socioassistenziale” prosegue l’assessora ai servizi sociali Serena Spinelli.

Le centrali operative territoriali

Ma cosa cambierà in pratica dopo la riforma? Il cittadino continuerà ad accedere al sistema attraverso il 116117 (il numero unico per cure non urgenti). La novità è costituita dalle centrali operative territoriali: un medico e cinque infermieri in servizio in ognuna, aperte dodici ore al giorno per sei giorni alla settimana, una a turno anche la notte e la domenica.

Funzioneranno in back-office come una sorta di cabina di regia smistando percorsi e bisogni in base alle esigenze del cittadino: non solo in uscita dagli ospedali come oggi fanno le Acot, ma anche in entrata, dai territori agli ospedali od anche tra i vari servizi del territorio.

Il ruolo delle case di comunità

Nasceranno con la riforma le case di comunità, da 70 a 77 in tutta la regione, per specialisti di base, medici di famiglia, pediatri, infermieri di comunità e assistenti sociali. Offriranno assistenza in raccordo con la rete ospedaliera.

Un sistema a rete, con il soccorso delle Uca – evoluzione delle unità mobili di distretto Usca tenute a battesimo durante la fase più acuta della pandemia – che offriranno aiuto ad esempio nel caso di emergenze organizzative o di focolaio, attivabili dai medici di famiglia.

I compiti degli ospedali di comunità

Nasceranno anche gli ospedali di comunità per le cure intermedie di persone fragili o anziane o con patologie croniche che necessitano di interventi a bassa intensità, se non trattabili a domicilio.  Ci sarà almeno un ospedale di comunità in ogni zona distretto o per società della salute, con circa venti posti letto ogni 50 mila abitanti.

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