La mano bionica che consente ai pazienti anche di far percepire al tatto consistenza, forma degli oggetti, posizione e dimensioni, senza utilizzare la vista è stata sperimentata in Italia ed è comparabile a una mano naturale perché stimola le sensazioni attraverso i nervi residui del moncherino.
A testimoniarne la validità sono i risultati del progetto pubblicati sulla rivista Science Robotics, dopo dieci anni di ricerca scientifica del gruppo di lavoro coordinato dal professor Silvestro Micera, docente di Bioingegneria presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e presso l’Ecole Polytechnique Federale di Losanna e dal professor Paolo Maria Rossini, direttore dell’Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica sede di Roma.
Fino ad oggi l’eccessiva dipendenza dalla vista da parte dei pazienti, dovuta all’assenza di un feedback sensoriale è un problema che contribuisce alla difficoltà di sentire la mano bionica come parte integrante del proprio corpo e quindi alla mancanza di naturalezza nell’utilizzarla. Recentemente però diversi gruppi di ricercatori sono riusciti a fornire un feedback tattile (ovvero la sensazione del tatto, ad esempio quando sfiori o afferri un oggetto) ai pazienti amputati utilizzando diversi approcci, migliorando nei pazienti sia l’utilizzo sia la sensazione di ‘appartenenza’ delle protesi al proprio corpo.
“Nel nostro studio – spiega il professor Silvestro Micera – abbiamo dimostrato che la sostituzione sensoriale basata sulla ‘stimolazione intraneurale’ è in grado di fornire un feedback propriocettivo in tempo reale e in combinazione con un feedback tattile sensoriale. Il cervello riesce facilmente a combinare le informazioni in maniera efficace ed i pazienti riescono ad utilizzarle in tempo reale con ottime prestazioni”.Con questa stimolazione il paziente, dopo un apposito training, impara progressivamente a tradurre questi impulsi in sensazioni di natura tattile. Questo approccio ha permesso a due soggetti amputati di riguadagnare un’elevata ‘acuità propriocettiva’, con risultati paragonabili a quelli ottenuti in soggetti sani.
Questi studi aprono dunque alla realizzazione di arti bionici in grado di dare al paziente informazioni che giungono dal mondo esterno e contemporaneamente di reagire in risposta agli stimoli ricevuti (protesi bidirezionali), e in grado di trasmettere sensazioni più ricche e comparabili a quelle percepite da un arto in carne ed ossa.