Esistono parole adatte per parlare della morte? Chi ha dovuto dire addio a una persona che amava sa quanto è difficile parlarne. Francesco Perissi ha deciso di fare un viaggio in Svezia, per allontanarsi da tutto e da tutti. In quella splendida terra è riuscito a mettere a fuoco quello che gli è capitato e a lasciare che al posto delle parole parlasse per lui la musica.
É nato così ‘ROSSANA’ un concept album avant-pop elettronico sull’elaborazione del lutto. Il disco ripercorre le cinque fasi progressive, prese in prestito dalla psichiatra svizzera Elisabeth Kübler-Ross, che descrivono il superamento di un evento traumatico: negazione, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione. In ROSSANA ogni fase è restituita nelle sue sensazioni da due brani, per un totale quindi di dieci brani, con l’idea di una dimensione “catartica” della musica che, in questo caso, si muove tra avanguardia dei sentimenti, forma-canzone dark pop, IDM e minimalismo.
Il primo album di Perissi Near Death Experience, autoprodotto nel 2014, si riferiva alle esperienze pre-morte raggiunte tramite sostanze psicoattive. Il successivo EP NDEr – Near Death Experience Reflections, pubblicato da Blame Records nel 2019, ripercorreva con sguardo riflessivo le stesse tracce di Near Death Experience, aggiungendovi per la prima volta parole e linee canore. ‘ROSSANA’ invece è un disco che per Perissi è stato una vera e propria ‘terapia sonora’ che ha prodotto una musica ottenuta dalla fusione di potenza ed eleganza.
Ecco la nostra intervista.
Ciao Francesco! Il tuo disco mi ha ricordato i Nin Inch Nails, penso che a Trent Reznor piacerebbe molto… Mi ha colpito il tema che affronti, in pochi scelgono di parlare della morte nei loro dischi. Chi è Rossana?
Non te lo dico per scelta personale, è una persona molto vicina a me che se n’è andata quando ero piccolo.
Il mio lavoro negli ultimi anni è stato quello di rendermi conto che ognuno ha i suoi dubbi e le sue perdite. Ho capito che anche se siamo tutti diversi, abbiamo tutti qualcosa in comune
La morte è un evento con cui tutti prima o poi devono fare i conti, innesta grandi cambiamenti, in un certo senso è un ‘privilegio’ aver passato questa esperienza
Hai centrato assolutamente il punto. Prima o poi tutti ci facciamo i conti a età diverse. É un’esperienza che io ho vissuto quando ero piccolo e a volte mi chiedo se la decisione di fare musica o comunque di lavorare in un mondo creativo sia nata per questo. Il disco per me è stato ‘catartico’, ho reso ‘oggetto’ questo dolore infinito nel tentativo di liberarmene. Detto questo penso che a qualsiasi età succeda sia un dolore enorme, una parte di te stesso che viene annientata e che te nel tempo leccandoti le ferite devi ritrovare. Sono cose che ti segnano e ti fanno crescere, niente è eterno. Il dolore è una cosa soggettiva, la mia vita è stata segnata dal sentirmi diverso e più sensibile rispetto agli altri. Il mio lavoro negli ultimi anni è stato quello di rendermi conto che ognuno ha i suoi dubbi e le sue perdite. Ho capito che anche se siamo tutti diversi, abbiamo tutti qualcosa in comune e quindi anche metterlo in musica per me è lanciare un messaggio e vedere se viene recepito.
Nel tuo disco analizzi tutte le fasi del lutto: negazione, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione. Devo dire che la mia canzone preferita è proprio quella che riguarda la ‘rabbia’ F**k (anger), come e quando hai scritto ROSSANA?
Ho fatto un viaggio in Svezia che per me è stato importantissimo per la scrittura del disco, perchè venivo da ambienti ‘accademici’. Ero immerso nell’ambiente del conservatorio e a un certo punto avevo perso la condizione reale di me stesso, stavo dietro a stimoli esterni che mi venivano continuamente rimandati e subivo anche una certa pressione. Mi ero dimenticato chi ero io, cosa volevo veramente, perchè mi piace fare musica. Andare in Svezia dove ero completamente libero in quei panorami incredibili è stato un modo di riprendere in mano me stesso e la mia vita. Sono appassionato di psicologia e un’altra cosa che sapevo di interessante è che se ti scrivi su un muro degli obiettivi da raggiungere in un periodo specifico questo ti aiuta nei momenti in cui ti senti più ‘perso’ e cerchi un appiglio, anche razionale. É quello che ho fatto io in Svezia, mi sono segnato tutto quello che mi veniva in mente e questo è il testo della canzone F**k.
Come ti sei avvicinato alla musica elettronica?
Suonavo la chitarra in una band post-metal di Firenze. Poi mi ero talmente annoiato del genere che nel 2013 ho deciso di iscrivermi al corso di musica elettronica al conservatorio. Ho lavorato anche a Tempo Reale e mi sono immerso in questo mondo fatto di sperimentazione. Mi ero stancato del mio mondo di appartenenza, mi sembrava molto ‘contenitore’ e poco ‘contenuto’, volevo fare ricerca, trovare qualcosa di diverso. In Svezia ho riunito tutti i pezzi del puzzle e li ho fatti diventare miei.
Mi sembri essere una persona che sceglie sempre la strada più difficile
Esatto, assolutamente sì.
Per esperienze personali a volte mi sembra che qualsiasi cosa faccia, qualsiasi persona incontro, la morte si sempre presente accanto a me. E’ un pensiero ricorrente di cui non riesco a liberarmi, a te capita mai?
Ti dico questo l’etichetta che produce il mio disco che mi sono costruita da solo porta il nome di mio nonno, una persona che non ho mai conosciuto. Ma anche in questo casa c’è di mezzo la morte. É sicuramente una cosa con cui faccio i conti spesso. Ma i momenti in cui non ci penso sono sicuramente i momenti migliori.
Si può dire che questo disco è stato per te un atto catartico?
Pensa solo a questo, scrivere il nome di questa persona ‘Rossana’ più volte al giorno per mesi. L’ho fatto anche poco coscientemente, la ‘botta’ mi è arrivata tutta in fondo. Per me questo disco è stato come sottopormi a un percorso interiore anche se non non razionalmente. Mi sono messo a lavorare con una materia che conosco bene come la musica entro questi confini, per me è stato un lavoro enorme. Mi sono quasi costretto a mettermi davanti allo specchio e tirare fuori le emozioni. Una parte del lavoro è concluso, adesso dovrei iniziare a suonare il disco e anche parlarne per avere feedback come sto facendo adesso con te. Non è scontato che tutti capiscano di cosa sto parlando e siano interessati. Quindi il vero ‘lavoro’ dovrebbe iniziare adesso anche se purtroppo per la situazione che stiamo vivendo, non so come e quando potrò farlo.