È considerato uno dei capolavori della produzione orafa senese del XIV secolo, oggetto di intensa devozione popolare, su cui sono state raffigurate con preziosi smalti traslucidi le scene di vita del Santo e della sua celebre spada dal così detto Maestro di Frosini.
Stiamo parlando del Reliquiario di San Galgano protagonista di una mostra dal primo marzo al 5 novembre nella Cripta del Duomo a cura del Museo dell’Opera del Duomo di Siena che racconta la sua incredibile e rocambolesca storia.
Il Reliquiario fu infatti oggetto di un furto clamoroso, nel lontano 1989, dal Museo del Seminario Arcivescovile di Siena, durante il quale furono rubati anche una croce astile, due pissidi e cinque calici d’oro.
Più di trent’anni dopo è stato recuperato grazie al Comando dei Carabinieri, Tutela Patrimonio Culturale.
In occasione della mostra a Siena “Dalla Spada alla Croce. Il reliquiario di San Galgano restaurato” il prezioso oggetto ha subito un delicato intervento di restauro durato per più di sei mesi, condotto dai laboratori dei Musei vaticani che ha permesso di restituire al reliquiario la sua bellezza artistica, risanata dai danneggiamenti causati dal furto e dalle cattive condizioni conservative degli ultimi 32 anni.
L’esposizione restituisce alla collettività senese e ai molti visitatori della Cattedrale una significativa testimonianza dell’identità culturale, artistica e spirituale della città.
Il furto e il ritrovamento del Reliquiario di San Galgano
Nella notte tra il 10 e l’11 luglio 1989 si verificò un furto presso il Museo Diocesano dell’Arcidiocesi di Siena, all’epoca allestito nei locali adiacenti al Pontificio Seminario Regionale “Pio XII”, in località Montarioso, nel Comune di Monteriggioni.
Furono prelevati con dolo oggetti preziosi di oreficeria medievale e barocca, fra i quali il celebre reliquiario proveniente dall’antica Abbazia di San Galgano e già conservato nella Parrocchia di Frosini nel Comune di Chiusdino.
Oltre al valore storico e artistico degli oggetti sacri, fu una dolorosa ferita per la Chiesa senese, che veniva mutilata e deturpata nella sua memoria spirituale.
Il 22 gennaio 2020 il Comando dei Carabinieri, Tutela Patrimonio Culturale ha riconsegnato in custodia all’Arcidiocesi dieci degli undici pezzi trafugati dal Museo Diocesano, dopo averli rinvenuti sul mercato antiquario. L’unico pezzo non ritrovato è un seicentesco calice in argento proveniente dalla chiesa della Certosa di Maggiano in Siena.
Il restauro del Reliquiario di San Galgano
L’accurato intervento condotto dal Laboratorio di Restauro Metalli e Ceramiche dei Musei Vaticani sulle oreficerie presenti in mostra ha comportato una campagna di indagini scientifiche che hanno supportato le scelte metodologiche dell’intervento.
Numerosi i danni subiti dal Reliquiario in seguito al furto. Fra questi i più evidenti erano la frattura del fusto dal piede, le deformazioni delle guglie e la perdita del primo rocchetto esagonale in smalto di giunzione con il piede, ricostruito attraverso una scansione da un’immagine di archivio.
Altri piccoli elementi mancanti sono stati realizzati in resina con stampante 3D. Le facce del recto e del verso, decorate con smalti, sono state pulite e consolidate ed infine trattate con il plasma.
La croce apicale che era andata perduta, è stata riprodotta dal maestro orafo Giovanni Raspini su modello di opere coeve.
La storia di San Galgano
Secondo la tradizione, Galgano sarebbe nato nel borgo senese di Chiusdino.
Cavaliere appartenente alla piccola nobiltà locale, si convertì alla vita ascetica ed eremitica dopo le visioni dell’Arcangelo Michele, come rappresentato nelle sei scene del Reliquiario.
Scelse la vita monastica nell’Eremo di Montesiepi, da lui edificato su una collina vicina al luogo dove sarebbe poi sorta l’Abbazia di San Galgano.
Morì, secondo le fonti, il 30 novembre 1181. Appena quattro anni dopo fu convocata una commissione di inchiesta, che indusse Papa Lucio III a proclamarlo Santo nel 1185.
A Galgano è attribuito nella sua rappresentazione iconografica, il celebre segno della spada conficcata nella roccia che diventa una croce davanti alla quale inginocchiarsi e pregare.