Francesca Morello, in arte R.Y.F. (acronimo che sta per Restless Yellow Flowers cioè “Fiori gialli inquieti” citazione di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov) sarà in concerto venerdì 15 luglio al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato.
R.Y.F. presenterà l’album acclamato dalla critica Everything Burns, nato dalla collaborazione con la celebre compagnia teatrale Motus per lo spettacolo Tutto Brucia: un mix unico di elettronica e punk rock al servizio degli ideali di sovversione queer e femminista.
Il disco è un vero e proprio pugno in faccia contro il patriarcato, l’omofobia, il razzismo, il maschilismo, la transfobia, la grassofobia e in generale tutte le discriminazioni.
La title trak ripercorre tutte le offese che sono state rivolte a R.Y.F. nel corso della sua adolescenza nella profonda provincia veneta.
“Don’t panic” è una canzone dedicata al coraggio di fare coming out, mentre “Normal is boring” è una miscela incandescente di ritmiche post-industrial, art-punk, hip hop e distorsioni.
Everything Burns è un’opera catartica e disperata con cui R.Y.F. si libera di tutte le sue più grandi paure e le mette al servizio degli altri. Il disco è dedicato a tutti quelli o quelle che si sentono a disagio in una società che ci vorrebbe tutti uguali, etero, bianchi, cisgender.
Oltre al concerto a Prato il 15 luglio R.Y.F. aprirà il concerto degli Skunk Anansie il 29 giugno al Rock in Roma, il 30 allo Sherwood Festival a Padova e il primo luglio al Flower Festival a Collegno (Torino).
Inoltre R.Y.F. sarà in concerto in solo il 3 luglio al Concentrico Festival a Carpi (Modena), il 9 al Rural Pride di Bologna, il 25 al Bar India a Roma, il 26 all’Hana Bi di Marina di Ravenna e il 10 agosto a Montesansavino in provincia di Arezzo.
Ecco la nostra intervista
Ciao Francesca quando hai iniziato a suonare? Quando hai preso in mano la chitarra per la prima volta?
A 15 anni sono andata a fare una vacanza studio e i poveri disperati ventenni che dovevano badare a noi quindicenni avevano organizzato una sorta di corso di chitarra ed era la prima volta che toccavo uno strumento musicale. Mi hanno insegnato 4 accordi e la cosa mi ha interessato subito. Per il mio compleanno che è in autunno mio nonno mi ha regalato la mia prima chitarra, una fender acustica. Ho cominciato a imparare un po’ di accordi da sola poi ho preso qualche lezione anche se mi sembravano noiose. A un certo punto mi stava stretto anche suonare canzoni di altri e ho iniziato a scrivere i primi pezzi. Quando avevo 17 anni nella mia scuola hanno indetto una giornata dello studente in cui chiunque poteva esibirsi, io ho scritto tre canzoni ed è stato il mio primo concerto. E’ stata una delle emozioni più forti che ho provato in tutta la mia vita e penso di aver deciso in quel momento che non avrei mai smesso di suonare.
Il tuo disco parte con una fortissima carica di rabbia e di energia per concludere con due ballad malinconiche e piene di disperazione che mi hanno quasi ricordato Morrissey: Muzik e Pocket Full of Ashes, come mai questa scelta?
Diciamo che questo disco è molto diverso dai miei precedenti, quelle due canzoni sono quelle che assomigliano di più al mood dei miei vecchi album. Quindi avevo due opzioni, o cominciavo con quelle per poi dare una svolta, oppure davo una sferzata iniziate per far capire che si parla sempre la stessa lingua ma in modo diverso rispetto a prima, soprattutto per quanto riguarda la parte musicale. Mi piaceva l’idea di dare questo “punch in the face” subito all’inizio per far capire l’andazzo del nuovo disco, mi è sembrata la scelta migliore.
Quest’intervista accade in un momento storico abbastanza angosciante in cui come saprai la Suprema Corte degli Stati Uniti ha abolito la sentenza Roe versus Wade sul diritto all’aborto. Parlando più in generale mi sembra che sia in atto una rivoluzione dei corpi “diversi” che si cerca in ogni modo di mettere a tacere. Come mai secondo te fa così paura la diversità?
Sarebbe bello saperlo, purtroppo non so bene cosa si installi nella mente di chi ha paura. La paura è un grande freno, ti fa diventare ostile e aggressivo quando non riesci a gestirla. Il problema di base è che non c’è ascolto, se solo le persone invece di fermarsi alla superficie ascoltassero cosa le “persone diverse” hanno da dire. Negli ultimi anni noto che c’è una controtendenza di chiusura piuttosto che apertura verso l’altro e questo è estremamente controproducente. Io credo che i giovanissimi siano molto attenti all’ascolto dei propri coetanei e aperti alle diversità in generale, si battono tutti insieme per la stessa causa. Non è strano per un adolescente di adesso passare da avere la ragazza ad avere il ragazzo e viceversa. Temo che ci siano anche adolescenti molto chiusi, dipende dai contesti familiari in cui sono cresciuti. Il problema però sono le persone della mia età, dai trent’anni in sù.
Com’è nata la collaborazione coi Motus che hanno partecipato insieme a Silvia Calderoni al video di “Cassandra”?
Cassandra è uno dei pezzi che faccio anche nello spettacolo “Tutto brucia”, insieme a Pocket full of ashes, queste due canzoni sono nate dall’improvvisazione con Silvia mentre stavamo facendo delle prove durante una residenza. Quindi ho chiesto se potevamo fare il video tutti insieme e loro hanno accettato con entusiasmo. Il disco è strettamente legato allo spettacolo, sono nati quasi in contemporanea anche se l’ho registrato prima. Eravamo in piena pandemia nel 2020 e questa esperienza mi ha svoltato la vita, i Motus mi hanno dato un sacco di opportunità, mi hanno messo alla prova e io ho accetto entrambe le sfide mettendo il piede sull’acceleratore.
In Everything Burns tu citi molte offese che hai ricevuto durante la tua infanzia che è stata in Veneto, una regione tradizionalmente molto chiusa mentalmente. Secondo te da allora è cambiato qualcosa?
Adesso non ci sto quasi mai quindi non saprei dirti, sicuramente non si può fare di tutta l’erba un fascio, ma sicuramente il clima che si respira non è dei più accoglienti. Il Veneto è stato anche culla di tutto il movimento partigiano, ci sono state epoche migliori ma io sono nata e cresciuta in un piccolo paese e di sicuro tendenzialmente la mentalità non è aperta. Non è stato semplicissimo, mi sono sempre sentita un alieno in mezzo ad altra gente che non riusciva a capire cosa io fossi eppure ho avuto genitori molto tranquilli che non mi hanno mai obbligata a fare cose che non volessi fare. Nel mio disco precedente Shameful Tomboy ho raccontato proprio la mia esperienza di non accettazione della società nei miei confronti. Il fatto che io giocassi con He-Man dei Master of The Universe ha sconvolto la mia insegnante che era una suora, ha fatto sì che io mi sentissi sbagliata all’età di 5 anni. Spero che adesso non possano più ripetersi cose del genere, ma vedo che spesso la tendenza generale è dire “questo è da maschio, questo è da femmina”. Mi sembra molto limitante questa divisione, un bambino o una bambina deve essere libero/a di fare quello che gli pare. La mia adolescenza è stata bella tosta, è stato difficile scappare. Tante cose si innestano nella tua mente ed è difficile uscirne da soli. Sentirsi sbagliati è una cosa data dagli altri ma anche da se stessi, è per questo che in Everything Burns volevo dare voce a tante situazioni in cui le persone si possono trovare. Anche se siamo nel 2022 è difficile fare coming out e tra l’altro il coming out non riguarda semplicemente l’orientamento sessuale ma un sacco di cose. E’ difficile in questa società esporsi quando non si è conformi a quello che si pensa sia una persona “normale”.
Secondo te con la musica si può cambiare il mondo?
Bisogna che ognuno di noi faccia tutti i giorni un po’ di più per cambiarlo. Io dico sempre: quando uno canta da solo è una voce in mezzo al trambusto, quando uno canta insieme ad altre persone diventa un coro e tante voci si sentono di più che una da sola.