Giovedì 28 novembre nell’Auditorium Spadolini di palazzo del Pegaso è stato presentato il rapporto Le aree interne in Toscana: caratteristiche attuali e opportunità di sviluppo commissionato all’Istituto regionale programmazione economica della Toscana (Irpet) dalla commissione istituzionale per il sostegno, la valorizzazione e la promozione delle Aree interne della Toscana, presieduta da Marco Niccolai.
Una mattinata di riflessione e confronto che ha visto i saluti istituzionali del presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo e gli interventi del presidente della commissione Aree interne Marco Niccolai; di Nicola Sciclone, direttore di Irpet e della dirigente Sabrina Iommi; di Giacomo Santi, sindaco di Volterra e delegato Anci Toscana per le Aree interne e di Ruben Cheli direttore di Upi Toscana.
“I numeri – ha dichiarato Antonio Mazzeo il presidente del Consiglio regionale – dicono con chiarezza che sono 25anni che c’è un grande spostamento dalle aree interne ai grandi centri urbani. Per invertire questa tendenza serve tempo, però i primi risultati si vedono. Ci sono imprese che tornano a investire, cittadini che decidono di tornare a vivere in questi luoghi che sono incantevoli e tra i più belli della Toscana. A noi il compito di fornirgli le infrastrutture. I risultati della commissione che presiedevo si stanno vedendo in questa legislatura e si vedranno nella prossima. Le grandi opere come il collegamento tra l’interporto e il porto di Livorno, le grandi connessioni stradali e mi dispiace che sulla Tirrenica ancora non siamo riusciti a dare una risposta e in questo il governo si deve prendere una grande responsabilità”.
A concludere i lavori l’intervento del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani che nel suo intervento ha ricordato la proposta di legge sulla Toscana diffusa, richiamando l’importanza di questo concetto anche per le aree interne che per la regione sono importanti come i maggiori centri urbani. C’è tanto lavoro ancora da fare per risolvere le criticità, ha spiegato il presidente Giani, ma si stanno facendo passi avanti importanti grazie ai fondi europei e grazie a interventi normativi come la legge sui custodi della montagna.
Il rapporto Irpet
Il rapporto suddivide il territorio oggetto di analisi, considerando anche le cosiddette Aree Snai, che partecipano al ciclo di programmazione nazionale per le Aree interne (in Toscana sono sei: “Casentino Valtiberina”; “Garfagnana Lunigiana Media valle del Serchio Appennino Pistoiese”; “Valdarno Valdisieve Mugello Val Bisenzio”; e nella Toscana centro-meridionale, “Amiata Grossetana Amiata Val d’Orcia Colline del Fiora”; “Alta Valdera Alta Val di Cecina Colline Metallifere Val di Merse”; “Valdichiana Senese”), e quelle intermedie e riunendole in tre gruppi, “aree nord, aree sud e aree intermedie”. Nel complesso, costituiscono il 17 per cento del Pil regionale, coprono il 67 per cento del territorio e contengono un quarto della popolazione toscana.
Accomunati da una “sostanziale perifericità, si distinguono per significative differenze, sia dal punto di vista demografico che economico”. Quelle a Nord “sono più spiccatamente montane, appenniniche, però anche più vicine alle aree maggiormente urbanizzate. La posizione rispetto ai poli urbani ha un ruolo nel determinare il destino di queste aree. Sono molto boscate e presentano alcuni insediamenti produttivi di stampo prettamente manifatturiero”. Le aree a Sud sono prevalentemente più collinari e più lontane dai grandi centri abitati. “Sono scarsamente popolate e caratterizzate da un ruolo centrale dell’agricoltura, che interagisce moltissimo con lo sviluppo turistico.
Opportunità di sviluppo per filiera agroalimentare e turismo verde”. L’ultimo gruppo, quello delle aree intermedie, riguarda aree molto meno disagiate e molto popolate: il Valdarno aretino, a forte specializzazione manifatturiera; la costa e isole e l’area del Chianti, più a economia agri-turistica. “Il destino di tutte queste aree dipende da due fattori: la dotazione di capitale naturale e competenze; la posizione meno più o remota dai grandi poli urbani”.
Elemento di ottimismo è dato dal fatto che “siamo in una fase di grande cambiamento del modello di sviluppo, con un’ampia gamma di politiche di sviluppo (produzione e consumo). Le grandi transizioni – verde, digitale, demografica – aprono nuove sfide e opportunità. Sarà cruciale favorire nuove opportunità di lavoro e sostenere la creazione di piccole agglomerazioni locali (piccoli poli), in modo da garantire il maggior ritorno degli investimenti”.
Il rapporto si diffonde nell’analisi dell’accessibilità fisica e immateriale, in particolare quella digitale; la dinamica demografica, con una riduzione della popolazione che è cominciata nel 2012 e vede le aree interne (non le aree intermedie) registrare variazioni negative più intense. “L’attrazione di flussi migratori in ingresso è la sola via per compensare il trend negativo (occorrerà rendersi più attrattivi)”.
Il sistema produttivo vede diverse specializzazioni, con un ruolo spiccato della manifattura: “la manifattura paga il 20 per cento in più in termini di retribuzioni, a parità dimensionale”. Nel 2023, il 68 per cento delle imprese ha dichiarato che la principale criticità riguarda invece la difficoltà di reperire manodopera.
Quanto al turismo, “le Aree del sud segnano il risultato di gran lunga migliore”. Riflessioni sull’evoluzione del turismo: “si segnala il diffondersi di forme di turismo più attente alla qualità; c’è la necessità di investimenti per l’ammodernamento delle strutture ricettive. Si ritiene utile sfruttare la spinta delle città d’arte per attrarre turisti anche nelle aree più periferiche”.
Quanto all’istruzione e formazione, le aree interne sono spesso caratterizzate da scuole di piccole dimensioni (fenomeno delle pluriclassi; insegnanti precari con alta mobilità); rischio di apprendimenti più bassi rispetto alla media regionale e competenze insufficienti; maggiore incidenza di scelte a favore di percorsi professionalizzanti; minore la probabilità di iscrizione all’Università. “L’orientamento a una formazione di tipo più professionalizzante potrebbe portare a potenziare questo tipo di offerta e formazione”. Partecipazione al mercato del lavoro: laddove è più difficile trovare lavoro si accentua lo scoraggiamento delle donne; anche i giovani ‘Neet’.
In generale le differenze di reddito sono meno accentuate nelle aree interne rispetto ai centri urbani, con redditi mediamente più bassi e un livello di disuguaglianza abbastanza contenuto. Se si calcola il numero di anni necessari per acquistare un’abitazione in base al reddito, “le aree con gli indicatori peggiori sono quelle molto turistiche, Costa Sud e Isole, con una debolezza del mercato lavoro, bassi redditi, alti valori immobiliari e con alto costo della vita”.
Gli investimenti, ora molto più consistenti grazie ai fondi disponibili, rappresentano un’opportunità. “Gli investimenti specifici per le aree Snai sono anche occasioni importanti”. Gli scenari evolutivi prevedono la necessità di riuscire a inserire queste aree nella più generale evoluzione del contesto economico”.