Dici Pontremoli e subito pensi ai Liguri Apuani e alle statue stele, cioè a quella specie di menhir su cui sono scolpite antichissime figure, per lo più con la testa a forma di luna. E Luna è anche il nome della ragazza protagonista di “Chi manda le onde”, il libro del fortemarmino Fabio Genovesi. Lo scrittore, dal talento indiscutibile, è solito offrire alle sue storie ambientazioni familiari. La Versilia in particolare, la Toscana in generale. E in questo caso, appunto, anche Pontremoli.
Ma se abbiamo deciso di raccontare Pontremoli non è per le statue stele né per Fabio Genovesi. E neppure per il Castello Del Piagnaro, per la Villa Dosi Delfini o per la concattedrale di Santa Maria Assunta. Non è solo per i testaroli o per la torta d’erbe che parliamo di questo piccolo comune della Lunigiana che conta poco più di 7 mila abitanti e che il mare lo tiene a distanza quel tanto che basta, circa 230 metri più in basso. Se parliamo di Pontremoli è perché la città, che nell’idea di molti è e resta un bel borgo, sta diventando il paradiso degli smart worker.
Il primo battito d’ali
Il merito del successo è in parte riconducibile a tutto il bello che Pontremoli ha da offrire e alle conseguenti opportunità d’accoglienza. Ma se non fosse stato per un gruppo di giovani appassionati e amanti del loro territorio, nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile. Loro sono le “Farfalle in cammino”, una delle prime associazione di turismo sostenibile e responsabile nate in Italia. E lui è Francesco Bola, che dell’associazione è il presidente. “L’idea è venuta a due nostri amici. Un’idea semplice che poteva funzionare. E così l’abbiamo messa in pratica…” ci racconta Francesco. Eh sì, per trasformare un’idea in progetto non basta la buona volontà. Occorre sapersi districare anche nella burocrazia e avere la forza (e la capacità) di costruire collaborazioni e alleanze. Perché se è vero da insieme si correre più lentamente, è altrettanto vero che da soli non si va da nessuna parte.
E infatti dietro a questo progetto c’è un intero gruppo di lavoro. Tutte persone che, prima ancora di essere colleghi, sono amici. “Andrea e Damiano sono i veri motori di tutto” tiene a precisare Francesco. “Poi c’è Emanuele, che per primo ha messo le sue case a disposizione. Ma anche William, che segue la parte immobiliare, e Marco, che ci ha aiutato a progettare lo spazio di coworking. E poi ancora Elena, Alessia, Pierangelo, Diego …”. La lista continua, ma noi ci fermiamo qua.
“Pontremoli è una città a misura d’uomo, adatta a questo tipo di vita”
Start working
Il progetto si chiama “Start working” e descriverlo è apparentemente semplicissimo. “Pontremoli è una città a misura d’uomo, adatta a questo tipo di vita”. È questa la premessa di Francesco, che poi ci spiega l’idea. “Desideravamo promuoverla sia ai turisti, com’è normale che sia, ma anche a coloro che erano in cerca di un luogo dove poter lavorare”. Già, durante la pandemia in molti sono stati costretti allo smart working. Qualcuno l’ha scoperto per la prima volta, altri lo adotteranno come normale prassi. Ma qual è il valore aggiunto di “Start working”? “Ci sono due elementi in più che altri luoghi non hanno. Qua non offriamo solo il borgo, il castello e i prodotti tipici, ma anche la possibilità di entrare in uno dei quindici appartamenti pronti all’uso, per abitare e lavorare. Stiamo parlando di una casa arredata, dotata di un’ottima connessione con la fibra veloce. Insomma, letteralmente consegnamo una casa… chiavi in mano”. Tutto questo è possibile grazie all’accordo realizzato con un’agenzia immobiliare locale. “E non dimentichiamoci che qua i prezzi d’affitto sono più bassi rispetto alle grandi città”.
“La nostra idea è quella di creare una comunità attorno al progetto”
La comunità accogliente
Ma c’è anche un secondo elemento d’interesse, non presente altrove. “Sì, perché la nostra idea è quella di creare una comunità attorno al progetto” ci spiega Francesco. “Il primo giorno, quello dell’arrivo, due o tre volontari accompagnano gli ospiti in giro. Gli fanno visitare il paese, indicano dov’è possibile fare la spesa, dove godersi un buon aperitivo e così via. Di fatto introducono il lavoratore che ha scelto Pontremoli all’interno della comunità locale“. Un’accoglienza che non si esaurisce con la consegna delle chiave e con l’accompagnamento alla scoperta della città. “Proprio così. Siamo a disposizione anche dopo, disponibili anche a offrire aiuto nella gestione di questioni più tecniche. Penso ai vari bisogni. Possiamo consigliare la palestra, i luoghi dove fare sport, commercialisti o banche. È anche capitato che ci chiedessero suggerimenti per aprire un conto corrente”.
E così le “Farfalle in cammino” accompagnano il lavoratore che ha scelto Pontremoli in questo percorso d’inclusione all’interno di un ecosistema cittadino composto da 100 attività commerciali, 40 tra bar e ristoranti, 7 supermercati, 30 associazioni di volontariato e 10 scuole. Tutti numeri che sono ben evidenti sul sito dedicato al progetto, da cui è possibile accedere anche al servizio “maggiordomo” per saperne di più. La posizione geografica, poi, fa la sua parte. Perché se è vero che la Versilia è solo a pochi chilometri, non sono poi così distanti neanche i capoluoghi di provincia né le Alpi o gli Appennini. Senza considerare che Milano si raggiunge in circa un paio d’ore.
Identikit dello smart worker
“Dare una casa dotata di fibra e finirla lì non servirebbe a niente. Qua abbiamo puntata sulla costruzione delle relazioni sociali” ci tiene a ricordare Francesco. E infatti si è creata autonomamente anche una sorta di community tra gli abitanti locali e i lavoratori in smart working. Esiste una chat nella quale non si organizzano solo aperitivi, ma anche passeggiate sulle montagne e altre iniziative aperte e spontanee. “Si crea il senso di comunità, che spesso manca al lavoratore della grande città”.
Dall’autunno scorso sono più di 20 le persone che hanno scelto Pontremoli per lavorare a distanza. Hanno dai 30 ai 50 anni, sono liberi professionisti o dipendenti di aziende italiane ed estere. C’è chi lavorava in Cina o nei paesi arabi e ora si è trovato a dover fare smart working. “E per loro lavorare in Lunigiana è sempre meglio della Padania” sorride Francesco. Tra gli ospiti c’è anche un tecnico digitale del suono arrivato a Pontremoli insieme alla moglie americana. È una food journalist. Anche per le, quindi, gli spunti non mancano. “A chi voleva la casa per le vacanze o a chi ci ha contattati per passare qua l’inverno, be’, abbiamo detto no. Non siamo cattivi, ma il progetto ha un orientamento ben preciso”.
Dallo smart working al coworking
Francesco Bola è una guida turistica. È la sua professione. E dall’associazione “Farfalle in cammino”, che com’è ovvio che sia opera senza fini di lucro, è nata la cooperativa Sigeric, che offre servizi per il turismo. “Sono realtà complementari, non sovrapposte” ci assicura Francesco, che nel frattempo non è rimasto con le mani in mano. Infatti da luglio, a Pontremoli, esiste anche uno spazio per il coworking. Si trova all’interno di un convento francescano messo a disposizione dal parroco.
“Con un piccolo finanziamento di duemila euro abbiamo arredato e allestito due sale inutilizzate del convento. Ci abbiamo portato la fibra, e ora con una quota di trenta euro al mese si può lavorare anche lì”. Lo spazio è frequentato sia dagli smart worker sia dai pontremolesi. “Lavorando in uno spazio comune è più facile interagire e conoscersi” aggiunge Francesco. Al momento sono 18 le persone iscritte. E allora facciamoci questa gita a Pontremoli, proprio come Luna, sua madre Serena, Zot, Sandro e Ferro. E magari fermiamoci lì. Non solo per lavorare, ma anche per costruire nuove relazioni.