In Toscana la ricerca contro il coronavirus non si ferma. È stato pubblicato sull’autorevole rivista scientifica Biochemical and Biophysical Research Communications il lavoro di un gruppo di ricercatori dell’Università di Siena che mostra una nuova possibile strategia farmacologica contro il Covid-19. Il gruppo di ricercatori, coordinato dal professor Neri Niccolai e composto da Alfonso Trezza ed Ottavia Spiga del dipartimento di Biotecnologie, chimica e farmacia e da Pietro Bongini e Monica Bianchini del dipartimento di Ingegneria dell’informazione e scienze matematiche, ha studiato la struttura della proteina che il virus espone sulla sua superficie e responsabile della sua infezione. Titolo dell’articolo: “A possible strategy to fight COVID-19: interfering with spike glycoprotein trimerization”.
«Questa proteina – spiega Niccolai – è costituita da tre subunità che si auto assemblano per formare la protuberanza necessaria al virus per infettare le persone». Attraverso l’utilizzo di tecniche di bioinformatica strutturale e di biologia computazionale, i ricercatori hanno ottenuto dei modelli predittivi che indicano con chiarezza che questo processo di assemblaggio delle tre subunità può essere ostacolato dalla presenza di piccole molecole. «Questa osservazione – conclude Niccolai – potrà servire per guidare futuri studi in vitro e selezionare tra le migliaia di molecole già proposte come farmaci attivi per altre patologie quelle che mostrano la migliore capacità di bloccare l’associazione delle subunità proteiche, bloccando in questo modo il ciclo vitale del virus».
Intanto anche la Regione Toscana ha avviato lo studio sperimentale, no-profit, con l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana quale centro promotore e coordinatore (investigatore principale è il professor Francesco Menichetti), per utilizzare a scopo terapeutico il plasma iperimmune di pazienti guariti dal Covid-19 su malati con polmonite che richiedano la ventilazione assistita. Da sabato 11 aprile sono stati arruolati i primi pazienti guariti, che si sono resi disponibili a donare il plasma.
Lo studio ha ottenuto il via libera dal Centro nazionale sangue, che ha autorizzato protocolli di selezione dei donatori e ricevuto l’approvazione del Comitato etico dell’Area vasta nord ovest. La proposta ha già raccolto l’adesione delle Regioni aderenti all’Accordo Planet (Plasmaderivazione network: Lazio, Campania, Marche e Ispettorato Sanità Militare), che hanno condiviso con la Regione Toscana il percorso della gara di plasmaderivazione ed ora anche la Regione Umbria, pur non appartenente a tale programma, ha chiesto di aderire allo studio.
«La capacità di promuovere ricerca in periodo epidemico, restando ben incardinati ai protocolli nazionali AIFA, è un nostro preciso impegno e testimonia l’alto livello dei nostri professionisti» ha dichiarato il presidente della Toscana, Enrico Rossi. «Noi abbiamo deciso di tentare ogni strada: potenziamento dei posti in terapia intensiva, terapia precoce e somministrata a domicilio ai pazienti con Covid-19 iniziale con l’utilizzo delle USCA (Unità speciali di continuità assistenziale) sul territorio, screening sierologici su gruppi ben definiti per una migliore mappatura del contagio, ed infine mascherine gratuite per tutta la popolazione, rappresentano i segni tangibili del nostro impegno a tutto campo». E per l’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi, «in questo interessante percorso si conferma strategico il contributo delle associazioni di volontariato, che va ad aggiungersi al tradizionale supporto che da sempre assicurano al sistema sanitario regionale».
La larga adesione a questo protocollo sperimentale lo rende quello di maggiori dimensioni potenziali e permette inoltre di disporre di donatori locali, che potrebbero avere il vantaggio di una immunità ceppo-specifica. Lo studio vede la collaborazione, in ogni Regione, di moltissime realtà quali il Centro Regionale Sangue, le Unità Operative di Malattie Infettive, di Virologia, di Anestesia e Rianimazione, e di Medicina Trasfusionale.
Il plasma italiano, dal quale vengono prodotti industrialmente molti farmaci, alcuni dei quali salvavita, è uno tra i più sicuri, perché risponde ad un rigido regolatorio, che prevede l’esecuzione di controlli molteplici e rigorosi. Per lo specifico studio, il Cns ha anche suggerito altri test aggiuntivi per rendere, se possibile, ancora più sicuro il plasma che sarà utilizzato per la terapia del Covid-19
Se la sperimentazione darà i risultati sperati, si potrà eventualmente pensare alla produzione industriale di plasma o di gamma-globuline iperimmuni a titolo noto di anticorpi anti SARS-Cov-2, come lo è stato, ad esempio, per il tetano e per l’epatite B, un prodotto standardizzato di grado farmaceutico, con caratteristiche di costanza e ripetibilità senza denominazione commerciale. È auspicabile quindi che la donazione di plasma da parte dei guariti di Covid-19 riesca ad arruolare il maggior numero di donatori possibili, a cominciare proprio dai donatori abituali.