Tre persone paralizzate, grazie a elettrodi impiantati nel midollo spinale, sono tornate a camminare, nuotare e pedalare. Il risultato, frutto di anni ed anni di studi, è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine: il lavoro è stato coordinato dal gruppo del Politecnico di Losanna (Epfl) e ha visto l’Italia o per meglio dire la Toscana tra le protagoniste.
Tra gli studiosi che hanno dato un apporto significativo c’è il professore Silvestro Micera, che lavora fra Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ed Epfl. E’ di nazionalità italiana anche una delle tre persone paralizzate che hanno partecipato alla sperimentazione. Si tratta di un giovane di Torino, il trentenne Michel Roccati.
Era rimasto paralizzato dopo un incidente in moto nel 2017: all’inizio era stato escluso dalla sperimentazione per la gravità della lesione riportata ma ha insistito per rientrare nel gruppo dei volontari. Oggi può camminare, salire le scale e nuotare grazie ad elettrodi impiantati sul midollo spinale.
Il dispositivo consiste in alcuni elettrodi innestati nel midollo spinale, che inviano ai muscoli di gambe e tronco gli stimoli elettrici generati esternamente da un computer controllato dal paziente. Questo consente la contrazione coordinata dei muscoli. Per il futuro si punta a realizzare un “by-pass” wireless in grado di raccogliere gli impulsi elettrici nel cervello e inviarli a un chip impiantato nel midollo: una tecnica, già sperimentata su due macachi nel 2016, che consente di “scavalcare” la lesione spinale.
A sviluppare il sistema di elettrodi morbidi un’équipe guidata da Grégoire Courtine e Jocelyne Bloch, entrambi dell’Epfl. In appena un giorno di addestramento i tre volontari non solo sono tornati a camminare ma hanno raggiunto una sufficiente capacità di controllare dei movimenti complessi: questo ha permesso loro di poter nuotare e pedalare, anche al di fuori del laboratorio.
L’emozione del paziente italiano
“Nel 2017 mi ero spezzato la schiena in più parti: a causa di un animale che attraversava la strada, sono caduto dalla moto. Non camminavo più e non sentivo le gambe, ma ero consapevole che non sarebbe stato per sempre – racconta il trentenne Michel Roccati, torinese – Una volta un medico mi chiese: ancora non ti sei rassegnato? Io non mi sono mai rassegnato e ho insistito per essere inserito tra i volontari che partecipavano alla sperimentazione“.
L’incontro della vita è stato tre anni fa, quando il ragazzo paralizzato ha partecipato a un convegno e conosciuto il professore Courtine a cui ha raccontato la sua storia. Michel in quell’occasione gli ha spiegato che non aveva mai smesso di allenarsi per cercare di preservare la massa muscolare. “Gli ho detto che non mi davo per vinto ma all’inizio non mi hanno preso per la gravità della mia lesione era troppo grave. Io ho insistito” ricorda.
Lo scorso 5 dicembre a Losanna, il team di Grégoire Courtine lo ha operato e ha impiantato nella sua schiena un elettrodo in grado di rilasciare impulsi elettrici nel midollo danneggiato dall’incidente. Il caso di Michel è il terzo descritto nell’articolo comparso su Nature Medicine.
Quando si è ritrovato in piedi per la prima volta Michael non riusciva a parlare. “I primi passi sono stati qualcosa di incredibile, un sogno che si avverava. Non ero capace di trovare le parole. E’ stata una sensazione troppo forte – ricorda con commozione Roccati -. Ora faccio le scale. Mi alleno tutti i giorni un paio d’ore nel cortile di casa, dopo l’ufficio, dove passo buona parte del tempo davanti al computer. In primavera riuscirò a fare un chilometro. Posso anche nuotare, fare la cyclette e allenarmi in palestra”.
E’ tornato a vivere: dalla libertà di potersi fare la doccia all’andare al bar, a Losanna, per offrire da bere ai medici che lo seguono. E che alla fine erano stanchi di stare in piedi. “Siamo stati là due ore ma a me sembrava di non sentirle” sorride il 30enne di Torino. Quest’inverno è stato anche da un amico in montagna. “Erano dispiaciuti per le scale presenti a casa sua: io mi sono alzato e ho cominciato a farle da solo lasciando tutti a bocca aperta” conclude Michel divertito.
Come funziona l’elettrodo
“L’elettrodo nella schiena comunica tramite dei fili con un pacemaker che ho nell’addome, sottopelle” racconta ancora il torinese Michel. “In un marsupio tengo l’antenna, che viene azionata da un telecomando che uso mentre cammino, per attivare i muscoli delle due gambe ogni volta che muovo un passo. No, sembra complicato ma non lo è. Dopo poco viene automatico. Su un tablet ho i programmi per le varie attività, dal nuoto alla palestra” ribadisce.
“Il nostro elettrodo – interviene il professor Courtaine – viene inserito sotto la vertebra, direttamente a contatto con il midollo. Può modulare l’attività dei neuroni, regolando dei gruppi muscolari ben precisi in modo simile a come farebbe il cervello. In questo modo il paziente riesce a camminare, nuotare o pedalare, per esempio“. Questo consente al paziente di poter modulare le diverse attività e sfruttare i programmi più opportuni di volta in volta.
Il ruolo della Scuola Sant’Anna di Pisa
Nei risultati della ricerca ha dato un apporto fondamentale la Scuola Sant’Anna di Pisa: Silvestro Micera, professore di bioingegneria presso l’università toscana ha collaborato con Courtaine e la collega svizzera, la neurochirurga Jocelyne Bloch. I tre hanno coordinato il progetto di ricerca del centro NeuroRestore del Politecnico di Losanna.
“Le lesioni del midollo spinale avvengono in genere in pazienti giovani, per colpa di un incidente” sottolinea il professor Micera. L’obiettivo di tornare a far camminare persone rimaste paralizzate ha impegnato fior fiore di studiosi da circa trent’anni: pochi quelli che erano riusciti a rialzarsi.
“Nel nostro caso abbiamo lavorato per personalizzare l’impianto, modellarlo alla lesione, impiantarlo nel punto migliore per riattivare il maggior numero di muscoli possibile” sottolinea il professore della Sant’Anna.
Dopo l’impianto dell’elettrodo, di solito si passa alla riabilitazione in modo che il paziente familiarizzi con lo strumento. “Nel caso dell’apparecchio svizzero, a cui si è cominciato a lavorare nel 2013, già subito dopo l’operazione i ragazzi ex paraplegici hanno potuto muovere i primi passi. Oggi siamo in grado di trattare un paziente nel giro di qualche settimana” sottolinea Micera.
La nuova frontiera della ricerca condotta a Losanna dal Politecnico è estendere il trattamento al maggior numero di pazienti per arrivare a commercializzare l’apparecchio: “ci vorranno 5-7 anni, con queste finalità è stata costituita la start-up OnWard” puntualizza Micera.
Insomma, il lavoro è ancora lunga ma il momento più bello per il professore della Sant’Anna di Pisa “è l’espressione che si disegna sul viso di questi ragazzi, che dopo tanto tempo tornano a muovere le loro gambe, è qualcosa di indescrivibile“.