La musica esce dal carcere. Nella Casa Circondariale di Sollicciano alle porte di Firenze esiste un gruppo di detenuti diretto dal musicista Massimo Altomare che fa musica, si chiama Orkestra Ristretta. Tutto è nato nel 2007 dal laboratorio musicale “Musica Terra Comune” che nel 2014 si è trasformato in Orkestra Ristretta, grazie al sodalizio con Tempo Reale e alla collaborazione con Regione Toscana, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, Ministero di Giustizia e Casa Circondariale di Sollicciano.
Negli anni sono stati molti i musicisti che hanno partecipato ai laboratori tenuti dal centro di ricerca, produzione e didattica musicale fiorentino Tempo Reale. Per celebrare questi incontri musicali tra “dentro” e “fuori” dal carcere, Tempo Reale insieme all’Orkestra Ristretta si è impegnato nella produzione di un concerto che poi è diventato un disco dal titotlo “IN/OUT” uscito per l’etichetta M.P. & Records.
All’incisione, assieme ai detenuti e al direttore Altomare, hanno partecipato alcuni musicisti toscani e alcuni degli stessi collaboratori di Tempo Reale: Andrea Gozzi, Lorenzo Lapiccirella, Michele Lombardi, Federico Pacini (Bandabardò), Stefano Rapicavoli (Zumtrio), il compositore Francesco Giomi (Zumtrio, direttore di Tempo Reale) e il coro CONfusion, gruppo vocale formato da immigrati, rifugiati e cittadini italiani.
Nel disco alcuni detenuti cantano, alcuni suonano su traiettorie folk-pop-rock, con influenze soul e reggae, e altri rappano. Stili, tecniche e lingue diverse si fondono nella forma poetica della marginalità urbana, un linguaggio che valica confini geografici, etnici e sociali.
Ecco la nostra intervista a Massimo Altomare
Ti ricordi la prima volta che sei entrato in un carcere?
Mi ricordo benissimo, mi pare fosse il ’95. Entrai perchè un amico che aveva un associazione che lavorava col carcere mi chiese se avevo voglia di fare piccole conferenze parlando delle canzoni italiane, facendo un piccolo stage di scrittura. Cominciò così e naturalmente poi la cosa si è evoluta ed è cambiata. L’inizio fu molto ‘leggero’ e ‘intellettuale’, non si suonava nè si cantava, ma si ascoltava.
In tutti questi anni il carcere è cambiato?
Cambiamenti ce ne sono stati. Nelle attività culturali nel carcere bisogna crederci e io ci credo in maniera totale. Io credo che la cultura faccia bene all’essere umano. Se uno crede in questo assunto di conseguenza capisce che fa bene anche ai detenuti essendo esseri umani come noi. Non è che la musica e il teatro cambino la galera, cambiano i detenuti, è una cosa che va sul personale non sull’istituzione carcere che è quella che è. Io non mi lamento Sollicciano è un carcere abbastanza difficile ma per quello che riguarda la mia attività siamo protetti da persone che si sono appassionate alle nostre vicende artistiche, siamo fortunati. In altri carceri è peggio, in altri meglio.
Una volta tanti anni fa mi hai detto una cosa che non mi sono mai più dimenticata. Mi dicesti che la musica protegge dal carcere perchè in carcere nessuno sa suonare uno strumento musicale… è ancora così?
Hai una buona memoria, era una battua io dissi che se uno sa suonare difficilmente finisce in carcere. Comunque è un po’ vero, è molto raro trovare persone che sappiano suonare, mentre invece una grande risorsa in carcere è il rap. Probabilmente 10 anni fa quando feci quella battuta ancora non c’era. L’arrivo del rap ha cambiato moltissimo il lavoro dell’Orkestra Ristretta, ha dato originalità, motivazione e anche una sorta di diritto di andare sul mercato, ci sono cose molto interessanti che possono essere ascoltate da tutti, non sono da ‘addetti ai lavori’.
Cosa troveremo in questo disco e come l’avete realizzato?
A causa del Covid ci abbiamo messo circa due anni per realizzarlo. Gli ingressi in carcere erano bloccati e si sono interrotti anche tutti i laboratori. Sono molto fiero del risultato che abbiamo ottenuto con IN/OUT che è il secondo disco dell’Orkestra. Il primo è uscito nel 2016, si chiamava ‘Otto’ e conteneva otto pezzi, fu inserito anche nel progetto della Regione ‘Toscana 100 band’. Fin da subito l’Orchestra Ristretta si è proposta con un disco ‘vero’ e non semplicemente con una testimonianza del progetto o del lavoro fatto. Voglio che sia chiaro che il discorso ‘dama di carità’ non mi interessa e non credo che dia risultati. Non è così che si aiutano i detenuti, i detenuti si aiutano se ti rapporti con loro come tuoi pari. Se già parti che ti senti in colpa è un casino.
In che modo IN/OUT è diverso dal precedente ‘Otto’?
Con IN/OUT ci presentiamo sul mercato con grande coraggio, è un disco che mette insieme i detenuti dell’Orkestra Ristretta tra cui anche me e alcuni musicisti di Tempo Reale. Tempo Reale ci ha dato una presenza di grande maestria e grande capacità musicale che ha arricchito l’energia, la verità e la purezza del lavoro dei detenuti che chiaramente non hanno esperienza con la musica. Il risultato a mio parere è molto interessante, sono molto curioso di vedere come sarà accolto.