Giornalista, inviata di guerra e scrittore com’è anche scritto sulla sua tomba. Oriana Fallaci è tra le personalità di spicco del XX secolo. Una donna dalla vita fuori dal comune, sempre alla ricerca della verità e decisa a infrangere quel tetto di cristallo che per troppo tempo ha impedito alle donne di imporsi nella società.
La sua sincerità, il suo modo così diretto hanno caratterizzato il suo impegno professionale e talvolta l’hanno esposta a critiche. Un personaggio a tratti controverso. Impossibile però restare indifferenti davanti ai suoi reportage, ai suoi scritti e alle sue battaglie.
La cerimonia al Cimitero degli Allori
Fallaci se n’è andata il 15 settembre di 16 anni fa, dopo una lunga battaglia con il cancro. Ha scelto di morire in riva all’Arno, nella sua Firenze. Ma le sue dichiarazioni degli ultimi anni, il suo atteggiamento in vita hanno causato una “frattura” con la società fiorentina. Solo l’anno scorso, a distanza di 15 anni dalla morte, il rapporto con la città si è ricomposto.
Quest’anno la cerimonia al Cimitero degli Allori, in occasione del 16° anniversario della scomparsa, si è ricordata una concittadina che ha “sempre avuto un legame ed un amore speciale per Firenze. La sua vita, la sua opera, va conosciuta e saputa apprezzare con interezza, ricordando la sua grande lezione di coraggio“.
La resistenza partigiana, gli studi in medicina
Oriana Fallaci era nata a Firenze nel giugno del 1929: la maggiore di quattro sorelle. Edoardo, il padre, era un semplice muratore. Era antifascista e per questo fu arrestato e torturato dalle camicie nere. Episodio che spinse Oriana Fallaci a scegliere l’impegno diretto contro il regime di Mussolini. Fu così che divenne staffetta della resistenza partigiana.
Fin da bambina la Fallaci desiderò essere una scrittrice, salvo poi farsi convincere dai parenti a iscriversi a medicina. Ma la passione per la scrittura la spinse a mantenersi agli studi proprio con il lavoro di giornalista. Lì capì che quella era la sua carriera.
Oriana Fallaci a Milano, l’avventura a L’Europeo
La giornalista si trasferì a Milano negli anni Cinquanta. All’inizio cominciò a lavorare a Epoca ma lo zio, che era l’editore, la confinò alla scrivania. Fu a L’Europeo del direttore Michele Serra che la carriera della Fallaci spiccò il volo. Scelse di trasferirsi a New York per vedere da vicino la trasformazione della società americana: una realtà che raccontò nei suoi libri: gli hippy, la controcultura, la guerra del Vietnam.
Di questo periodo parla il libro “I sette peccati capitali di Hollywood”, con prefazione di Orson Welles: un dietro le quinte nella mecca del cinema. Un volume che anticipa di mezzo secolo il movimento del #metoo.
Nel 1967 Oriana Fallaci andò a seguire la guerra in Vietnam, divenendo la prima corrispondente di guerra. Per L’Europeo, tornerà in Vietnam 12 volte in 7 anni. Il racconto di quell’anno e di quel conflitto vissuto al fronte è contenuto nel romanzo “Niente e così sia” del 1969.
Nel 1968 Oriana Fallaci torna negli Stati Uniti. Il paese è scosso dagli omicidi di Martin Luther King a Memphis e Robert Kennedy a Los Angeles. La giornalista segue con attenzione le ripercussioni a livello sociale e politico dei due episodi.
Inviata in Messico a seguire una manifestazione nella capitale alla vigilia delle Olimpiadi del 1968 resta colpita durante la repressione della polizia. Oltre 250 i morti nella carica. La Fallaci viene data per morta e solo all’obitorio si accorgono che è ancora viva e la salvano.
Il grande amore della sua vita è stato Alexandros Panagulis, politico greco condannato al carcere dopo aver tentato senza successo di assassinare il dittatore greco Georgios Papadopoulos nel 1968. I due si conobbero il giorno in cui egli uscì dal carcere. Un amore stroncato dal misterioso incidente stradale il 1 maggio 1976, in cui Panagulis perse la vita. La Fallaci fu sempre convinta che si trattasse di un omicidio. La tormentata relazione è raccontata nel libro “Un uomo”.
La giornalista italiana ha intervistato i più grandi personaggi del suo tempo: il regista Federico Fellini, l’attore Marcello Mastroianni, Henry Kissinger: artefice della politica estera di Richard Nixon; il dittatore del Pakistan Ali Bhutto, l’ayatollah Khomeini, l’ultimo scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi, e il dittatore della Libia Mu’ammar Gheddafi. Tutti questi incontri sono raccontati nel libro “Intervista con la storia”.
Ammalata di cancro e dopo diversi anni di silenzio, fu la tragedia dell’11 settembre a spingerla a scrivere: “La rabbia e l’orgoglio“. Testo prima apparso sul Corriere della Sera e poi trasformato in libro. Qui esprime un pensiero estremamente critico sull’Islam.
La giornalista scelse di tornare nel 2006 nella sua città, Firenze, realizzando che ormai la fine era vicina. Qui morì il 15 settembre 2006 a causa del cancro, l’alieno come l’aveva definito, che l’aveva attaccata ai polmoni. Fu esaudito così il suo ultimo desiderio di morire guardando il fiume Arno e la cupola del Brunelleschi.
La sua posizione critica alla luce anche della manifestazione in piazza Duomo nel 2002 che vide un gruppo di somali erigere una tenda davanti al simbolo di Firenze causò incomprensioni. La riconciliazione piena con Firenze è avvenuta soltanto a distanza di 15 anni dalla sua morte.
Negli anni tanti gli autori che l’hanno ricordata: talvolta sposandone le battaglie, altre volte criticandola.