Ci ha lasciati nella notte tra l’8 e il 9 dicembre una grande artista italiana, la regista teatrale e cinematografica Lina Wertmüller. E’ stata lei la prima donna in assoluto ad essere candidata agli Oscar come migliore regista, nel 1977, per Pasqualino Settebellezze; a ricevere il Premio Oscar onorario nel 2020; ed è grazie a lei che l’Italia, dagli anni ’60 fino ai nostri giorni, è stata raccontata sul grande schermo con grande acutezza, ironia, capacità di introspezione e un particolare accento sulle tante contraddizioni, disparità, economiche e sociali del Belpaese.
Il suo incontro con due dei principali attori del nostro cinema, Mariangela Melato e Giancarlo Giannini, le ha consentito di lasciare in eredità al suo pubblico alcuni bellissimi film, capisaldi della storia del cinema italiano, come Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), Film d’amore e d’anarchia, ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” (1973), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974), il citato Pasqualino Settebellezze (1976) e ancora, La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (1978), Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici (1978).
Il suo lavoro di donna e regista di successo nel mondo dello spettacolo è stato un punto di riferimento per tante altre registe e in generale per le donne italiane. Una delle ultime visite a Firenze di Lina Wertmüller è stata nel 2018, in occasione di un evento organizzato dal festival “L’Eredità delle Donne”, realizzato in collaborazione con il Festival Internazionale di Cinema e Donne, nel corso del quale era stata intervistata, al cinema La Compagnia, dalla scrittrice Elena Stancanelli.
Oggi Paola Paoli e Maresa D’Arcangelo, le condirettrici del Festival Internazionale di Cinema e Donne, manifestazione che tanto ha contribuito in Italia e nel mondo, per il riconoscimento, la valorizzazione e promozione del cinema delle Donne, ricordano la cara amica e collega, Lina Wertmüller.
“Com’è che una persona diventa personaggio del cinema internazionale?” – Ricordano oggi Paola e Maresa – “Con una serie di scelte controcorrente. Ad esempio, quelle televisive: Rita Pavone nel ruolo di Giamburrasca, Bice Valori che cammina “ginocchioni” nei panni della Preside. E’ il 1965 e l’Italia sta attaccata allo schermo per molti sabati. Oppure per caso, come capita alle donne, per via di un’amicizia importante, con Flora Carabella, che le presenta il fidanzato, Marcello Mastroianni, protagonista del film La dolce vita, del quale Lina diventa aiuto regista. Da quel momento anche il cinema diventa un territorio percorribile e nasce il sodalizio con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, i suoi attori. Sono gli anni ’70. C’è anche lo zampino del cinema americano, che la candida, prima donna in assoluto, a 4 Oscar con Pasqualino Settebellezze, nel 1977. Nel 2019 riceve finalmente l’Oscar alla Carriera. Una consacrazione tardiva come capita, eccezionalmente, alle registe grandissime.
Lei lo era. Ce ne rendemmo conto alla Reggia di Caserta, dove arrivò per l’Università di Firenze e Pio Baldelli, con lo scenografo Job e il sociologo De Masi, insieme a Claudia Cardinale e Pasquale Squitieri. Tutti bravissimi e socievolissimi. Era il 1984. Poi a Firenze, nel Festival di Cinema e Donne, con Piera Degli Esposti, intervistate da Anna Maria Mori, in Piazza Piattelina, in un nugolo di gente, non solo donne, entusiasta. Parlavano di cinema, di teatro ma anche della loro amicizia. Ammesse nel circolo non proprio ristretto delle amiche, siamo state a casa sua, un attico in penombra pur nella luce romana e speciale di Piazza del Popolo, per vari progetti. Il futuro prossimo non la interessava più tanto ma il futuro delle donne e del cinema sì”.
Le parole affettuose e il sodalizio che le organizzatrici del festival avevano creato con Lina Wertmüller, per la promozione del cinema delle registe, suona oggi ancora più carico di significato, se si considera che proprio quest’anno il Festival Interanazionale di Cinema e Donne ha conosciuto una battuta d’arresto, dopo oltre quarant’anni di edizioni a Firenze e che la strada per l’affermazione della parità di genere nel cinema è soltanto iniziata.
Basti citare che nel 2017, per colmare il divario tra uomini e donne nel cinema, il Consiglio d’Europa ha adottato una “Raccomandazione sulla parità di genere nel settore audiovisivo rivolta a tutti gli Stati membri”. Nel 2019 l’associazione “Women in film, television & media Italia – sezione italiana”, dedicata a promuovere lo sviluppo professionale e la rappresentanza delle donne nei settori legati all’audiovisivo e i media, ha fornito qualche numero che ha così fotografato la situazione: “In Italia i dati sono scoraggianti, le registe e attrici donne sono il 25%, i film finanziati a donne sono soltanto il 12%”.
Pochi dati che ci riportano alla realtà, alle battaglie ancora da portare avanti in questo campo e ci riconducono a lei, a Lina, una delle prime registe cinematografiche di successo in Italia e nel mondo, una donna coraggiosa, creativa, ironica e forte, il cui esempio rimane insuperato.