“Donatello, il Rinascimento” è il titolo della grande mostra attualmente in corso nelle due sedi fiorentine del Museo Nazionale del Bargello e di Palazzo Strozzi fino al 31 luglio.
Una mostra da record mai così grande e così completa dedicata al grande maestro del Rinascimento, un viaggio appassionante attraverso la vita e la fortuna di uno dei più grandi scultori di tutti i tempi, che ha influenzato profondamente i più grandi artisti del Rinascimento, tra cui: Brunelleschi, Masaccio, Mantegna, Bellini, Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
In mostra a Firenze 130 capolavori da oltre 60 prestigiose collezioni italiane e internazionali tra cui: la National Gallery di Londra, il Metropolitan Museum of Art di New York e il Musée du Louvre di Parigi.
Noi ne abbiamo scelte cinque che davvero non potete perdervi.
1-David, 1440 circa. Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Il David è una scultura in bronzo realizzata da Donatello all’incirca nel 1440, ed è forse l’opera più celebre dell’artista, emblema dell’intero Quattrocento italiano, densa di significati non tutti completamente svelati.
Dai tempi dell’antica Roma è il primo rilievo a tutto tondo di un nudo, inteso come opera a sé stante, libera da elementi architettonici.
La prima menzione documentaria risale al 1469, che lo segnala presente nel cortile di casa Medici durante le celebrazioni per le nozze di Lorenzo il Magnifico con Clarice Orsini. La statua era posta su una colonna di marmi policromi, decorata alla base da foglie e arpie.
Nel 1495, in occasione della seconda cacciata dei Medici, venne trafugato dalla folla e trasportato in palazzo Vecchio, quale simbolo della libertà repubblicana.
La statua ha gli attributi dell’eroe biblico (la testa di Golia ai piedi, la spada) simbolo delle virtù civiche e del trionfo della ragione sulla forza bruta e sull’irrazionalità.
Il corpo dell’eroe morbido e vivace, è quello di un fanciullo gracile ed efebico ma estremamente armonioso e ponderatamente leggero, con una postura fiera e disinvolta allo stesso tempo. Nella mano destra tiene la spada abbassata e in quella sinistra, appoggiata sul fianco, nasconde il sasso con cui ha stordito il rivale Golia.
Il viso di David non è solo pensieroso: se lo si guarda attentamente trasmette una sensazione di superiorità e malizia di un adolescente, con uno sguardo che è consapevole della sua impresa mastodontica e ne è orgoglioso.
La scultura non ha un lato privilegiato per la vista, anzi ruotandoci attorno si scoprono via via nuovi dettagli.
Madonna delle nuvole, Donatello
2-Madonna delle nuvole, 1425-1430 circa, Boston, Museum of Fine Arts
La Madonna dell’umiltà, detta anche Madonna delle Nuvole, è un’opera attribuita a Donatello o alla sua bottega, conservata nel Museum of Fine Arts di Boston. Si tratta di un rilievo marmoreo rettangolare databile agli anni 1430.
La Madonna dell’umiltà è un tema iconografico in uso fin dall’inizio del XIV secolo, che mostra la Vergine seduta in terra col Bambino, a differenza della Maestà che la raffigura in trono. Donatello in questo caso rinnova il tema ponendo la Madonna tra le nuvole, in qualità di regina del cielo.
La tavoletta era quasi sicuramente destinata alla preghiera per qualche ricco committente.
La resa con lo stile “stiacciato” della Madonna e del Bambino, con i loro ampi mantelli che appaiono morbidi e naturali, è impeccabile, la Vergine sembra letteralmente galleggiare su morbide e soffici nuvole bianche.
Il volto della Madonna è serio ed espressivo, sottolineato da un rilievo leggermente più pronunciato, solo pochi millimetri in più, che genera un’ombra di contorno che la stacca, per contrasto, dai soggetti circostanti.
L’opera dà un senso di malinconia, che esprime il senso di consapevolezza della Madonna della sorte tragica del figlio.
Donatello, Amore-Attis, 1435-1440 circa; Firenze, Museo Nazionale del Bargello. Foto Bruno Bruchi
3-Amore-Attis, 1435-1440 circa; Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Amore-Attis è una scultura bronzea di Donatello, databile al 1440-1443 circa.
Ritrae un bambino paffutello che sta gioiosamente danzando con le braccia in aria e con un ondeggiamento delle spalle.
Ha le ali dietro le spalle che richiamano a un amorino (un putto o Eros), i gambali che lasciano scoperti il pube e le natiche richiamano Attis. Altri elementi sono le ali ai talloni, la treccina tra i capelli, il serpentello amichevole ai piedi, la cintola con capsule di papavero, la corda ornata da un fiore nel capo.
Chi è questo bambino così allegro? Molte sono le interpretazioni proposte: Priapo, Mercurio (Muntz), Perseo, Cupido, Arpocrate, Attis (Meier), un fauno (Venturi), Amor-Ercole, Mitra, Eros-Patheos, l’Ebbrezza, un genietto protettivo o uno spiritello per metà angelico e metà diabolico.
Nel XVII secolo veniva creduto un originale antico per gli attributi pagani e l’atteggiamento impostato a una sfrenata gioia vitale. Al punto che nell’inventario di palazzo Doni in corso dei Tintori, veniva identificato come Lucifero.
Il critico d’arte Scalini ha proposto l'”Amore coniugale trionfante sulla terra e sull’acqua”, ipotizzandone la collocazione su una fontana, composto in occasione delle nozze tra Bernardo Rucellai e Nannina de’ Medici del 1466.
Forse la chiave di lettura decisiva era l’oggetto che il fanciullo teneva in mano, perso già dal 1677.
La particolarità dell’iconografia, non completamente interpretata efficacemente, fa pensare a una committenza privata di carattere molto specifico, forse legata alla cerchia dei colti umanisti fiorentini.
Donatello, San Giorgio, predella: Combattimento di san Giorgio col drago e liberazione della principessa, 1415-1417 circa; Firenze, Museo Nazionale del Bargello. Foto Bruno Bruchi
4-San Giorgio, predella: Combattimento di san Giorgio col drago e liberazione della principessa, 1415-1417 circa, Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Il rilievo di San Giorgio che libera la principessa è un’opera di Donatello su marmo proveniente dalla base della nicchia dell’Arte dei Corazzai e Spadai di Orsanmichele ed oggi conservata nel Museo Nazionale del Bargello. Risale al 1416-1417 e fa da completamento alla statua del San Giorgio contenuta nella nicchia.
L’opera è di grande importanza perché rappresenta il più antico esempio conosciuto di stile “stiacciato”, dove cioè la minima profondità scultorea non impedisce la creazione di uno spazio illusorio tramite variazioni di spessore di pochi millimetri, più simile a una pittura che a una scultura.
La costruzione secondo il punto di fuga centrale centra l’attenzione dell’osservatore sulla figura di San Giorgio, che a cavallo di un destriero sta affondando la lancia nel petto del mostro, mentre a destra la principessa sta pregando.
Molto incisiva è la costruzione dell’azione, composta secondo una serie di linee incrociate (il drago, il cavallo, la lancia, il corpo di san Giorgio) che rappresentano con forza lo scontro di volontà dei due antagonisti.
La scena è essenziale con i personaggi collocati nello spazio in modo da rendere immediatamente leggibile il centro dell’azione, evidenziato anche dalle linee convergenti e dalle variazioni di chiaroscuro.
Se le linee del mantello, l’armatura preziosa del santo e il profilo delle ali aperte del drago sono particolari derivati dal gusto tardo gotico, nuovissima è la concezione dello spazio, che sembra espandersi oltre la cornice del bassorilievo.
Donatello, Miracolo della mula, 1446-1449 circa; Padova, Basilica di Sant’Antonio. Foto di Nicola Bianchi
5-Miracolo della mula, 1446-1449 circa, Padova, Basilica di Sant’Antonio
Il Miracolo dell’asina è un rilievo di Donatello facente parte della decorazione dell’altare della basilica del Santo a Padova, in particolare della serie dei quattro Miracoli di Sant’Antonio e risale a dopo il 1446, completato entro il 1453.
Le quattro tavole sono concepite come scene di massa, estremamente ricche di dettagli e di vari episodi narrativi, con una molteplicità di figure difficile da eguagliare.
Secondo le storie di sant’Antonio da Padova, il santo quando si trovava nei pressi di Tolosa ebbe una discussione con un eretico in merito all’eucarestia.
Gli venne allora richiesta una prova pratica delle sue affermazioni: l’uomo aveva un’asina che ripromise di tenere digiuna per tre giorni. Alla fine il santo le avrebbe offerto un’ostia consacrata e se essa l’avesse preferita alla biada avrebbe avuto ragione, cosa che puntualmente avvenne.
La scena, molto affollata, è ambientata in una chiesa, come dimostra l’altare rinascimentale al centro, davanti al quale sta il santo che, con un piede sul gradino, si abbassa per offrire l’ostia alla mula, la quale sta davanti a lui e si è già inginocchiata.
Gli astanti si accalcano attorno alla scena e nei due vani sotto i due archi laterali. C’è chi si inginocchia perché ha riconosciuto il miracolo, chi è sorpreso, chi si accalca per la curiosità, chi chiama altre persone ad accorrere. La tensione emotiva nasce dal contrasto con l’evento miracoloso.
Tre solenni archi a tutto sesto perfettamente scorciati in prospettiva dominano lo sfondo incorniciando perfettamente le azioni.
A un’osservazione attenta si nota come il fondo sia chiuso da grate che lasciano intravedere lo sviluppo ulteriore in profondità dell’architettura, secondo una costruzione per l’epoca di estremo virtuosismo.