Grazie a un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Palaeontologia Electronica” emergono nuovi indizi sulle dimensioni, la forma del corpo, la biologia e lo stile di vita del Megalodon, il leggendario squalo gigante che dominava gli oceani tra 15 e 3,6 milioni di anni fa. La ricerca, coordinata dal professor Kenshu Shimada della DePaul University di Chicago, ha coinvolto esperti di nove paesi e quattro continenti, tra cui l’Università di Pisa, unica istituzione italiana a partecipare a tale studio.
Il fossile ha delle dimensioni eccezionali: una colonna vertebrale parziale costituita da 141 vertebre, lunga circa 11 metri, rinvenuta in Belgio oltre un secolo fa. Lo studio ha permesso di stimare una lunghezza di oltre 16 metri, mentre gli individui più grandi della specie avrebbero potuto superare i 24 metri, con una massa corporea massima di circa 94 tonnellate.
Ma la scoperta più sorprendente riguarda la forma del corpo del Megalodon: se prima si immaginava come una sorta di squalo bianco gigante, ora si ipotizza una forma del corpo più slanciata e allungata. Ciò spiegherebbe anche la sua abilità di nuotatore a dispetto delle dimensioni.

“Il celeberrimo protagonista degli oceani del passato è noto soprattutto per i suoi grandi denti, triangolari e seghettati, mentre i resti scheletrici sono estremamente rari e frammentari – spiega il professor Alberto Collareta, paleontologo presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa – Proprio la mancanza di scheletri completi riferiti al Megalodon ha spesso indotto gli studiosi a ricostruire l’aspetto di questo antico gigante dei mari come simile a quello dell’attuale squalo bianco (Carcharodon carcharias). Questa nuova ricerca rappresenta un passo fondamentale nella comprensione della biologia di uno dei più grandi predatori della storia del nostro pianeta, sfidando le tradizionali ricostruzioni ed offrendo un’immagine ancora più affascinante del Megalodon”.
Nuove, importanti scoperte sul super squalo
Un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca riguarda la riproduzione del Megalodon. Secondo gli studiosi, i piccoli di questa specie erano lunghi più di 3 metri e mezzo. Questo suggerisce una strategia riproduttiva ovovivipara, in cui gli embrioni più sviluppati si nutrivano dei fratelli non ancora nati, un fenomeno noto come cannibalismo intrauterino.
Lo studio ipotizza inoltre che la progressiva scomparsa del Megalodon sia stata almeno in parte legata alla competizione con il moderno squalo bianco, comparso circa 5 milioni di anni fa. I due predatori, pur caratterizzati da differenti forme corporee, potrebbero aver avuto preferenze alimentari simili: insieme ad altri fattori ambientali, la competizione con lo squalo bianco per le medesime risorse avrebbe decretato l’estinzione del Megalodon.