Ricorreremo alla macchina, quando torneremo a spostarci, con molta più facilità. Lo si legge sui giornali, è quello che tutti pensiamo: se i prezzi del carburante saranno appetibili, l’auto sarà la protagonista della ripartenza, o 2.
Dopo anni di svolte green, di incentivi al trasporto pubblico questo potrebbe perdere terreno e tempo prezioso per avere un peso sulle nuove abitudini delle persone. Mentre i gestori stanno cercando di adeguarsi alle nuove esigenze della società (distanziamento, protezioni, controlli, ecc,) la vera incognita è se l’utenza, se noi tutti, ci fideremo a salire su un bus, a prendere un treno, a salire in metro.
Quando usciremo, usciremo da mesi in cui ci hanno chiesto di evitare gli assembramenti, tornare a farlo per spostarci, anche se per lavoro, richiederà tempo, forse lo stesso tempo indispensabile a trovare un vaccino.
Nel frattempo le aziende di trasporto devono anche fare i conti con inevitabili difficoltà aziendali.
Eddie Wilson, ceo di Ryanair, che ha ridotto quasi completamente il proprio traffico aereo, lasciando a terra quasi tutti i dipendenti, è stato chiaro nel suo no al distanziamento a bordo. Criticato da più parti, l’amministratore della compagnia aerea ha però sottolineato che uno dei principali problemi con cui dovrà fare i conti il trasporto collettivo è il distanziamento sui mezzi.
Una necessità non derogabile che dovrà trovare la quadra con la domanda di un servizio capillare e utile. Se da un lato rispettare le regole (e quindi il distanziamento) è scelta obbligata, dall’altro, il rischio è vedere circolare mezzi vuoti con tempi di circolazione allungati e sempre più utenti insoddisfatti. Nel frattempo, l’auto potrebbe tornare a riconquistare le strade ingolfando ancora di più il traffico di quelle città dove la circolazione è promiscua e aumentando lo smog per pedoni e ciclisti.
Ma sarà davvero uno scenario inevitabile?
“L’auto è la scelta più ovvia ma non potrà essere la soluzione al problema a lungo termine”, Piero Castoldi è docente di Telecomunicazioni alla Sant’Anna di Pisa ed è un esperto di tecnologia applicata ai sistemi di trasporto. Per il professore Castoldi alla base di tutto c’è la necessità di rivedere gli stili di vita della popolazione e di adeguare il trasporto pubblico per renderlo ancora più competitivo.
“Nel transitorio si pongono problemi di distanziamento che si risolvono sia modificando le abitudini che diversificando l’offerta del servizio pubblico di autobus, delle metropolitane leggere, dei treni e anche degli aerei”.
Tutto il contrario, insomma, di quanto affermato dal ceo di Ryanair. Diversificare l’offerta significa anche potenziarla, aumentare il numero di corse e di treni. L’assessore alla Mobilità della Regione Toscana, Vincenzo Ceccarelli, ha annunciato che “Nella Fase 2 i treni in circolazione in Toscana passeranno dal 30% al 55% del servizio ordinario”, 100 unità in più rispetto a quelli oggi circolanti (LEGGI).
Ma saranno sufficienti? Fino a quanto può essere incrementata l’offerta della gomma e del ferro?
“I treni hanno dei limiti di capacità dovuti ai tempi di frenata, di scambio, ecc. dovranno quindi essere distribuire meglio le corse, magari con orari diversificati pensati per chi non può fare lo smart working. La capacità di aumentare le corse dei treni c’è, anche se ovviamente più limitata rispetto al bus. E potremmo iniziare a pensare a fasce più ampie di pendolarismo e a come gestire i flussi dei pendolari”.
Proprio sulla gestione dei flussi, è impegnato in questo momento il Governo. La Ministra Paola De Micheli ha annunciato che insieme ai colleghi dell’Economia e dello Sviluppo stanno studiano lo scaglionamento degli orari degli uffici proprio per decongestionare le fasce più sovraffollate come quella della mattina.
Professore serve anche un cambio di mentalità?
“La pandemia ha portato tutti noi a riflettere molto sulle nostre scelte. Questo periodo ci sta dimostrando che non abbiamo la necessità estrema di andare in ufficio per lavorare, lo smart working non è certo la soluzione a tutti i problemi ma alcune cose si possono fare tranquillamente da casa. Credo che in futuro il pendolarismo per esigenze lavorative verrà sempre meno e il lavoro da casa sarà accettato dai datori con meno diffidenza di prima”.
C’è un modello cui guardare?
“Penso all’Olanda, alla Germania dove effettivamente il trasporto pubblico è molto ben organizzato ma non credo si debba parlare di ‘modello’, in questi Paesi è forte la cultura di spostarsi utilizzando i mezzi pubblici. Se guardiamo all’Olanda poi non possiamo non pensare a quanto sia diffuso lì l’uso della bicicletta”.
Ed è anche alla bicicletta che pensa la Ministra De Micheli con incentivi all’acquisto di bici e bici elettriche e aumentando le piste ciclabili. Un po’ come stanno già facendo all’esterno (LEGGI).
Resta un nodo da sciogliere: ci fideremo a tornare a vivere le strade e le città?
“Bisognerà vincere la diffidenza, questo starà nella capacità di ognuno di noi di farlo ma dovrà anche essere presentata una valida offerta. Credo che sia fondamentale riflettere sul fatto che questo periodo così difficile ci dà però anche la possibilità di trasformare alcune necessità in opportunità e creare nuovi modelli sostenibili per la nostra vita.
A cosa si riferisce?
“Penso alle telecomunicaizoni. In questo momento di distanziamento sociale hanno avuto un ruolo fondamentale perché ci stanno permettendo di svolgere a distanza la nostra quotidianità. Esistono tecniche come la telemedicina e la teledidattica alle quali applicare in maniera proficua le nostre conoscenze. E che penso troveranno sempre più spazio in futuro”.
A tal proposito, nell’immediato, l’istituto TeCIP (Tecnologie della Comunicazione, Informazione, Percezione) del Sant’Anna e dove insegna Castoldi, è tra i partner del progetto Horizon 2020 “Optima” che ha l’obiettivo di realizzare, grazie a finanziamenti europei, una piattaforma software che permetta di integrare sistemi informativi diversi ed eterogenei di differenti gestori di infrastruttura che gestiscono il monitoraggio di elementi essenziali e non essenziali. La piattaforma sarà validata da tre gestori di infrastruttura partner, tra i quali Rete Ferroviaria Italiana (RFI), per monitorare elementi fondamentali del traffico ferroviario.