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Nel profondo blu dei JoyCut: psichedelia suburbana per riflettere sull’ambiente

Mercoledì 11 settembre la band italiana che ha “stregato” Robert Smith dei Cure in concerto al Forte Belvedere di Firenze. Ingresso gratuito su prenotazione

JoyCut

All’interno del “Musica e cultura festival” a cura di NEM_Nuovi Eventi Musicali arrivano in concerto mercoledì 11 settembre al Forte Belvedere dopo quasi 10 anni di assenza da Firenze i JoyCut che saranno eccezionalmente accompagnati dal Nuovo Balletto della Toscana. 

La band fondata nel 2003 a Bologna da Pasquale Pezzillo e Gaël Califano ha da subito conquistato una visibilità internazionale attraversando Europa, Stati Uniti ed Asia.

La loro musica è un mix di percussioni industriali, tamburi tribali, respiri orchestrali, esplorazioni avanguardiste, elettronica pura, scorci di oriente e psichedelia suburbana, post punk cibernetico a salvaguardia dell’ambiente.

Non è un caso se nel 2018 Robert Smith dei Cure li ha chiamati a partecipare al Meltdown Festival di Londra, esperienza che è poi diventata anche un documentario dal titolo “JOYCUT | Robert Smith’s Meltdown [OneStepCloserToTheMoon]”.

I JoyCut presenteranno, per la prima volta a Firenze, il loro ultimo disco TheBluWave uscito nel 2022, opera di disapprovazione sistemica e denuncia ecologica, per dare voce, attraverso il suono, all’urlo della natura violata.

“Ci abbiamo messo quasi nove anni per scrivere, rielaborare e finalizzare TheBluWave quindi per noi la dimensione del tempo è lunare e allo stesso tempo intrisa di significato – ci ha raccontato Pasquale Pezzillo – Ponderiamo ogni aspetto perché riflette il tracciato della nostra esistenza. Non riusciamo a produrre con estrema celerità, il processo di riflessione ha bisogno di tempo per essere credibile ai nostri occhi. Negli ultimi anni abbiamo presentato TheBlueWave in giro, siamo stati anche al museo MAMbo con un’installazione olofonica dell’album. Per noi la musica strumentale è un ponte inequivocabile di apertura nei confronti di altri linguaggi. Nella nostra condizione scrivere, esprimerci, esplorare i suoni è la prima cosa che facciamo ogni giorno. Abbiamo del materiale su cui stiamo lavorando, la nostra intenzione è di liberarlo quanto prima”.

Per noi la musica è un ponte inequivocabile di apertura nei confronti di altri linguaggi. Scrivere, esprimerci, esplorare i suoni è la prima cosa che facciamo ogni giorno

Il vostro disco si intitola TheBlueWave, come mai il colore blu affascina così tanto gli artisti e i musicisti, dai New Order a Pablo Picasso, da Miles Davis a Matisse, da Nick Drake a Raymond Queneau?

Il blu è interessante come colore se si studia la sua storia perché è un colore che emerge più in là rispetto agli altri, legati a dimensioni clericali dal Cristianesimo in poi come il bianco, il nero, il rosso. Il blu è un colore nuovo, che viene riportato in Europa recentemente, quindi è un colore che attrae per la sua fluida profondità. Da un lato attinge al nero, alle profondità, all’abisso, alla riflessione interiore, dall’altro invece eleva verso l’alto, le stelle, il cielo, le costellazioni, le galassie. Sicuramente è un colore sognante che è stato travisato negli anni più recenti. Per la sua dimensione di pace, di serenità è stato scelto dall’ONU, da compartimenti politici per instillare una certa sensazione. Ma restando all’arte l’aspetto più importante, che Kandinskij ha sottolineato, è il passaggio eterno che l’artista va cercando quando si tuffa nell’Inferno per comprendere il senso della realtà e della vita, e invece la speranza quando trova un appiglio per comprendere un pezzettino dell’universo. Il blu è anche il colore della terra definitaThe Pale Blue Dot. Da bambino ho anche scoperto che il mare è blu perché riflette il cielo, altrimenti l’acqua sarebbe trasparente. Per me e anche per la band il blu è stato sempre un colore definitivo, pronto ad accoglierci. 

Robert Smith vi ha chiamati per il Meltdown Festival di Londra, cosa ci puoi raccontare di questa esperienza?

Per noi è stata una “carezza cosmica”, l’abbiamo definita così. Abbiamo ricevuto una lettera direttamente da lui. Il Meltdown è uno dei festival più importanti in assoluto perché la direzione artistica è a cura degli artisti più importanti, vere leggende dell’industria musicale e la line up è diversa da tutte le altre. Robert Smith non ha chiamato artisti che erano in tour, in promozione, non ha usato le classiche logiche di mercato per cui in ogni festival d’Europa come in un grande supermercato si trovano sempre gli stessi artisti, imposti dalle agenzie. Smith ha scelto gli artisti che amava, per rigenerare la sua ispirazione. Quando abbiamo ricevuto questa mail, dal nostro idolo, colui per cui io ho cominciato a suonare, puoi immaginare il tremore, lo stupore, la meraviglia e la gioia. Eravamo in una fase in cui suonavamo molto, il nostro show era rodato, ma abbiamo deciso di stravolgere tutto, suonare qualcosa che non avevamo mai fatto prima…quello che sarebbe poi diventato TheBluWave.

Un anno fa succedeva qualcosa di incredibile, un concerto che voi avete realizzato insieme all’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna. Credo sia un evento che ha cambiato la vostra vita e anche il vostro approccio alla composizione della musica, è così?

Per noi è stato un evento centrale, sicuramente significativo, mi piace definirlo un “cuneo” fondante all’interno della nostra linea del tempo. Ha cambiato senza dubbio un certo tipo di prospettiva nell’offerta del suono. L’incontro con l’Orchestra è un incontro che deve dare spazio a un alveare molto delicato, analogico al 100%. Bisogna immagine che 24 violini hanno bisogno di stare insieme per tenere un “do” invece un sintetizzatore con un dito ha una potenza espressiva fuori dall’ordinario, la partita dunque è impari. Bisogna lasciare spazio all’Orchestra che si fonda su equilibri delicatissimi. L’incontro con questa dimensione sonora è stata un’esperienza che ha aperto una dimensione di dinamica all’interno della band che prima era più nascosta. Lavorando con il maestro Corvino alle partiture, alle trascrizioni abbiamo anche scoperto quanto di orchestrale fosse già insito all’interno delle nostre composizioni. Il lavoro dunque non è stato di stravolgimento, quanto di incontro.

A Firenze mancate dal 2013, sono ormai dieci anni, cosa ci farete sentire?

Intanto siamo molto contenti di aver ricevuto questo invito, noi non imponiamo mai la nostra presenza. Dove veniamo chiamati andiamo sempre con grande felicità leggerezza e speranza. Tornare in una città italiana così importante dopo dieci anni è importante per noi. L’ultima volta eravamo in concerto al Tender, lo ricordo perché ci fu un bel pubblico, quella venue funzionava tanto, ci fu un impatto molto bello e pensammo che ci saremmo  dovuti assolutamente tornare. Torniamo dieci anni dopo, il percorso è stato intenso, nel frattempo siamo molto maturati. È bellissimo creare questa sinestesia con il Nuovo Balletto della Toscana, sarà interessante emozionarci. Ho sempre immaginato che la nostra musica potesse essere orchestrale e danzabile. Inoltre i temi che noi trattiamo sono a volte cruenti e feroci, quando ci sono i visual sull’allevamento intensivo qualcuno si alza e va via. Spero che il Balletto riesca ad interpretare anche questa nostra urgenza sull’ambiente, e riesca a comunicarla in maniera ancora più forte insieme alla musica.

JoyCut, mercoledì 11 settembre, Forte Belvedere, Firenze.
Ingresso gratuito con prenotazione, posti limitati.
Informazioni: info@nuovieventimusicali.it, 3336106876.

JoyCut

Informazioni sull’evento:

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