Il cantautore livornese Francesco Motta per tutti solo “Motta” è tornato dopo tre anni e una pandemia di mezzo da “Vivere o morire” con il suo nuovo disco “Semplice” candidato al Premio Tenco come miglior disco del 2021. Motta sarà in concerto il 10 luglio a Pistoia Blues insieme a Lucio Corsi e il 22 luglio all’Arezzo Music Fest, in apertura Lorenzo Kruger.
Francesco Motta è polistrumentista, cantante e autore, ha iniziato a suonare fin da piccolissimo. Nato a Pisa da genitori livornesi, romano d’adozione, suona scrive e si diletta come fonico per tantissime band, fino a crearne una proprio nel 2006, i Criminal Jokers, band punk-new wave, di cui è paroliere, cantante e batterista. Ha collaborato con artisti della scena musicale alternativa più rilevanti del momento: Nada (con cui suona basso, tastiere chitarra e cori), Pan Del Diavolo (batteria e tour per il tour di “Folkrockaboom”), Zen Circus (tecnico del suono per il tour di “Andate tutti affanculo”) e Giovanni Truppi (chitarra e tastiera).
Nel 2016 esce il suo primo disco solista “La Fine Dei Vent’anni” di cui scrive i testi, compone le musiche e cura gli arrangiamenti. A fine 2016 ottiene due importanti riconoscimenti. A settembre viene premiato dal MEI con il Premio Speciale PIMI per il Miglior Album di Esordio e, il 20 ottobre, ritira, al Teatro Ariston di Sanremo, la prestigiosa TARGA TENCO per la miglior Opera Prima. Nel 2018 esce il suo secondo album “Vivere o morire” e raccoglie il consenso unanime di critica e pubblico. Nel dicembre 2018 partecipa anche al Festival di Sanremo con il pezzo “Dov’è l’Italia”.
Ecco la nostra intervista
Il tuo nuovo disco si intitola “Semplice”, quant’è difficile per te la semplicità?
È la cosa più difficile nel mondo, lo dico anche nel testo, Italo Calvino l’ha detto molto meglio di me in una frase “Leggera non è una piuma che cade, ma un uccellino che continua a battere le ali per rimanere in aria”. È difficile capire cosa si deve fare per arrivare alla semplicità, cioè eliminare il superfluo. In qualche modo è un disco semplice ma semplice fino a un certo punto, è una sorta di ‘prova’ di risposta alla tua domanda.
Ho letto in varie interviste che tu sei una di quelle persone che non ha vissuto ‘benissimo’ questo anno di pausa forzata a cui tutti siamo stati costretti
Beh, guarda se non puoi uscire e non puoi vedere le persone e te la vivi benissimo, vuol dire che hai qualche problema, quindi penso che sia abbastanza normale. Io ho cercato di creare bei ricordi, imparare delle cose e rispondere a domande apparentemente banali, però insomma non è stato facile.
Salveresti qualcosa di questo periodo?
La bellezza di stare fermo, una cosa a cui non ho mai creduto, ed è una cosa che mi porterò dietro. Detto questo adesso non ho nessuna voglia di stare fermo.
Diciamo che tu venivi da un periodo di tantissimi concerti, poi c’è stata una pausa e forse ora è il momento di ricominciare a suonare
Infatti abbiamo fatto il primo concerto del tour l’altro giorno ed è stato una botta emotiva che non mi aspettavo così grande, è stata una cosa unica che non ti saprei nemmeno spiegare. Il palco è stata la mia casa negli ultimi 15 anni quindi è stato per me come tornare a casa.
Il primo singolo uscito del tuo nuovo disco è la canzone “E poi finisco per amarti”, l’amore come un qualcosa da cui non ci si può in nessun modo difendere, un qualcosa di inevitabile
Si ma anche possono coesistere cose apparentemente contraddittorie, non c’è niente di male. La vita non può essere perfetta, è fatta di cose belle e anche di momenti che servono forse a farci capire la bellezza delle cose quando sono belle.
Quando e come hai lavorato al disco durante la pandemia?
In studio, finalmente vedo uno studio mio e questa cosa mi ha permesso di lavorarci tantissimo tempo perchè avevo la libertà di andarci quando mi pareva. Ho lavorato con tanti musicisti della mia band, abbiamo lavorato insieme, sono stata da solo fino a un certo punto.
Ha lavorato al tuo disco anche tua sorella Alice Motta, com’è andata?
In realtà i cori del disco li ha fatti Carolina Crescentini, la voce è di mia sorella. Io e Alice siamo molto uniti ed è una delle mie voci preferite in Italia. La collaborazione è venuta da sé, inseguendo questo discorso della semplicità, quindi non poteva che esserci lei nel mio disco.
Ci aspetta una lunga estate di concerto e poi una grande incognita per il prossimo autunno-inverno, tu come vivi questa situazione?
In qualsiasi modo ci sarò anche quando le cose saranno più complicate di questa estate. Sono abituato a trovare il modo di suonare in situazioni abbastanza complicate. Quando non avevo locali in cui suonare suonavo per strade. La mia “gavetta” mi sta servendo anche come ricordo di uno spirito di adattamento che deve esserci anche ora.
Quest’anno di pandemia ha visto anche una riflessione sulle tutele dei lavoratori del mondo della musica. Tu pensi che la pandemia sia stata l’occasione per migliorare la situazione oppure no? Cammbierà qualcosa?
Per ora il Covid ha solo peggiorato la situazione dei lavoratori della musica che tra l’altro sono stati gli unici a fare manifestazioni con una serietà e un modo di stare senza assembramenti che è stato veramente unico. Per ora non sta cambiando niente, anzi ha solo peggiorato una condizione che era già precaria prima. Io spero che se ne continui a parlare tutti i giorni. Ma c’è gente che ha già cambiato lavoro, è già troppo tardi per i gestori dei locali, per i tecnici. Siamo già in ritardo, non è un discorso risolto, proprio no.