Dal 27 ottobre al 30 dicembre nella galleria Cartavetra arriva la mostra “Le due rose” che porta a Firenze una quindicina di opere dell’artista ucraino Pavlo Makov che ha rappresentato il suo paese alla 59/a Biennale internazionale di Arte di Venezia.
Il titolo della mostra fa riferimento ai fiori curati dall’artista e dalla moglie nella loro casa in campagna.
“L’immagine delle rose che danno il titolo al progetto di mostra è concreta – spiega l’artista -. Io e mia moglie ogni ottobre andiamo nella nostra casa fuori città per coprire le rose del nostro giardino, preservandole cosi dal freddo, e a marzo, ogni anno, le scopriamo nuovamente. Ci prendiamo cura delle nostre rose da vent’anni, e ora la nostra casa, a dieci chilometri dal confine, è occupata. Il nostro giardino, rovinato, e le nostre rose sono morte”.
Nelle mie opere c’è un segno di speranza perché non è possibile vincere la guerra se sei pessimista, soprattutto se hai un avversario grande e potente
Le opere di Makov vogliono proporre una riflessione sullo scopo dell’arte, necessariamente legata alla vita, a una visione tanto personale, quanto collettiva, della condizione umana.
La rosa diventa così metafora della vita da cui l’arte non può e non deve separarsi, abbassandosi a mero strumento di propaganda politica.
“Sono concentrato sui disegni – spiega Makov – la rosa è un disegno con matite colorate, mentre in altre opere c’è anche un po’ di stampa. Io non lavoro come pittore perché con la carta mi sento più libero. La pittura è come una dichiarazione, mentre il disegno è ricerca, il punto della matita è così piccolo e con quello si deve andare alla ricerca. Quello che io faccio è come un mio diario privato, più che un pezzo di arte. La carta mi dà la possibilità di tagliare, incollare e io mi sento libero”.
L’artista interrogato sulla guerra in Ucraina ha detto: “solo di una cosa io sono sicuro: quando mi chiedono se è possibile trovare un compromesso io chiedo ‘con chi?’. L’idea della Russia è che l’Ucraina non esiste, è semplicissima”.
Ma “nelle mie opere c’è un segno di speranza perché non è possibile vincere la guerra se sei pessimista, soprattutto se hai un avversario grande e potente”.
“Le prime due settimane di guerra sono stato a Kharkiv – ha detto Makov – poi ho sentito un missile sopra di me e una grande esplosione. Così sono andato a prendere mia mamma che vive a 500 metri da me, siamo stati un po’ di tempo in rifugio con mia moglie poi siamo partiti”. Makov ha poi spiegato di essere tornato in Ucraina a “maggio, a Kharkiv il nostro appartamento non è stato toccato, mentre la nostra casa in campagna è occupata dai russi ed è stata saccheggiata. Noi ci aspettavamo questa guerra, ma è comunque una cosa che sconcerta. Ho deciso che devo continuare a lavorare perché l’Ucraina è davvero sotto rappresentata dal punto di vista culturale, è sempre stato un grande problema. Devo continuare il mio modesto fronte di difesa della cultura del mio Paese”.