Il calcio anche oggi “mi piace tutto. Non è un mondo perfetto, ci sono dei difetti, ma lo amo allo stesso modo”. In un’intervista rilasciata all’Ansa Marcello Lippi parla della sua sterminata carriera e di ‘Adesso vinco io‘ il docufilm che Simone Herbert Paragnani e Paolo Geremei gli hanno dedicato.
Il film non fiction, dopo il debutto al Torino Film Festival, è stato selezionato per i Nastri d’Argento documentari e sta per arrivare in sala con un’uscita evento da lunedì 26 a mercoledì 28 febbraio con Lucky Red, che cura la distribuzione commerciale.
“E’ stata una soddisfazione che qualcuno abbia pensato di ripercorrere tutte le tappe più importanti della mia carriera – commenta Lippi – dal punto di vista del mio percorso professionale e della mia famiglia, in ogni aspetto. Mi ha fatto molto piacere”.
Marcello Lippi e “Adesso vinco io”
‘Adesso vinco io – Marcello Lippi‘, prodotto da On Production e Master Five Cinematografica con Rai Cinema, traccia, tra pubblico e privato, un ritratto del ‘mister’ viareggino, classe 1948, cinque volte campione d’Italia con la Juventus (con cui ha conquistato, fra le altre, anche la Champions League e la Coppa Intercontinentale), commissario tecnico della nazionale italiana (dal 2004 al 2006 e dal 2008 al 2010), che ha guidato l’Italia alla vittoria della Coppa del Mondo FIFA 2006.
Un ritratto inedito del mister
Un percorso costruito con filmati di famiglia, immagini d’archivio, il dialogo con Lippi, le interviste a un’ondata di protagonisti del calcio (tra gli altri: Ivano Bordon, Zinedine Zidane, Francesco Totti, Christian Vieri, Gianluigi Buffon, Giorgio Chiellini, Alessandro Del Piero, Adriano Galliani, Marco Materazzi), insieme ad altri amici, ammiratori, colleghi, componenti della sua famiglia.
Il film torna anche alla prima vita di Lippi nel calcio come giocatore, cresciuto nella Stella rossa di Viareggio e arrivato in serie A con la Sampdoria: “Allora non immaginavo un giorno di allenare – spiega – ma bisogna dire la verità, non avevo potuto studiare molto, ne’ avevo preso diplomi… così quando ho smesso di giocare ho pensato di continuare nel calcio, che è sempre stata una mia grande passione. Volevo cercare di fare qualcosa di importante e ho pensato a diventare allenatore”.
Due orgogli: la famiglia e la Coppa del mondo
L”adesso vinco io’ del titolo è il principio dal quale l’allenatore è partito in ogni nuova avventura professionale: esistono delle linee guida, che ha sempre seguito, per vincere? “Quella più importante è avere giocatori forti – risponde sorridendo -. Poi i giocatori bravi bisogna metterli nelle condizioni psicologiche e fisiche per rendere al massimo delle loro possibilità e in quello forse sono stato un po’ bravo anch’io”.
Nella sua vita i due più grandi orgogli sono “la famiglia e la Coppa del mondo“. Una vittoria, quella del 2006, “arrivata grazie alla qualità anche umana di quei giocatori, e alla grande voglia che avevano di mettersi a disposizione l’uno dell’altro, una cosa stupenda“. Quella ai mondiali “è stata una cavalcata fantastica dal primo all’ultimo giorno”.
Tra le istantanee che Lippi richiama di quella vittoria, “l’attimo nel quale abbiamo avuto fra le mani quella coppa dorata, e poi ritrovarmi buttato in aria da tutti calciatori… un momento fantastico”.
La grande passione per il mare
Il film non fiction dà spazio anche a un’altra delle sue grandi passioni, il mare: “Per me non ha mai rappresentato una fuga, perché non devo scappare da niente, ma le sensazioni che provo quando sono in mare, nuotandoci, o andando in barca sono fra le più preziose per me”.
Come ha deciso quando smettere da allenatore? “Ho iniziato a pensarci dopo aver vinto il mondiale”, e di nuovo alla fine del secondo periodo da allenatore della nazionale italiana: “Ho pensato a quanto fossi stato fortunato nella mia carriera…. Poi però mi è arrivata un’offerta talmente importante, anche economicamente, dalla Cina (nel 2012, quella di allenare il Guangzhou, ndr) che ho deciso di accettare. Abbiamo vinto tre scudetti e una Champions asiatica…. è stata bella anche quell’esperienza”.
Nella sua carriera, pure le sconfitte le ha sempre affrontate a viso aperto: “fanno parte del nostro lavoro e danno più significato alle vittorie”. Oggi ad un giovane allenatore che consiglio darebbe? “Cercare di ottenere dai suoi giocatori il massimo, dal punto di vista tecnico ma soprattutto dal punto di vista umano”.