Dopo essere stato a Cannes e alla rassegna estiva della Cineteca di Bologna, Il cinema ritrovato, arriva per la prima volta in sala il documentario di Margarethe von Trotta e Felix Moeller, Searching for Ingmar Bergman, che sarà presentato dalla nota regista tedesca al cinema La Compagnia di Firenze, lunedì 13 maggio (ore 21.00), proposto da Festival Internazionale di Cinema e Donne.
Ad essere messo in risalto, è infatti proprio il punto di vista di una donna. E’ Margarethe von Trotta stessa che diventa narratrice e racconta la visione del cinema e del mondo di un grande maestro, che è sempre stato uno strenuo difensore delle donne: “in me ci sono molte donne”, aveva dichiarato il regista svedese.
Una delle protagoniste del film è proprio una donna, Liv Ulmann, attrice norvegese, moglie di Bergman e interprete di molti dei suoi film, tra cui Persona, L’ora del lupo, Sussurri e grida, Passione, L’uovo di serpente, Sinfonia d’Autunno. Insieme ad altre interpreti, come Gaby Dohm e Gunnel Lindblom, ad essere descritto è il cinema di un genio, che sapeva interpretare l’universo femminile, che affrontava spesso nelle sue opere il rapporto dell’uomo con il trascorrere del tempo, con la morte, e, come afferma nel film lo scrittore Jean Claude Carrère, con il senso di colpa e con il continuo conflitto tra ciò che si dovrebbe essere e ciò che si è realmente. Un complesso di sentimenti messo in scena tra bianco e nero, silenzi, colpi di scena, atmosfere di paura e suspence.
Ad un certo punto del documentario, che si compone di rari filmati inediti, appare Ingmar Bergman che afferma: “L’arte non è sempre stata in una certa misura la terapia per l’artista?”. Una frase che ci porta dentro al suo cinema, che nasce dall’inconscio – come afferma il regista Olivier Assays nel documentario – e che sa parlare un linguaggio universale.
Margarethe von Trotta ha voluto dedicare un film a Ingmar Bergman in occasione del decennale della sua scomparsa, avvenuta nel 2007, vista l’importanza che quest’ultimo ha rappresentato per il suo cinema, come fonte di ispirazione e modello indiscusso. “A Parigi ho visto per la prima volta “Il settimo sigillo” – ha dichiarato la regista – e ho capito che quello che desideravo fare, nella vita, era “quel cinema” ad ogni costo”. Il risultato è un film bellissimo, un documentario imperdibile, nel quale la von Trotta ha saputo ritrovare i colori, le tonalità, e i sentimenti che Bergman ha suscitato in lei.
La giornata-evento dedicata al cinema di Margarethe von Trotta, lunedì 13 maggio, al cinema La Compagnia, inizia alle ore 15.00, con il documentario di Barbara Barni, Il respiro dello sguardo. Il film documenta un inedito incontro della regista, alla fine degli anni ’90, con un gruppo di studentesse dell’università La Sapienza di Roma. Partecipa alla proiezione la critica e docente di Cinema, Ester Carla de Miro.
L’evento prosegue alle 17.00, con la proiezione del film L’Africana, di Margarethe von Trotta (Germania, Italia, 1990). Ad essere riproposto dal Festival Internazionale di Cinema e Donne è quello che viene considerato un film bergmaniano, specie nella geometria dei personaggi, che compongono e scompongono una tela di relazioni non sempre prevedibili. Un titolo che fa parte dei cosiddetti film “italiani” della von Trotta, per produzione e gran parte delle maestranze. Stefania Sandrelli è Anna, la cooperante italiana che arriva dal Mali a casa di Martha (Barbara Sukova), dottoressa tedesca che vive a Parigi con Victor suo marito (Sami Frey). Tra le due donne e Victor i rapporti variano nel corso della vicenda. Amori e tradimenti mettono in crisi l’amicizia, in un destabilizzante continuo scambio di ruoli. In questo contesto l’Africa entra in gioco come elemento magico, di influenza non razionale, al tempo stesso indiscutibilmente potente.