Aveva perso tutta la sua profondità e la vivacità cromatica, riducendosi a una versione ingiallita ma dopo un accuratissimo intervento di restauro è tornata allo splendore originario: è la celebre Madonna della Cesta, opera del genio della pittura fiamminga Rubens, che dopo tre anni di restauro nei giorni scorsi è stata ricollocata nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze.
Il capolavoro è di nuovo visibile a tutti nella magnifica Sala di Giove, decorata con gli affreschi a tema mitologico di Pietro da Cortona. In questo spazio il dipinto si trova in ottima compagnia, insieme a creazioni come la Velata di Raffaello, le Tre Età dell’Uomo di Giorgione, il San Giovannino Battista di Andrea del Sarto, la Madonna del Sacco di Perugino e il Ritratto in armatura di Guidobaldo della Rovere del Bronzino.
Quando, nel 2016, la Madonna della Cesta fu affidata all’Opificio delle Pietre dure, le sue condizioni erano gravemente compromesse. L’accumularsi, nel corso del tempo, di pesanti interventi di restauro sulla superficie dell’opera seicentesca le avevano conferito, a causa del sovrapporsi delle vernici, un aspetto ingiallito, piatto, del tutto privato della vivacità che caratterizzava originariamente l’opera. In alcuni punti, addirittura, il colore risultava sollevato o staccato.
A salvare il dipinto è stato un team di specialisti – Francesca Ciani Passeri e Patrizia Riitano con Andrea Santacesaria – che, armati di infinita pazienza, hanno progressivamente “esfoliato via” tutti gli strati di vernice successivamente aggiunti, restituito al capolavoro rubensiano la sua intensa e variegata qualità cromatica e “ammorbidito” il supporto di legno, eccessivamente irrigidito in seguito ad un vecchio intervento di consolidamento.
“Adesso nella Madonna della cesta è di nuovo possibile ammirare i dettagli degli incarnati e delle capigliature, che rimandano ad una verità tutta fiamminga della resa naturalistica dei personaggi e che avvicinano i protagonisti sacri alla ritrattistica domestica tanto cara a Rubens – spiega Cecilia Frosinini, supervisore del restauro – altro elemento di grande rilievo, dopo la pulitura, risulta poi essere il bel tappeto che di nuovo indirizza verso le ricchezze materiche dei brani quasi da natura morta ante litteram, che l’artista introduce nelle sue opere per alludere allo status sociale dei committenti”.
Dalle analisi diagnostiche hanno preceduto il restauro sono anche emerse sulla superficie del dipinto tracce di carta, che potrebbero essere riconducibili al cartone preparatorio utilizzato da Rubens. Questa ed altre suggestive ipotesi di elevato interesse scientifico verranno analizzate e spiegate dall’Opificio delle Pietre in uno studio scientifico sul dipinto, di prossima pubblicazione.