Lucio Corsi è un cantautore toscano di ventisei anni, proveniente da Vetulonia un piccolo paese nella Maremma grossetana, dove ha vissuto libero e selvaggio in mezzo alla natura e agli animali. Nel 2012 sconfigge la matematica e dopo varie esperienze con gruppi della zona ed altrettante esplorazioni di tombe etrusche si trasferisce a Milano. Nella città tentacolare fonda un duo musicale con il quale inizia a suonare sia nei locali che in strada. Con una buona dose di cocomeri, dinosauri, farfalle e sigarette per la testa decide di intraprendere la carriera solista proponendo brani propri in italiano. Ha all’attivo due CD, Altalena Boy/VetuloniaDakar e Bestiario Musicale, entrambi pubblicati da Picicca Dischi. Nel 2017 ha aperto i concerti del tour teatrale dei Baustelle e di Brunori Sas.
Il suo terzo disco appena uscito, Cosa faremo da grandi? realizzato con Francesco Bianconi dei Baustelle e Antonio Cupertino è un’opera rock segnata da una totale fascinazione per le sonorità glam degli anni Settanta, e per cantautori come Paolo Conte, Ivan Graziani, Renato Zero, Lou Reed e David Bowie. Il disco ha dato vita anche a un progetto video più ampio in collaborazione con Tommaso Ottomano, che è a poco a poco diventato un docu-fanta-music-film che stiamo scoprendo giorno dopo giorno. Ecco la nostra intervista.
Ciao Lucio! Nel tuo ultimo disco Bestiario musicale parlavi della tua terra, la Maremma e i suoi animali, in questo invece ti sei dedicato al mare, cosa ti affascina di questo elemento?
Come diceva Ivan Graziani in ‘Firenze canzone triste’: “La mia casa è il mare con un fiume no, non la posso cambiare”, si fa riferimento al fatto che se nasci in un posto di mare te lo porti sempre dentro, ti serve quello. È così anche per me, sono nato e cresciuto in Maremma, il mare è un elemento importante di questa terra. Questo disco non lo vedo tanto incentrato principalmente sul mare, è un elemento fondamentale che ritorna in tante canzoni, ma anche il vento è molto presente. Non l’ho pensato come un concept album, come è stato per il Bestiario, volevo approcciarmi alla scrittura in modo classico, volevo che ogni canzone avesse una storia sua e un suo stile sonoro. Sono felice del risultato.
Ti chiedevo del mare perché legato al tuo disco c’è anche un progetto video, che stiamo scoprendo proprio in questi giorni, insieme a Tommaso Ottomano, un piccolo film che va avanti canzone dopo canzone, che si svolge proprio su una barca, in mezzo ai pescatori
Tommaso è di Porto Ercole e poi si è trasferito a Milano come me. Portiamo avanti da anni una sorta di ‘fratellanza artistica’ la chiamiamo così. Era un po’ di tempo che pensavamo di realizzare una cosa del genere, una sorta di fanta-music-docu-film ambientato tutto in maremma. A settembre abbiamo girato questa sorta di mediometraggio che uscirà col tempo, vorremmo farlo passare per qualche festival, quindi deve rimanere inedito ancora per un po’. All’interno del film sono presenti i videoclip che sono già usciti, più altre parti di racconto, di poesie e situazioni surreali tutte ambientate in Maremma.
Per il disco hai collaborato con Francesco Bianconi, tutti ti chiedono come e quanto lui ti ha influenzato, ma a me sembra più probabile il viceversa, quindi volevo chiederti quanto tu lo hai influenzato, dato che tra poco esca anche il suo disco solista?
Con Francesco è da un po’ di anni anche siamo amici, abbiamo tante passioni in comune, anche a livello di gusti, riferimento al folk, Dylan, il Glam, Bianciardi, la Maremma stessa. Anche l’amore per un certo tipo di strumenti vecchi che abbiamo usato per il disco. Sono tante le cose che ci legano. Mi sono trovato bene anche con Cupertino, siamo un bel trio. È stato bello lavorare insieme.
In Italia in questo momento vedo due correnti musicali molto forti, da un lato la Trap, i rapper, dall’altro il ritorno al cantautorato che però sta producendo musica sempre più omologata. Tu mi sembri particolarmente originale, forse proprio perché non ascolti la musica più recente, ma ti rivolgi al passato per trovare ispirazione?
Sì, è una questione di gusto, i miei cantati preferiti sono questi: Dalla, Paolo Conte, Ivan Graziani, il Glam, Lou Reed, Roxy Music, David Bowie, T Rex. Anch’io oggi trovo un grande appiattimento di qualità e profondità nei testi. Più una canzone è leggera, più è un sacchetto di plastica volante più viene preso bene. L’unico modo giusto secondo me è procedere per una via propria senza trovare nessun punto di contatto in una cosa che non mi stimola non mi da emozioni e non mi interessa. Non avrebbe nessun senso per me incrociare quella via per avere più visibilità, son o mode che cambieranno nel corso negli anni, l’importante è fare la propria strada, per essere soddisfatti.
Mi sembra che nel tuo percorso artistico abbia una grande importanza anche il travestimento, il proporsi in un certo modo, con determinati costumi. Non ti vorrei paragonare ad Achille Lauro, perché fate musica molto diversa, ma anche lui a Sanremo ha rispolverato i costumi di David Bowie e viene spesso criticato perché si dice che usa un involucro senza riempirlo di contenuti. Si critica cioè il fatto che cita Bowie ma solo per la sua estetica, non per la sua musica, svuotandolo in un certo senso. Cosa ne pensi?
Oggi più un cantante è normale, più ci puoi andare a mangiare una pizza e più è capito e apprezzato. Invece un tempo il bello era proprio il fatto che Peter Gabriel appariva sul palco come una divinità, un’apparizione mitologica. Questo fa parte, secondo me, della musica e ci deve essere intorno del lavoro tanto quanto sulle canzoni. A me piace vederla così, non devo pensare solo alle canzoni, ma anche all’estetica, a come la canzoni verranno portate sul palco, anche la copertina del disco deve essere un quadro e deve vivere anche senza le canzoni. È una cosa che secondo me dà spessore al tutto, mi piace vederla così. Il gesto di Achille Lauro io lo condivido, anch’io amo quel tipo di estetica, poi dipende da quello che una persona vuole fare. In quel caso è più una performance, magari la canzone non mi ha preso, non ci trovo molto a livello musicale, lo vedo più come il gesto di un performer e va bene così. Ovviamente per me il top è quando una cosa è curata esteticamente, ma c’è anche una base di poesia e di musica importante, a quel punto tutto si regge.
Come sempre i tuoi testi mi colpiscono molto e mi sono segnata tante frasi. Per esempio quella che da il titolo al primo singolo “Neanche da vecchi si sa cosa faremo da grandi”, mi sembra quasi che questo sia il segreto per rimanere sempre giovani
Mi piace che tu la veda così, torna il ragionamento. È ciò che mi ha passato la mia famiglia, è l’idea di un modo di vivere, in cui non ci si muove per essere ricordati o per ottenere chissà quale risultato. A me piace la musica, cerco di farlo al meglio, ma se tra qualche anno farò qualcosa di diverso va bene lo stesso. Si festeggiano le linee di partenza e non i traguardi.