I filari di vite spogli d’inverno, nodi arrugginiti dal tempo, vibrano d’energia a primavera, esplodono di sentimento d’estate. Quante immagini davanti agli occhi, quanti scenari. Scatti d’autore, quadri impressionisti, stralci di vita vissuta. Quanta poesia. La stessa che ritrova tra le sue vigne nel Chianti Classico Leonardo Manetti, una storia fatta di vino e versi, di parole impresse sulla carta o in digitale, ora che scrivere a mano è diventato quasi un lusso di pochi.
“Dove c’è poesia, ci sono l’uomo e la natura – racconta – una simbiosi che trova un fertile terreno nella mia anima”.
Iniziamo a parlare.
Intorno al vino è possibile costruire una narrazione sensoriale e anche una storia. Come si sono incontrati nella tua vita questi due mondi, il vino e la poesia?
La semplicità dei valori del mondo contadino mi ha incoraggiato a scrivere. Nei miei versi c’è tanto della mia terra e le mie poesie sono lo specchio fedele delle emozioni che i luoghi, i paesaggi e i prodotti che coltivo mi trasmettono. Ho cominciato a scrivere nel periodo dell’adolescenza, quando ho sentito il bisogno di affidare le mie voci silenziose a un foglio bianco.
Oggi molti giovani si sono riscoperti innamorati dell’agricoltura, mossi da un richiamo, un desiderio, un obiettivo nuovo. Per te invece tutto parte da radici familiari, dove inizia la tua storia?
Con la fine della mezzadria negli anni ’60, mentre molti abbandonavano le campagne per andare a lavorare in città, mio nonno Nello con la moglie Annita e la loro famiglia si mise in proprio. Insieme diventarono coltivatori diretti. Così nel 1963 aprì l’Azienda Agricola Sagrona che ha chiuso nel 2016. Il mio sogno fin da piccolo era semplice, fare vino e fare poesia. Ho sempre lavorato nell’azienda di famiglia, non vedevo l’ora di tornare a casa dopo la scuola per partecipare alla vendemmia e attendevo l’arrivo dell’estate per poter andare a lavorare in vigna. Così nel 2007 mi sono laureato in Viticoltura ed Enologia a Firenze e nel 2009 ho aperto la mia azienda agricola.
Il tuo vino lo produci a Greve in Chianti, uno dei templi toscani della viticoltura. Se dovessi dedicare un verso alla tua terra, al tuo vino, quali parole sceglieresti?
Sicuramente il primo verso delle poesia “Vino” alla quale sono molto affezionato: “Un paesaggio nato dal sudore”.
Oggi chi viaggia cerca un’esperienza diretta anche con il mondo del vino. La poesia può essere un tramite per unire territorio, produzioni, storie agricole, etichette?
Con la poesia si può cogliere la bellezza e fotografare con le parole
Sicuramente si. Una citazione dice: “Per fare un grande vino sono necessari: un folle per coltivare le viti, un saggio per sovrintendere, un poeta lucido per creare il vino, un innamorato per berlo”.
Con la poesia può cogliere la bellezza e fotografare con le parole. Il segreto della poesia è avere lo stupore e l’innocenza di quando siamo bambini, cercando di risvegliare quel fondo fanciullesco che tutti gli uomini dovrebbero mantenere.
Cosa offrire agli enoturisti oggi?
Una cosa essenziale alla quale si è data poca importanza qui da noi è la rete sentieristica. Ognuno ha il suo modo di vivere la vacanza e le proprie passioni ma il trekking rappresenta sicuramente un modo interessante e lento per scoprire le bellezze naturali e il mondo intorno al vino. Un’altra cosa interessante può essere poi il legame “Arte e Vino”. Il vino trova spazio nell’arte, ma anche molto altro. Il vino, la vigna, l’arte, la storia e il paesaggio si fondono in un tutt’uno.
Cosa ti hanno insegnato il vino, la terra, l’agricoltura?
La vita contadina ti fa innamorare della vita stessa
L’importanza di ogni singolo dettaglio, una vita più semplice e meno frenetica. La vera felicità si trova nelle piccole cose quotidiane, semplici e importanti, basta gustarsi gli istanti e soffermarsi a guardare, ad andare più piano. La vita contadina ti fa innamorare della vita stessa, delle cose sincere e spontanee: un sorriso, un abbraccio, uno sguardo, le foglie di un albero che cadono, le matite che colorano il paesaggio. Ho riscoperto l’arcobaleno, i fiori nei prati, l’odore di un profumo.
La vendemmia è il momento in cui si raccolgono i primi frutti del lavoro di una stagione. Come vivi quei giorni, quel fermento?
Dicono tutto i famosi versi di San Martino del Carducci:
“…ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.”
Quando fai il vino a settembre la vinificazione, cioè il mosto che diventa vino grazie agli zuccheri e ai lieviti, non è poesia? La vendemmia è il momento più bello di tutto l’anno, è la conclusione del ciclo produttivo dell’uva ma anche l’inizio di un nuovo prodotto: il vino. Vivo i giorni della vendemmia con molta felicità ma anche apprensione, perché in quei giorni si decide molto del lavoro di tutto l’anno.
Vigna o cantina?
Sono due momenti molto belli, però se devo scegliere dico vigna. Il vino si fa nel vigneto e in cantina bisogna solo essere bravi a non rovinarlo.
Il Chianti è il sogno di molti. Terra armoniosa, vino eccellente, paesaggi iconici. Per te il Chianti cosa rappresenta?
Una terra dove si può parlare ancora di una buona qualità della vita in un paesaggio ambientale a misura d’uomo e architettonicamente prezioso. Il Chianti è la mia terra e tutti dovrebbero amare alla follia la loro terra d’origine.
Chiudiamo con un pezzo musicale. Per raccontare Leonardo, poeta vignaiolo, che canzone sceglieresti?
Mi permetti di scegliere una poesia? La poesia è musica e la musica è poesia. Non è sempre vero ma in generale è cosi. Scelgo la poesia “Ode al vino di Pablo Neruda”. Un inno che celebra il nettare di Bacco. Poesia e Vino, ovvero due elementi che mi rappresentano al meglio.