Ricordare la storia per non ripetere la storia. E così, mentre Pisa intitolava una rotatoria ad Anna Frank nel Giorno della memoria, in occasione delle celebrazioni per ricordare l’anniversario della firma delle leggi razziali del 1938 sono stati in molti a esprimersi sui provvedimenti antisemiti che per lungo tempo hanno rappresentato divieti e negazione dei diritti agli ebrei. Non si potevano sposare con italiani, non potevano possedere terreni o case di valore, non potevano lavorare in luoghi di pubblica utilità né svolgere altre particolari professioni. Non potevano andare a scuola. La lista dei divieti, assai più lunga, ha segnato in modo indelebili gli anni che hanno preceduto l’orrore dell’olocausto che ne seguì.
“Una pagina vergognosa, l’abisso più buio verso cui ci si spinse in quegli anni. Oggi abbiamo quindi un dovere, quello di ricordare e soprattutto quello di far conoscere alle giovani generazioni quanto accadde” ha detto Alessandra Nardini, assessore alla cultura della memoria della Regione Toscana. Anche lei era a Pisa nell’83esimo anniversario della firma di Vittorio Emanuele III, nella tenuta di San Rossore, sulla prima delle leggi della vergogna, le leggi razziali italiane volute dal fascismo per la persecuzione degli ebrei.
“Ricordare significa dire con forza mai più”
L’orgolio del Pegaso
“Furono anni di vergogna, ma il riscatto arrivò grazie alle donne e agli uomini della Resistenza, che decisero di schierarsi dalla parte giusta. Grazie a quella scelta e insieme al contributo prezioso degli Alleati, abbiamo potuto liberare le nostre città e i nostri paesi” ha aggiunto l’assessore, che nei giorni scorsi ha partecipato anche alle celebrazioni per l’anniversario della liberazione. “Ricordare – ha proseguito Nardini – significa dire con forza mai più. Mai più discriminazioni, mai più violenze, mai più soprusi. La Toscana è terra di diritti, terra di libertà, terra di uguaglianza. Sono orgogliosa di rappresentare una Regione che ha scelto come simbolo il Pegaso alato che fu del Comitato toscano di liberazione nazionale. Affondiamo le nostre radici nei valori dell’antifascismo e della resistenza, e abbiamo come guida la Costituzione e i suoi principi”.
Il “vaccino” della memoria
“Insieme all’Anpi – ricorda l’assessore – abbiamo voluto estendere dal territorio pisano a tutto il territorio regionale il protocollo sullo studio e l’approfondimento della nostra carta costituzionale nelle scuole. Ed è stato particolarmente significativo consegnare una copia della Costituzione alle nuove cittadine e ai nuovi cittadini di Cascina, farlo nel giorno della liberazione, assieme a una copia della raccolta sulle stragi nazifasciste toscane. Noi abbiamo il dovere – ha sottolineato Nardini – di riconoscere nella memoria quello che con il linguaggio della pandemia potremmo chiamare il vaccino più potente che abbiamo contro i pericolosi rigurgiti nazifascisti a cui purtroppo ancora oggi nel nostro Paese e nel mondo dobbiamo assistere”.
“Qui non c’è spazio per la violenza, per l’antisemitismo e per il razzismo”
“Essere a San Rossore – ha concluso – significa anche prendersi un impegno: dire con forza che Pisa, la Toscana e tutto il nostro Paese ripudiano la guerra e qualsiasi forma di discriminazione, sopruso e violenza. Qui non c’è spazio per la violenza, per l’antisemitismo e per il razzismo. Noi vogliamo una società che sia libera, aperta, democratica, plurale”.
Vergognarsi della storia
“Il 5 settembre 1938 è una data nefasta nella storia del nostro Paese. Una data che ci riporta proprio qui in questi luoghi dove il Re d’Italia si trovava e dove firmò la prima delle leggi razziali proposte dal regime fascista. Una pagina di vergogna della nostra storia, che purtroppo ha faticato a diventare coscienza comune“ ha detto il presidente del Consiglio regionale, Antonio Mazzeo, durante la deposizione della corona d’alloro alla lapide nel Parco di San Rossore, che ricorda la firma delle leggi razziali e l’inizio delle persecuzioni contro gli ebrei.
“Qua, a nome del Consiglio regionale che mi onoro di rappresentare, voglio esprimere la più ferma condanna di quelle ideologie che 83 anni fa resero possibile un tale scempio” ha proseguito Mazzeo. “Voglio altresì assicurare alla comunità ebraica pisana e a tutti i nostri connazionali che si riconoscono in quella comunità, l’impegno delle istituzioni regionali a promuovere una cultura aperta, dove il concetto discriminatorio di razza non trova spazio e dove si combatte ogni forma di intolleranza per qualsiasi ragione motivata”.
Esclusi dalla scuola
“Un’intollerabile violenza sulla pelle dei più piccoli e indifesi”
“Vittorio Emanuele III – ha sottolineato Mazzeo – firmò le leggi antiebraiche durante una seduta di caccia, vicino a un ponticello, senza neppure pensare a quello che stava firmando e alle conseguenze. Si comportò da indifferente, non provò nemmeno a cambiare il corso della storia, scelse di dare le spalle all’orrore che stava firmando e producendo. Con quel regio decreto – ha ricordato il presidente – fu colpito un diritto fondamentale: quello all’istruzione. I bambini e i ragazzi della cosiddetta razza ebraica furono esclusi dalle scuole pubbliche. Un diritto che in questo tempo di pandemia abbiamo meglio compreso nel suo valore. La chiusura forzata delle scuole a tutti ci ha fatto capire l’importanza di un’educazione che è al tempo stesso acquisizione di saperi e palestra di socialità. Oggi dunque abbiamo uno sguardo più attento a comprendere il dramma che hanno vissuto quei bambini e quei ragazzi insieme alle loro famiglie. Non potevano più ritornare nelle classi dove avevano lasciato i loro compagni di studi e di giochi. Un’intollerabile violenza per giunta sulla pelle dei più piccoli e indifesi”.
“L’altro frutto perverso di quel regio decreto – ha continuato Mazzeo – fu l’espulsione dei docenti ebrei dalle scuole e dalle università italiane. Educatori e intellettuali che avevano contribuito alla formazione delle giovani generazioni si trovarono messi alla porta. Con grave danno prima ancora che di carattere economico per la loro vita, per la negazione della loro dignità di persone e di uomini. Questa cultura di discriminazione e di intolleranza portò poi alle persecuzioni, alle deportazioni, ai lager” ha ricordato. “Un seme di violenza piantato quel giorno a San Rossore che avrebbe portato questi frutti maligni”.
“Ecco perché ricordando quel giorno, condannando ciò che ha significato, vogliamo ribadire che questa memoria si fa impegno. Mai più una società che esclude, che discrimina, che usa violenza“ ha concluso Mazzeo. “Il Consiglio regionale c’è. La Toscana c’è con la sua cultura millenaria. Il futuro che vogliamo costruire da questo fiore di consapevolezza può prendere vigore. Per questo continueremo il lavoro fatto in questi anni come Regione contro ogni forma di razzismo e discriminazione”.