“Le voci della sera” è un romanzo breve scritto più di 60 anni fa da Natalia Ginzburg, precursore della sua opera più famosa, quel “Lessico Familiare” che le fece vincere il Premio Strega.
Racconta una storia antica ma anche attuale, quella di Elsa una ragazza che vive una storia d’amore in un piccolo paese di provincia.
È un romanzo che parla di relazioni, rapporti umani, abitudini e disabitudini d’amore e pensieri che troppo spesso vengono sotterrati per poter continuare a vivere senza creare troppi problemi.
Elsa si scontra con “Le voci degli altri”, le persone cioè che la circondano e che le vorrebbero spiegare come vivere la propria vita.
Italo Calvino disse alla Ginzburg “È il più bel romanzo che hai scritto” e adesso arriva finalmente al Teatro dell’Antella dall’13 al 16 aprile, messo in scena dall’attrice e regista Silvia Frasson che ne ha curato l’adattamento in accordo con gli eredi e che sarà sola sul palco a raccontare la delicata e dolce amara storia di Elsa e del suo amore.
Ecco la nostra intervista a Silvia Frasson
Parliamo di Natalia Ginzburg una straordinaria scrittrice italiana a mio parere poco valorizzata. Basti pensare che a scuola si studiano sempre Calvino, Pavese, ma lei di rado viene ricordata. Come mai secondo te?
Me lo sono chiesta anche io, ci ho pensato molto e non ho trovato una risposta. Diciamo che lei rispetto agli altri è partita e ha sempre mantenuto una scrittura molto autobiografica, che è la sua caratteristica principale. Mi sono chiesta se fosse questo, la presa diversa che ha fatto la sua scrittura. Tra l’altro Le voci della sera è stato il primo romanzo in cui lei specificava che i personaggi erano inventati, per poi scoprire qualche tempo dopo che i personaggi e la storia sono in realtà presi dai suoi ricordi. In Le voci della sera ci sono abitudini e linguaggi che caratterizzavano i suoi parenti e conoscenti, possiamo riconoscerli bene.
È molto chiaro lo sguardo della Ginzburg anche nelle cose dell’amore, molto crudo, concreto, disilluso
Ogni volta che la leggo la percepisco come una persona molto umile, forse lei stessa per prima non si è mai considerata una grande scrittrice
Lei fa molta tenerezza, ha un modo molto svalorizzante nei confronti di sé stessa, non solo sullo scrivere su tutto. Questo rispecchia anche il suo sguardo molto crudo rispetto a tutto che è la cosa che poi a me piace tantissimo di lei. Non ha nessun tipo di esuberanza, in tutte le cose, nell’amore e nella vita. A volte parla di politica, dice: “io di politica non ne capisco niente, l’unico pensiero che posso fare è se mi trovassi in una guerra preferirei essere uccisa che uccidere”. È buffo come ne parla, come si pone rispetto alle cose.
Chi è Elsa la protagonista di Le voci della sera?
La storia che porto in scena è raccontata in prima persona proprio da Elsa, una ragazza giovane che vive in un paese di provincia a qualche chilometro da una grande città. Nella prima parte, forse anche tre quarti del libro, vengono raccontate le vicende di una famiglia proprietaria della fabbrica del paese. Sembra quasi una saga familiare, poi inizia il racconto più personale di Elsa che ci svela la sua storia d’amore con uno dei figli del proprietario della fabbrica: Tommasino. Da lì cambia proprio la scrittura c’è un improvviso zoom in questa storia d’amore. Tutto quello che viene dopo sono dialoghi tra loro due.
Qual è la storia?
La storia di Elsa si svolge in un paese, ha intorno le sue abitudini. Natalia Ginzburg ha scritto questo libro negli anni ’60, ma tante cose sono rimaste uguali. Per esempio è scontato che una donna si debba sposare, il destino di una donna è quello del matrimonio e di fare figli. Anchio sono cresciuta in un paese, sono andata a studiare fuori e quando tornavo non mi chiedevano come stai? Come prima cosa mi chiedevano: ti sei sposata? La realtà di paese che racconta Elsa è proprio questa.
Cosa ci vuole raccontare Natalia Ginzburg?
È molto chiaro lo sguardo della Ginzburg anche nelle cose dell’amore, molto crudo, concreto, disilluso. La sua visione la affida al personaggio di Tommasino, l’amante di Elsa. Si svela alla fine. Quindi da una parte c’è la visione dell’amore di Elsa che è dolcissima, struggente e molto romantica, dall’altra c’è la visione del Tommasino che è molto cinica, concreta e forse più asciutta, disincantata.
Mi immagino che non finirà molto bene da come me ne parli…
Elsa e Tommasino si vedono in una stanza che lui prende in affitto nella città, due volte la settimana. La storia rimane nascosta finchè poi si scopre che Elsa non è contenta e lui cerca di fare i passi necessari per mettere a posto le cose, va a conoscere i genitori e la chiede in matrimonio. Viene programmato tutto ma nel momento in cui questo amore viene alla luce e poi viene definito si sgonfia. Cambiano le loro abitudini, lui va da lei tutte le sere e in quella stanza in cui il loro amore era nato non ci vanno più. Comincia tutta la preparazione del matrimonio ed Elsa è ancora meno contenta di prima…
Mi sembra una storia che si pone l’eterna domanda: che cos’è l’amore? Si continuano a dare tante risposte diverse ma allo stesso tempo nessuno sa rispondere
Sto facendo delle prove aperte e c’è chi dice che ha ragione Tommasino, chi dice che ha ragione Elsa. È facile ritrovarsi nella loro storia, è quello che viviamo tutti i giorni, quando ci troviamo a che fare con una storia d’amore, ogni volta è come se si aprisse una domanda.