Nel 2016 per la prima volta ho conosciuto il mondo dei diari di Pieve Santo Stefano e me ne sono innamorato. Intoscana ha un rapporto stretto con questo luogo e la sua gente perché racconta le storie, la vita. Pieve Santo Stefano è un paese dell’aretino dove “il mondo ha preso la residenza”.
Qui ormai da 35 anni si svolge il Premio Pieve che oggi prende il nome di Saverio Tutino, ideatore, promotore e anima (anche se da qualche anno non c’è più) di questa raccolta, archivio e scrigno di vite che raccontano il passare del tempo e la storia da punti di vista di donne e uomini normali.
L’idea di affidare la propria vita, i propri sentimenti, a delle pagine di un diario oggi può sembrare qualcosa di strano perché i nostri diari adesso si chiamano Facebook, Instagram o Twitter. Ciò che facciamo noi però è un racconto condizionato dall’apparire e dettato troppo spesso dall’immediato. Gli scritti che arrivano a Pieve Santo Stefano sono flussi di pensieri e emozioni autentiche e che affondano le dita nella carne viva del tempo.
Tra i diari ci sono angoli di passato ma anche scorci di presente. Molti di questi prendono vita nel “Piccolo Museo del Diario” dove le storie si animano dentro un semplice cassetto. E poi c’è il “Diario zero” quello di Clelia Marchi, contadina mantovana che dopo una vita di lavoro e otto figli, decise che era venuto il momento di raccontarsi e non avendo nient’altro a portata di mano, prese un lenzuolo del corredo e ci scrisse sopra la sua biografia. Adesso il lenzuolo di Clelia è il “diario” più prezioso di questo spazio terrestre dedicato alle vite di chi attraverso le parole ha voluto fermare momenti, sguardi e volti su un foglio di carta e non solo.
Quel che accade a Pieve non si può raccontare, va vissuto. Pieve vive negli occhi innamorati e appassionati di decine volontari, Pieve vive negli sguardi dei suoi cittadini, sorridenti, accoglienti e pronti a prenderti per mano e portarti nel loro mondo e nelle “vite degli altri”.