Simone Menichetti viene dal mondo del vino. Per oltre quindici anni ha gestito Podere Fortuna in Mugello e poi ha lavorato per un’azienda vinicola in Svizzera. Fino a quando la voglia di tornare a casa e di rimettere mano al podere che era dei suoi zii non lo ha portato a coltivare patate a Pietramala, piccolo borgo sopra Firenzuola nel cuore del Mugello.
Non banali patate, ma le patate più amate dai grandi chef: da Marco Stabile dell’Ora d’aria a Firenze ad Antonello Sardi del ristorante stellato Virtuoso Gourmet nella tenuta Tre Virtù a Scarperia e San Piero. Patate che vengono prodotte nell’azienda Terre Alte a Pietramala. Un grande fan di Menichetti e dei suoi prodotti è Andrea Perini lo chef all’olio extravergine d’oliva del ristorante Al 588 a Bagno a Ripoli.
“Dopo quasi 20 anni di carriera vitivinicola con buonissimi risultati è stato l’amore per la terra dove sono cresciuto a spingermi a un cambio di vita – racconta Menichetti – Così nel 2016 sono rientrato in Italia e mi sono detto: ho 36 anni, sono stanco di fare il dipendente e di scendere a compromessi“.
Il primo compromesso a cui ha detto no è stato il ricorrere a un’agricoltura tradizionale. Quasi una forma di rifiuto rispetto all’esperienza che aveva vissuto in Svizzera. “Sono partito dai racconti dei miei zii e mi sono ricordato che vendevano le patate. Io con quelle patate ci sono cresciuto. Ho deciso di avviare un’attività agricola ma avendo un background di vendita diverso, grazie alle mie precedenti esperienze nel vino, ho cercato dei potenziali compratori con un approccio diverso” racconta ancora.
I primi ad assaggiarle sono stati coloro che avevano un’agenzia di vini che conosceva: “Le hanno assaggiate e mi hanno chiesto altri campioni. Poi ha avuto modo di provarle Marco Stabile che si è innamorato del progetto e partendo da lì ho cercato di impostare il mio lavoro agricolo“.
Menichetti ha quindi seguito un corso di biodinamica “per fare un’agricoltura fatta bene” puntualizza. L’obiettivo è sfruttare le caratteristiche uniche di questa terra, ricorrendo alla rotazione dei terreni proprio come una volta. Rispettando terreno e territorio e recuperando le vecchie coltivazioni che erano una volta tipiche e ora rischiano di scomparire.
Così nel podere Terre Alte vengono coltivati, oltre alle patate, grani antichi e legumi: “Di tutto quello che faccio cerco le eccellenze: il Verna, il fagiolo zolfino, il cecio piccolo fiorentino. Mi sono messo a cercare di fare poche cose ma fatte bene da poter proporre all’alta ristorazione e a chi sa apprezzare e pagare per la qualità“. Già perché ad oggi sono proprio ristoranti e trattorie che hanno fatto una precisa scelta in termini di qualità e di materie prime eccellenti a poter pagare il giusto prezzo a Menichetti.
“I miei sono sapori antichi di una volta, la coltivazione è fatta alla vecchia maniera: le produzioni sono basse ma consistenza e sapori sono quelli che sentivo da bambino. I ristoratori sono le uniche persone che capiscono lo sforzo enorme che c’è dietro a ogni patata” spiega l’agricoltore. La resa in cucina è di circa il 15% in più rispetto a una patata tradizionale: quindi il prezzo maggiore legato alle difficoltà della coltivazione è ripagato dà una migliore durata e da risultati ottimali.
In alcuni casi sono gli chef stessi a fare ordini mirati. “Chef Stabile mi ha chiesto il mais bianco per fare le panature e la frittura alla giapponese:è venuto bene – confida il titolare di Terre Alte – Quello che faccio io è cercare di produrre eccellenze, di coltivare in chiave moderna sfruttando gli strumenti di oggi per riprodurre quello che si faceva in montagna“.
Così ad esempio è nata una collaborazione con l’università di Agraria di Firenze. Per Menichetti un ritorno al vecchio amore: il vino. “Ho fatto cinque anni fa un primo piccolo impianto di vigna: 1200 viti pinot nero e grigio a 880 metri sull’Appennino. Complice il cambiamento climatico e una centralina meteorologica ho portato la vite in una zona dove non si era mai vista. A ottobre c’è stato il primo risultato della vinificazione e sono molto contento. Ho piantato altre 1200 viti e ne vogliono piantare altre 3mila. In 4 anni ho avuto la conferma che a questa altitudine si può arrivare a fare un vino di qualità e a bassissima gradazione alcolica: circa 11 gradi” racconta.
Se all’inizio sembrava quasi un balocco, per usare le parole di Menichetti ora si comincia a vedere una prospettiva. “Per un’agricoltura di montagna, come nel mio caso, la diversificazione è tutto: io ho 16 ettari. Ho 3-4 ettari che utilizzo per la produzione, poi una parte destinata a fieno di montagna per i cavalli di corsa, 9 ettari di seminativo e un po’ di bosco“.
Purtroppo, ammette il titolare di Terre Alte, l’agricoltura “eroica” non viene aiutata a sufficienza in Italia. “Non sei aiutato per niente, fai una fatica bestia, spendi delle cifre elevate tra corsi e patentini ed è durissima. Ecco perché punto a diversificare, facendo tante cose in piccola quantità ma fatte bene e rivolgendomi a chi sa riconoscere e apprezzare la qualità” conclude.