Il poeta statunitense Walt Whitman una volta scrisse ‘Sono vasto, contengo moltitudini’, è questa la frase che mi è tornata in mente approcciandomi al progetto ‘Le Marina’ una songwriter dalla doppia personalità. Le Marina è un duo immaginario nato dalla frammentazione prima e dalla ricomposizione dopo delle diverse anime della stessa artista. Marina è una cantautrice toscana che ha vissuto per quasi dieci anni a Londra, città che tra atroci sofferenze e grandi gioie l’ha aiutata a scoprire il suo vero io, ma chi è la vera Marina? Il suo debutto discografico ‘Libera’, in uscita l’8 maggio per l’etichetta inglese The Sound Of Everything è un disco dal sound prezioso, tra il trip hop dei Massive Attack e la ricerca di FKA Twigs, ci racconta un viaggio alla riconquista di se stessi fatto di tentativi e cadute, di successi e fallimenti, sempre animati dall’instancabile voglia di rialzarsi, perchè nella musica si trova sempre la strada di casa.
Ecco la nostra intervista.
Ciao Marina! Dove ti trovi? Sei sempre a Londra?
Sono tornata in Toscana appena in tempo per entrare in quarantena, ma a parte questo era già da un anno che volevo tornare in Italia. Ho vissuto otto anni a Londra, all’inizio era proprio come ti immagini, una città che ti da opportunità e spazi, nel tempo si è trasformata. Hanno chiuso i migliori locali di musica indipendente, in un anno almeno dieci, locali di riferimento per gli artisti emergenti. Per un pelo sono riuscita a suonare in tre di questi. La situazione ha iniziato a degenerare perchè l’industria musicale è cambiata tantissimo, non c’è più l’idea di andare a Londra a cercare fortuna a livello musicale, soprattutto per un tipo di musica che in Italia ‘non viene capita’, non è più così. Nel giro di pochi anni è diventato difficilissimo trovare date per suonare, ti fregavano in continuazione, non ti pagavano.
Peggio che in Italia? Impossibile!
Ho scoperto che qui in Italia c’è molta più fame di musica nuova, l’ho visto perchè ho tantissimi amici che hanno fatto la mia stessa scuola a Londra e poi sono tornati in Italia, dove hanno trovato sete di cose nuove. A Londra frequentavo l’Institute of Contemporary Music Performance, il corso di cantautorato, songwriting. E’ strano notare che chi se n’è andato da Londra ha avuto successo, chi è rimasto lì ha smesso di suonare. La persona che mi ha ‘scoperta’ in Italia è stato Giovanni Bortolin di Wild Elsa, venne tre anni fa a Londra con altri amici di Colle e adesso mi sta dando grande aiuto e supporto.
Secondo te come mai questi locali hanno chiuso? Per la Brexit o per altro?
No perchè ormai tutto passa attraverso i social, tutto è digitale, quindi se hai meno di 1000 follower non ti prendono neanche in considerazione e non vengono a vederti suonare.
A livello personale hai avvertito la Brexit, è cambiato qualcosa per te nella vita di tutti i giorni?
La Brexit l’ho avvertita nel momento in cui è nato una specie di razzismo ma non ‘upfront’, non esplicito, di sottofondo. Si vedeva però che gli stranieri iniziavano a dare fastidio. Io per fortuna ho lavorato sempre in un ambiente cosmopolita, eravamo inglesi, spagnoli, portoghesi, brasiliani, polacchi, quindi l’abbiamo avvertito meno. Però per esempio se entrando in Metro parlavi italiano c’era sempre più spesso quello che ti diceva qualcosa. Una cosa bruttissima che da Londra non mi sarei mai aspettata. Il sogno della mia vita era vivere lì e fare musica. Il sogno di Londra è svanito, ma per fortuna non riesco a smettere di scrivere e suonare.
Veniamo al tuo progetto ‘Le Marina’ nome con cui hai pubblicato il tuo debutto musicale ‘Libera’. È un disco che parla del ‘doppio’ che è un tema veramente affascinante. Tutti noi potremmo avere un ‘gemello cattivo’ oppure al contrario una versione idealizzata di noi, come ‘vorremmo essere’. Tu da che punto di vista l’hai affrontato? La tua ‘altra Marina’ chi è?
La Marina ‘normale’, quotidiana è esuberante, faccio casino dalla mattina alla sera, sono curiosa di letteratura, poesia, cinema, filosofia, fisica. Mentre la Marina più nascosta è una ragazza che ha sofferto e soffre ancora di disturbi mentali. All’inizio ho ricevuto una diagnosi sbagliata e sono stata veramente male. Mi hanno detto che avevo due personalità ed ero bipolare, punto. Mi sono fidata del dottore ma i miei problemi con i farmaci sono peggiorati, la situazione a un certo punto è diventata catastrofica. Quindi ho cambiato psichiatra e ho frequentato una tizia a Londra che fa ipnosi. L’ipnosi è stata tremenda, un’esperienza orribile, da film horror, con la quale però ho scoperto un sacco di cose. Comunque poi ho cambiato cura e adesso sto bene, riesco a scrivere che per me è fondamentale, prima ero annebbiata, non provavo niente, una sensazione veramente orribile soprattutto per chi scrive musica, per chi vive di creatività. Ti fa sbattere la testa nel muro. È stato un periodo tosto ma ne sono uscita.
Questa brutta esperienza l’hai portata anche nel tuo disco?
Sì, ‘Libera’ l’ho scritto sotto l’effetto dei farmaci ‘sbagliati’, per me è evidente. Nel disco ci sono molte contraddizioni. Tenevo tantissimo a mettere le tracce in un determinato ordine e che la prima riconducesse all’ultima e viceversa. La prima ‘I found a VHS’ è un’introduzione a chi sono io come se mi spogliassi nuda in piazza della Signoria a Firenze, io sono questa che ti piaccia o no. L’ultima si chiama ‘You decide’, voglio che la gente abbia speranza, se soffre come me per qualche patologia o si sente semplicemente sola, sappia che non lo è. È un messaggio quasi da ‘Amnesty International’.
Pensa che io avevo letto le ultime due canzoni ‘Trauma’ e ‘You decide’ così una dopo l’altra come un messaggio del tipo: puoi avere tutti i traumi del mondo, puoi aver passato cose orribili ma sei sempre tu che decidi cosa fare della tua vita. You decide è una canzone così serena e liberatoria
Era esattamente quello che volevo ottenere. ‘Trauma’ è una canzone con cui volevo mettere a disagio l’ascoltatore anche usando suoni strani, come la pistola che si carica, pronta a sparare non a me, ma per la mia libertà.
Come hai realizzato questo disco, dove l’hai registrato?
Qui in home-studio da me, mi sono perfezionata nella produzione negli anni dopo l’università. Ho deciso di fare tutto da sola, la produzione e anche i video. Volevo che fosse un progetto del tutto mio, se devo prendere sprangate in faccia le prendo io.
L’hai costruito te?
Tutto io dall’inizio alla fine.
È una cosa che vedo accadere sempre più spesso, artisti che fanno tutto da soli dall’A alla Z e spesso sono anche donne, che vogliono mantenere il controllo totale sulla propria arte e quindi fanno tutto da sole, complimenti. Il disco è uscito, purtroppo siamo in quarantena e non sappiamo cosa succederà nei prossimi mesi. Tu non sei una che ha deciso di fare live in casa
Io ho bisogno di avere il pubblico davanti, penso sia meglio che le persone ascoltino i miei pezzi online e poi ci vedremo un giorno sotto a un palco. Non mi piace l’idea di fare un concerto in casa. Sto cercando di trovare un mio spazio in cui le persone mi seguano e mi capiscano. Però mi rendo conto che ci vorrà un po’ di tempo. Adesso sto scrivendo tre tracce in italiano, perchè a settembre voglio rilasciare un nuovo singolo in italiano. Ho conosciuto un’artista che si chiama La Chica una ragazza messicana e francese che ha un grandissimo talento, fa dei video che sono piccole opere d’arte. Lei ha fatto un disco ‘Cambio’ in cui canta in francese, inglese e spagnolo. Un fluire di canzoni in lingue diverse con nonchalance. Ci assomigliamo e stiamo pensando di fare qualcosa insieme. Ho deciso di abbattere la barriera della lingua. Non voglio vincolarmi a un idioma, alcune canzoni suonano meglio in una lingua, altre in un’altra.
Ora che siamo tutti rinchiusi come topi, per te cos’è la libertà, cosa vuol dire essere ‘Libera’?
Essere se stessi. È difficile. Io vengo da un paesino minuscolo in Toscana da cui sono scappata perché le persone mi vedevano come la ‘strana’. Nel tempo questa cosa mi feriva, ho capito che non potevo liberare quello che avevo dentro, perchè le persone avevano troppi pregiudizi. Se mi vestivo in un certo modo, con un certo trucco, ero quella strana e questa cosa mi ha pesato tanto. È stato uno dei motivi per cui sono venuta via. La cosa bella è che adesso non me ne frega nulla, potrei andare in giro in ciabatte e pigiama non me ne frega niente. Però otto anni fa era dura, la gente bisbigliava. La cosa assurda è che la maggior parte delle persone che mi prendevano in giro erano artisti, persone che scrivevano e facevano musica. Proprio loro mi giudicavano, quando dovevano essere i primi a accettare il ‘diverso’. Questo mi ha fatto scappare. I paesini sono tremendi, spero che potrò presto trasferirmi a Firenze.