Andrea Mastropietro in arte L’Albero è uno dei cantautori italiani più gentili e attenti della sua generazione. La sua musica racconta le sfumature della nostra vita. Parole scelte e soppesate con cura, atmosfere rarefatte per canzoni che sono come piccoli scrigni da aprire per scoprire il suo pensiero e le emozioni private di cui ha scelto di farci dono. In un mondo dove tutti urlano, dove sembra che le voci dei cantanti debbano raggiungere chissà quali decibel per sfondare la quarta parete televisiva lui ha scelto di prenderci per mano e sussurrarci i suoi segreti.
Il 13 novembre per Santeria Records con distribuzione Audioglobe è uscito il suo ultimo album “Solo al sole”. Un disco che in 11 brani fonde i suoi interessi musicali dai cantautori storici come Battiato, Tenco, De Gregori fino alle sperimentazioni di Tame Impala, Elliott Smith, Nick Drake.
Ecco la nostra intervista
Ciao Andrea, è passato quasi un anno da quando è uscito il primo singolo ‘Cenere’, ne abbiamo parlato insieme, nel frattempo è successa una pandemia mondiale però questo disco ‘spingeva’ per uscire
Sì il disco doveva uscire la scorsa primavera, poi ho deciso di posticiparlo. Alla fine penso che un disco abbia una sua durata deve uscire entro un tot tempo, non può uscire troppo tardi rispetto a quando è stato registrato, perchè alla fine testimonia una fotografia di come è uno in quel momento. Per me è importante farlo uscire, chiaramente avrei desiderato altre condizioni.
Le canzoni sono state scritte tutte prima del Covid, però ci sono frasi che sentite ora acquistano un nuovo significato per esempio “Se penso al mondo che muore un po’ mi gira la testa” è più o meno come mi sento io adesso
Sembra che io sia una specie di profeta, uno di quelli che vede le cose prima, mentre in realtà è stata una casualità, ci riflettevo anch’io qualche giorno fa.
Anche quando dici “La mia città sembra uno zombie”
Quella è una riflessione mia che non riguarda solo Firenze, riguarda tante altre città italiane. Molto spesso mi sembra che questo paese sia un po’ uno zombie che cammina, sta in piedi. Non voglio dire che è morto definitivamente ma sarebbe bello riuscire a impostare un discorso per il futuro per Firenze ma anche per Roma invece di “vivacchiare”.
C’è anche tanto spazio per l’amore in questo disco, ti faccio la domanda marzulliana cos’è l’amore? Come di potrebbe definire questo sentimento così complesso
Si è vero che nel disco c’è spazio per l’amore a 360 gradi, amore verso le persone, ma anche amore per le cose e tutte le fascinazioni che una persona può avere. A me viene particolarmente naturale buttare queste mie sensazioni nelle canzoni anche perchè penso che l’amore sia una parte fondamentale della nostra esistenza. Mi fa un po’ specie quando vedo timore e vergogna di parlare di un sentimento come l’amore, è qualcosa che ci distingue dalle macchine e dai robot. Penso anche all’amore per il nostro pianeta, bisognerebbe non dimenticarci mai quanto può fare l’amore per la vita delle persone, renderebbe questo posto un luogo migliore in cui abitare.
Mi ha colpito il fatto che il disco è stato registrato in quattro luoghi diversi, un disco ‘itinerante’ dal Sam Recording Studio fino a casa tua
Effettivamente sono sparsi qui e là, sono conoscenze di persone che stino con cui ho lavorato in passato e ho pensato di coinvolgerli nel mio disco. Il Sam Recording l’avevo già utilizzato con i Vickers e ci sono andato per registrare le batterie e i pianoforti perchè hanno un bellissimo piano a coda. Poi a Bologna Andrea Suriani e Pierluigi Ballarin sono due persone che ho avuto la fortuna di conoscere, si sono mostrati interessati di collaborare con me. Siccome mi piace curare la registrazione fai da te, ho registrato molte cose del disco anche a casa mia. Oggi giorno è difficile passare un mese, un mese e mezzo solo in studio a meno che tu non abbia mezzi economici abbastanza consistenti.
Mi sembra che ultimamente la musica italiana si stia polarizzando molto tra cantautori e musica di genere quasi opposto come la Trap o il Rap, tu cosa ne pensi?
Mi auguro e ne sono abbastanza certo che ci sia spazio ancora per il tipo di musica che faccio io. Andiamo in contro a un periodo storico in cui sembra che ci sia un grande predominio della tecnica e delle macchine in generale rispetto alle peculiarità più umane come i sentimenti. Mi auguro che ci sarà ancora spazio per chi prende una chitarra e scrive una canzone cercando di mettersi a nudo e comunicare qualcosa con i propri simili. In Italia sarebbe bello ci fosse spazio per tutto, ma spesso un genere o una moda momentanea si portano via tutta l’attenzione. Sembra che se uno non fa “quella roba” sia tagliato fuori, è una tendenza italiana. Bisognerebbe tornare a distinguere tra chi ha un approccio più artistico e personale rispetto a chi lo fa per “lavoro” o per altri scopi. Se escono 100 dischi ogni settimana non tutti possono essere dei gran dischi, bisogna saper leggere tra le righe insomma.
Al di là di questo 2020 un po’ sfigato penso che il tuo disco sia così bello che avrebbe bisogno di grande visibilità, io vorrei che tu diventassi famoso, lo faresti mai un Talent?
Io sono d’accordo con te (ride). Per i Talent non credo di esserci molto portato, non li giudico ma non mi ci vedo, come carattere. In ogni caso non lo farei per il successo, ma perchè potrebbe piacermi come esperienza. Molto sinceramente non è il mio scopo principale quello di diventare famoso e apprezzatissimo da tutti.
Mi capita spesso in questi giorni di chiedermi se ho imparato qualcosa dal lockdown e da questo anno assurdo che stiamo vivendo, rivolgo a te la mia domanda. Abbiamo guadagnato qualcosa?
Son molto cervellotico su tante cose, ma diciamo che ho apprezzato molto il tempo, ancora più di prima. Il tempo mi ossessiona anche nella canzone “Quando viene sera” ne parlo. Perchè è davvero la cosa più preziosa e più importante che abbiamo e devo dire che ho sempre cercato di non sottovalutarlo. Col lockdown ho riscoperto anche il bello del non far niente. Puoi leggere, ascoltare un disco, ma anche accontentarti perchè non puoi fare altro. Il tempo è una merce preziosa bisognerebbe non aspettare un lockdown per capirlo, ma siamo esseri umani e ce ne dimentichiamo.
Nella cover del disco ti vediamo investito da una folata di vento, cosa simboleggia per te?
Un momento della vita. Volevo che quella copertina trasmettesse una sensazione di scomodità. Il sole può rappresentare tante cose ci si può trovare in alcuni momenti della vita ad essere “soli al sole”, vulnerabili e visibili, non ti puoi nascondere, sei come sei e non puoi farci niente. Quando abbiamo fatto quelle foto vicino a Volterra c’era il sole ma era freddissimo. Abbiamo scelto uno degli scatti in cui sembravo più scomodo possibile, proprio per questo motivo. Ci sono momenti in cui vieni investito dal vento e dalla luce, sei come accecato, ma sono momenti che ti servono per ripartire.