La Nara è una donna pratese, staffetta partigiana che si è battuta a lungo per i diritti delle donne partendo dalla parità salariale, poi tante altre battaglie. In suo onore è nato il Centro Antiviolenza “La Nara” è un servizio attivo dal 1997 e gestito da Alice Cooperativa Sociale in convenzione con il comune di Prato, la Provincia di Prato e i Comuni dell’area pratese. Il Centro Antiviolenza La Nara è un progetto sociale e politico: intende provocare un processo di cambiamento rispetto al problema della violenza fisica, psicologica, economica, sessuale, stalking esercitata sulle donne e loro figli di qualsiasi provenienza, età, professione, religione. Collabora con enti e operatori multidisciplinari della provincia di Prato per la tutela delle donne e minori, la prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza di genere. Abbiamo intervistato Francesca Ranaldi una delle coordinatrici che ci racconta le attività del Centro anche nell’anno difficile della pandemia.
Ecco la nostra intervista
Ciao Francesca, chi si rivolge a voi?
Donne che subiscono maltrattamenti, sono tante, ci aggiriamo intorno ai 400 accessi l’anno. Ad oggi siamo a 391 accessi, quindi sicuramente chiuderemo con numeri simili a quelli dell’anno scorso. Abbiamo donne per la maggioranza tra i 30 e i 50 anni, anche se ci sono anche donne più giovani o più grandi. Sono italiane per il 70%, 30-40% straniere da tutto il mondo perchè Prato è una città ad altissima immigrazione. Sono donne che vanno dall’Africa all’Est Europa. Abbiamo una casa rifugio e qui in numeri si invertono sono 70% straniere, 30% italiane.
Avete visto crescere i numeri in oltre 20 anni di attività?
Moltissimo, noi siamo partite con 36-37 accessi e ultimamente siamo a oltre 400. Negli ultimi anni siamo cresciute molto.
Secondo te i numeri crescono perchè le donne denunciano di più oppure è cresciuta anche al violenza?
I numeri crescono perchè da una parte aumenta la consapevolezza delle donne sicuramente, ma crescono anche perchè lavoriamo bene, si diventa servizio conosciuto sul territorio. Il lavoro di rete è fondamentale, essere radicati è fondamentale. Arrivano in base alla conoscenza che c’è del servizio. Noi abbiamo una rete pratese che è ottima e questo ci aiuta moltissimo. Lavoriamo a stretto contatto con le forze dell’ordine che ci inviano casi, i servizi sociali lavorano con noi, l’associazionismo, l’ospedale, il consultorio ci aiutano. Lavorare in rete significa aumentare i punti di accesso. Sicuramente un lavoro importante è anche far capire che cos’è la violenza, rendere le donne consapevoli di quello che significa. Sono numeri che sono cresciuti di pari passo con la scelta delle donne di portare avanti i propri diritti.
non è la difficoltà economica, la pandemia o la crisi sociale che determinano la violenza. Se un uomo è violento, è violento
La violenza ha tante facce può essere fisica ma anche psicologica, voi che tipologia di casi avete?
La violenza psicologica e la violenza fisica si accompagnano sempre perchè quando c’è violenza fisica c’è sempre stata prima una violenza psicologica. Non si può pensare che una donna subisca una violenza fisica senza essere stata prima nelle condizioni di doverla subire, è stata messa nella condizione di perdere stima di sé, è stata isolata. La violenza psicologica precorre quella fisica.
Si dice spesso che la dipendenza economica è terreno fertile per una futura violenza, è davvero così?
Assolutamente sì, spesso la violenza è anche controllo della parte economica e dell’autonomia delle donne. Questo significa che sicuramente una donna che non ha la possibilità di provvedere per se stessa e per i propri figli avrà molta difficoltà a muoversi e a scegliere per se e per i propri figli in sicurezza. Il maltrattante si occupa di tutta una serie di questioni tra cui anche questa.
Quando arriva da voi una donna che ha subito maltrattamenti voi come vi attivate? Che servizi offrite?
Primo fra tutti l’ascolto, il supporto psicologico, la competenza di 23 anni di attività. Lavorare con le donne è un lavoro molto complesso che ha a che fare con la sicurezza delle persone e con la vita delle donne, si deve essere qualificate e competenti. C’è un elenco regionale di Centri antiviolenza autorizzati dalla Regione Toscana non è un’attività che si può improvvisare. Si deve essere attenti e consapevoli di quanto si ha a che fare con il rischio oltre che le questioni pratiche. Le attività che facciamo sono l’accompagnamento legale sia penale che civile, tutti gli accompagnamenti pratici, al servizio sociale, all’ospedale. Possiamo ospitare in caso di grande rischio nella casa accoglienza, abbiamo progetti per i bambini. Facciamo tantissimi servizi, ogni donna ha un progetto individuale condiviso e le azioni del Centro antiviolenza si devono adattare a quel progetto.
Come avete vissuto il lockdown?
Noi non abbiamo avuto un aumento di casi ma un aumento di gravità. Una cosa fondamentale da capire è che non è la difficoltà economica, non è la pandemia o la crisi sociale che determinano la violenza, la complicano. Se un uomo è violento, è violento indipendentemente dal lockdown. Ovvio che un uomo violento in una situazione di crisi aumenta il rischio durante una convivenza forzata. ma non si può dire che questo ha aumentato i casi di violenza, ha aumentato la difficoltà nel gestire delle situazioni.
Sempre più spesso ragazze molto giovani iniziano a denunciare precocemente i casi di violenza, questo è un segno positivo.
Assolutamente positivo, è importante che le nuove generazioni inizino a chiedere per sé cose diverse. ma anche nuove generazioni di uomini devono crescere in modo diverso. Io credo moltissimo nella prevenzione, dobbiamo lavorare con i bambini sempre più piccoli. Se una donna giovane decide di non far passare 40 anni di maltrattamenti è sicuramente un grande successo. L’antiviolenza deve essere cambiamento della cultura che adesso è una cultura di disparità e disequità, le radici della violenza sono tutte lì.
Per contattare il Centro La Nara:
0574-34472
https://www.alicecoop.it/it/donne/centro-antiviolenza-la-nara