In un mondo di tablet, smartphone e computer, sempre a disposizione persino per prendere appunti o segnare un appuntamento, la scrittura a mano rischia di scomparire dal nostro uso quotidiano e di essere sostituita quasi totalmente da quella digitale persino nelle aule scolastiche.
Eppure diversi studi in tutto il mondo, l’ultimo condotto quest’anno dall’Università di Scienza e Tecnologia della Norvegia, dimostrano che la scrittura a mano ha notevoli benefici sulla memoria e attiva più reti neurali rispetto all’utilizzo di una tastiera. Scrivere a mano insomma è fondamentale per lo sviluppo cognitivo dei bambini e delle bambine, come ci ha spiegato Claudio Marazzini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca di Firenze, che da diversi anni ormai lancia appelli per tutelare la scrittura manuale, e il corsivo, nelle scuole.
Professor Marazzini, quali sono i rischi che corre una generazione che non scrive quasi più manualmente?
Chi propone di abolire la scrittura manuale (ammettendo che esista davvero chi abbia l’impudenza di proporre una cosa del genere) va contro il buon senso ed è privo di qualunque criterio pratico ed educativo. Immaginiamo un uomo, vittima di questa insensata pedagogia, che per colpa di un’educazione sbagliata non sia più in grado di prendere un appunto al volo su un pezzo di carta, ma dipenda sempre dalla batteria di un suo strumento o device che voglia chiamarlo. Poveretto, quest’uomo! Come maledirà chi lo ha ridotto così. E come sarà terrorizzato nel caso di mancanza di corrente elettrica. Sarà davvero schiavo delle sue macchinette, per quanto esse siano belle, luccicanti e dotate di buone e durature batterie al litio.
Quali sono invece i benefici della scrittura manuale?
Già il presidente onorario della Crusca Francesco Sabatini si è espresso più volte sul tema della scrittura manuale nella formazione primaria dei bambini, mostrando come le neuroscienze abbiamo ampiamente mostrato che l’acquisizione della scrittura corsiva è fondamentale per ottenere il controllo manuale dell’arto sotto dominio intellettuale, in un equilibrio assolutamente prezioso e necessario. In questo caso non occorre nemmeno il parere del linguista: basta quello del medico, dello psicologo, dell’educatore.
Il corsivo sta già scomparendo dall’uso, sostituito dallo stampatello, come mai non è la stessa cosa?
Quanto alla diffusione dello stampatello nella scrittura a mano, la cosa si fa complicata. Probabilmente gli stili individuali di scrittura stanno diventando indecifrabili. Ricordo che mio padre, nato nel 1907, aveva una grafia bellissima, che io non ho, perché lui aveva studiato a scuola la calligrafia come arte e come tecnica. In seguito fu abolito questo insegnamento, in nome dell’individualità della scrittura, che è un dato di fatto (la grafologia si basa su questa individualità stilistica). Cent’anni senza calligrafia possono forse aver prodotto lo stampatello generalizzato, come soluzione disperata di fronte alla difficoltà di leggere la scrittura di allievi che scrivo alla maniera che un tempo si diceva “con le zampe di gallina”. Però solo la scrittura corsiva, con la sua fluidità, interrotta dalle separazioni tra parole, ha tutte le caratteristiche positive di cui parlava Sabatini. Non dico che si debba introdurre di nuovo la calligrafia come arte autonoma, usando pennini speciali e inchiostri, o penne d’oca medievali, ma certamente la scrittura manuale, ben controllata, deve restare in vigore come forma educativa primaria e come strumento utilissimo, e deve essere sempre curata la forma di un corsivo leggibile, per quanto personale. Non basta muovere le dita veloci su di una tastiera, non basta dettare un messaggio vocale o produrre un messaggio trascritto automaticamente da una macchina. Guai a chi vuole trasformare il cosiddetto ‘nativo digitale’ in un analfabeta sostanziale.
Cosa significa?
Che la dipendenza dalla tecnologia non deve mai essere totale. Possiamo anche azzardare alcuni paragoni con altre discipline e azioni umane. Oggi abbiamo sempre a disposizione una calcolatrice, perché è contenuta tra le app fondamentali del telefono cellulare. Questa, però, non è una buona ragione per giustificare chi non sappia calcolare a mente quanto fa 8 per 9, e sia costretto a ricorrere alla macchina per qualunque operazione matematica anche estremamente banale.
Analfabeta è chi non sa le tabelline, come colui che non sa scrivere, perché la conoscenza di base da tempo immemorabile richiede che si sappia leggere, scrivere (anche in corsivo) e far di conto.
Secondo lei ci può essere una terza strada virtuosa dove la scrittura digitale e quella manuale possano convivere o una è destinata a soppiantare l’altra?
Certamente la conciliazione è possibile. Mi riferisco all’educazione primaria dei ragazzi, non all’uso professionale della scrittura. È evidente che nel mondo di oggi non si può non usare la scrittura elettronica nelle sue forme sofisticate; ma questo non vuol dire non essere anche in grado di gestire, all’occorrenza, e senza difficoltà, la scrittura con una biro o una penna stilografica. Nella scuola non si deve trascurare la scrittura manuale. Infatti è importantissima per l’educazione al controllo del movimento della mano: va curata nella forma, per garantire la chiarezza; è preziosa a fini cognitivi. E tuttavia io penso che uno studente possa essere allenato per avvicinarsi in particolari occasioni alla videoscrittura, anche per produrre occasionalmente testi propri, oltre che per leggere sugli schermi. Potrebbe essere utile confrontare i caratteri offerti dai sistemi elettronici con i caratteri dei libri di testo e con la scrittura manuale utilizzata nell’apprendimento. Non sarebbe male ‘giocare’ con il computer, trasformando un testo in varie forme, modificandone i caratteri. Questo mi pare un esempio di buona convivenza, senza che si debba soppiantare la manualità con la tecnologia, o viceversa combattere la tecnologia in nome dell’artigianato manuale. Anzi, così si raggiunge lo scopo di una buona alfabetizzazione in tutti i settori necessari e innegabilmente utili.