“Mercato delle pulci” è un’espressione nata in Francia (marché au puces) per indicare un mercatino in cui si vendono generalmente oggetti ritenuti di poco valore e usati.
Dal 2009 ad Arezzo si tiene il Grande Mercato delle Pulci, il più grande evento sull’usato dei privati del centro Italia. Non una fiera vintage o dell’antiquariato, ma una manifestazione festosa sull’usato che promuove condivisione e integrazione improntata al consumo consapevole e alla sostenibilità.
Il “valore” di questo evento che riunisce insieme così tante persone, è ben altro rispetto a quello visibile. Sono proprio le cose intangibili e invisibili ad essere spesso le più importanti.
Il Mercato delle pulci si tiene più volte durante l’anno, con vari appuntamenti: con duecento banchi all’aperto a Monte San Savino (ad aprile e a dicembre) e nel quartiere Saione di Arezzo (a maggio e ottobre) e con oltre seicento banchi al chiuso al Centro Affari di Arezzo (a marzo e ottobre).
Ecco la nostra intervista alla sua fondatrice Silvia Ciarpaglini
Ciao Silvia! Come nasce l’idea del Mercato delle Pulci a Arezzo?
Il Mercato delle pulci nasce da un’esperienza di riqualificazione urbana perché noi avevamo un bar dietro la stazione di Arezzo che puntualmente veniva preso di mira da furti e altre attività illegali. Noi abbiamo iniziato ad organizzare varie attività dalla musica al teatro passando per il mercato delle pulci. L’evento ha avuto fortuna: nella prima edizione erano 16 banchi, nella seconda sono diventati 60, alla terza erano già 200.
Come avete fatto ad organizzare tutto da soli?
Praticamente il dietro-stazione a Arezzo sono i Giardini di Campo di Marte, che è uno spazio verde che noi abbiamo imparato a vivere e ad utilizzare per molte cose. In quel bar è nata una rete di associazioni culturali e giovanili che facevano varie attività, per questo l’associazione inizialmente si chiamava “Bistrout”, perché agiva fuori dal bar, dal bistrò. Il mercatino lo abbiamo proposto semplicemente per stare tutti insieme e provare anche a portare una target diverso. Noi eravamo giovani mentre intorno al giardino abitavano tutte famiglie di adulti, stavamo cercando di lavorare all’integrazione. Ci venne in mente che il mercatino poteva essere una cosa trasversale. Io mi occupo di Welfare di comunità e sono consulente di Oxfam proprio su questo tema, io lavoro sul concerto di benessere nella comunità tramite servizi al alternativi a quelli pubblici, tramite reti di privati e associazioni.
Le persone che hanno dato vita a questo mercatino come le avete trovate?
All’inizio abbiamo fatto un lavoro di zona, portando i volantini nei palazzi di Campo di Marte, una cosa circoscritta. Il punto è che l’iniziativa si è allargata molto velocemente e al di là delle nostre aspettative. Alla fine siamo dovuti andare a interagire con il Comune perché l’evento è diventato altro, non era più solo di zona ma arrivavano richieste da ovunque in Provincia. Fino a che dopo un paio di anni arrivavano richieste da tutta Italia. Noi restiamo un mercato delle pulci di privati cittadini che vendono le loro cose personali usate. Non siamo né una fiera vintage, né di antiquariato. La maggioranza delle persone sono privati cittadini che portano le loro cose di casa.
Mi immagino che nel corso degli anni il Mercatino sia stato teatro anche di tante storie di vita
Esatto, infatti abbiamo dato vita a un percorso teatrale a cura di Gea Testi dell’Associazione Broken Jump che si intitola “Abbi cura di te” che darà come esito “Storie in soffitta” uno spettacolo teatrale tratto dalle storie che in tutti questi anni abbiamo raccolto. Tutto è partito da un laboratorio biografico sugli oggetti. Devi pensare che quando per la prima volta si trovano insieme 200 persone, accanto le une alle altre, non è stato facile. Le persone litigavano, discutevano, non sapevano stare insieme o rispettare regole per dare il via a un evento. Conta che i banchi sono tutti attaccati, quindi c’è un concetto di prossimità importante. Noi gli abbiamo mandato psicologi, laboratori interattivi, per tirare fuori la parte emotiva, è stata fatta una vera educazione allo stare insieme, alla comunità. Nei laboratori la gente portava un oggetto, lo raccontava e alla fine doveva decidere se venderlo o tenerlo. Le persone nel tempo si sono abituate a parlare di loro e della loro vita.
la sostenibilità per me è un concetto molto ampio, da non vedere solo nell’impatto con l’ambiente, ma anche come stile di vita, non solo nei consumi, ma anche come atteggiamento verso gli altri e gli spazi che abiti. Per noi è importante che ci sia il riciclo e il riuso della merce, ma anche il dare valore alle cose
Me ne puoi raccontare una?
Mi ricorderò sempre Emma, che tra l’altro è una signora che è morta. Oggi sono passati più di dieci anni dall’inizio di questa esperienza, il mercatino ha anche una storia “familiare”. Emma ha passato più di dieci anni con noi, ci raccontò la storio bellissima di una macchina da scrivere, una Olivetti che lei aveva usato per scrivere le lettere d’amore per il suo fidanzato che poi era morto in guerra.
Il Mercato delle pulci si inserisce anche in un’idea di economia circolare, perché tutto si riusa e non si butta via nulla
Assolutamente, partiva decisamente da questo aspetto anche se la sostenibilità per me è un concetto molto ampio, da non vedere solo nell’impatto con l’ambiente, ma anche come stile di vita, non solo nei consumi, ma anche come atteggiamento verso gli altri e gli spazi che abiti. Per noi è importante che ci sia il riciclo e il riuso della merce, ma anche il dare valore alle cose. Anche qui c’è stata un’educazione della comunità, all’inizio c’era diffidenza, la gente diceva “che schifo”.
Ti faccio un’ultima domanda, tu sei stata una di quelle persone che hanno attuato una “Rivoluzione gentile”, che cos’è per te la gentilezza?
La gentilezza banalmente è una cosa nobile ma che va a scomparsa, è qualcosa che non noti. La gentilezza è virtuosa, fa fare cose belle senza che sia dichiarata. Creare le condizioni senza che si debba dire.