Dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa arriva la prima protesi di mano al mondo a controllo magnetico, capace di riprodurre i movimenti pensati da chi la indossa e di dosare la forza. Non ha nessun filo o collegamento elettrico, solo magneti collegati ai muscoli che controllano i movimenti delle dita e permettono di compiere azioni comuni come aprire un barattolo, usare un cacciavite, raccogliere una monetina.
La sperimentazione sul primo paziente si è conclusa con successo. A testarla è stato Daniel, un uomo di 34 anni che ha perso la mano in un incidente e ha indossato la protesi per sei settimane. I risultati della sperimentazione sono stati presentati sulla rivista scientifica Science Robotics e rappresentano un significativo passo in avanti per il futuro delle protesi. “Questo risultato corona un percorso di ricerca lungo decenni. Siamo finalmente riusciti a sviluppare una protesi funzionale alle esigenze di una persona che ha perso una mano” dichiara Christian Cipriani, professore ordinario presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che ha coordinato il team.
Gli scienziati hanno così sviluppato un nuovo sistema di interfaccia tra il braccio residuo della persona amputata e la mano robotica che prevede l’impianto di piccoli magneti nei muscoli dell’avambraccio in grado di decodificare le intenzioni motorie. L’impianto, integrato alla mano robotica Mia-Hand, è stato sviluppato dalla spin-off Prensilia.
Una protesi sempre più naturale: ecco come funziona
La rivoluzionaria protesi ha un controllo miocinetico, ovvero la decodifica delle intenzioni motorie attraverso magneti impiantabili nei muscoli. L’idea alla base della nuova interfaccia è quella di usare dei piccoli magneti, delle dimensioni di qualche millimetro, da impiantare nei muscoli residui del braccio amputato e usare il movimento della contrazione per aprire e chiudere le dita. “Ci sono 20 muscoli nell’avambraccio e molti di questi controllano la mano. Molte persone che perdono una mano continuano a sentirla come se fosse ancora al suo posto e i muscoli residui si muovono in risposta al comando che arriva dal cervello”, spiega Cipriani.
Il team di ricerca ha mappato i movimenti e li ha tradotti in segnali per controllare le dita della mano robotica. I magneti infatti sono dotati di un naturale campo magnetico che può essere tracciato nello spazio. Quando il muscolo si contrae, il magnete si muove e uno speciale algoritmo traduce questo cambiamento in un comando specifico per la mano robotica.
La storia di Daniel, il primo paziente
Daniel ha perso la mano sinistra nel settembre del 2022. “Mi sono ritrovato all’improvviso senza una mano: un momento prima ce l’avevo e un momento dopo è completamente scomparsa”, racconta. È stato scelto come volontario dello studio perché sentiva ancora la presenza della mano e i muscoli residui del suo braccio rispondevano alle intenzioni di movimento.
Nell’aprile del 2023 Daniel è stato sottoposto a un intervento chirurgico per impiantare i magneti nel suo braccio presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. In totale sono stati impiantati sei magneti: per ciascuno di questi, si è dovuto localizzare e isolare il muscolo, posizionare il magnete e verificare che il campo dei magneti fosse indirizzato allo stesso modo.
Una settimana di riposo per accertarsi che non ci fossero rigetti causati dall’operazione e poi Daniel ha potuto indossare e provare la mano robotica. “Per rendere più facile la connessione tra il braccio residuo dove sono stati impiantati i magneti e la mano robotica, abbiamo realizzato una invasatura protesica in fibra di carbonio che contiene il sistema elettronico in grado di localizzare lo spostamento dei magneti” spiega Cipriani.
“Questo sistema mi ha permesso di recuperare sensazioni ed emozioni perdute: è stato come muovere di nuovo la propria mano” racconta Daniel.
Il successo della sperimentazione
I risultati della sperimentazione sono andati ben oltre le più rosee previsioni: Daniel è riuscito a controllare i movimenti delle dita, ha raccolto e spostato oggetti di forme diverse, ha compiuto classiche azioni quotidiane come aprire un barattolo, usare un cacciavite, tagliare con un coltello, chiudere una zip. È stato in grado di controllare la forza quando ha dovuto afferrare oggetti fragili.
“Siamo pronti a estendere questi risultati a una casistica più ampia di amputazioni – conclude Cipriani – Il lavoro sul nuovo impianto sta infatti andando avanti grazie a finanziamenti europei e nazionali”.