Il sorriso della Gioconda di Leonardo, il capolavoro esposto al Louvre, sembra essere più enigmatico del solito in questi giorni. Difficile capire se celi una punta di sarcasmo o di meraviglia alla notizia diffusa da Repubblica e ripresa da agenzie di stampa, giornali, siti web e tv. Monna Lisa ha una sorella o meglio alla Camera dei Deputati a Roma si troverebbe una seconda Gioconda.
L’opera per alcuni sarebbe stata realizzata nella bottega di Leonardo, secondo altri dal pittore leonardesco Bernardino Luini ma presenterebbe alcune inconfondibili pennellate da attribuire al genio nato a Vinci. Le dimensioni del quadro sono inferiori all’originale custodito a Parigi: è alta 70 centimetri per 50 di larghezza.
L’opera, conosciuta come la Gioconda Torlonia, è conservata dal 1927 alla Camera dei Deputati in deposito dalle Gallerie nazionali di arte antica. Non solo l’attribuzione è dubbia ma non c’è certezza sulla data: l’opera è stata realizzata nella prima metà del Cinquecento come emerso da un recente restauro.
Originariamente su tavola, trasportata su tela nel Settecento appartenne alla collezione del cardinale Fesch, zio di Napoleone, e per un periodo venne conservata in Francia. Nel 1814 riappare negli inventari della collezione Torlonia di Roma e approda alla Galleria nazionale d’arte antica nel 1892. Nel 1927, insieme a molti altri celebri dipinti, viene data in custodia a Montecitorio.
Li viene appesa nella stanza del questore di Montecitorio dove Francesco D’Uva (M5S), osservandola, comincia a convincersi che si tratta di un’opera originale e la fa spostare in sala Aldo Moro. Il questore D’Uva è rimasto molto colpito dalle osservazioni di Antonio e Maria Forcellino nel catalogo della mostra romana su “Leonardo a Roma influenza ed eredità“. I curatori si dilungano nel sostenere la qualità dell’opera. D’Uva quindi si convince sempre di più che possa trattarsi di una copia realizzata nella bottega di Leonardo, “forse addirittura con la sua diretta collaborazione” sostiene il questore.
Gli esperti, come già si erano espressi in passato, sono scettici e piuttosto critici. “È un modesto dipinto di arredamento. Non l’ombra, ma l’incubo di Leonardo“, scrive il deputato Vittorio Sgarbi sulla sua pagina Facebook. Il critico conosce la materia da vicino: “Tutto quello che meritava di essere restituito ai musei — spiega — lo è stato nei decenni scorsi attraverso una commissione che io ho guidato“. E aggiunge: “Quello che è rimasto, ad eccezione di un “Ratto d’Europa” di Giandomenico Ferretti, di troppe grandi dimensioni, è stato restituito ai musei – conclude Sgarbi – . La copia di Leonardo, dipinta almeno 70 anni dopo la sua morte, non ha alcun valore artistico e indica soltanto la fortuna dell’opera, come le innumerevoli copie di grandi maestri. Tanto rumore per nulla”.
Rossella Vodret, ex soprintendente di Roma, già nel 2005 aveva schedato il dipinto “di qualità non molto alta“. Anche Alessandro Cosma, nel catalogo della mostra Leonardo a Roma la definisce una copia, una delle tante, anche se riconosce che “riprende in maniera precisa molti dettagli” del capolavoro leonardesco. Insomma la Gioconda può continuare a sorridere nella sala che le hanno dedicato al Louvre senza temere l’esistenza di eventuali rivali.
Anche Firenze ha la sua Monna Lisa: la copia antica del capolavoro leonardesco è custodito nel Museo Stibbert dopo essere stata acquistata dal celebre collezionista nel 1879 come “ritratto di Monna Lisa del Boltraffio, scolare di Leonardo” per una cifra piuttosto considerevole. Esposta nella Sala della Quadreria Antica, in posizione di particolare evidenza, attualmente è oggetto di restauro.